Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Augusto Castellani
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CASTELLANI CAV. AUGUSTO
Consigliere Municipale
Sortì da natura mente svegliata, carattere fermo, cuore aperto al bello ed al buono; quanto è necessario per formare un distinto artista ed un ottimo cittadino. — Giovanetto ancora condotto dai parenti per i musei e per le gallerie, l’occhio avvezzava alle tele stupende, alle statue greche, agli affreschi meravigliosi che fregiano, adornano, arricchiscono i palazzi dei grandi patrizi con gl’incredibili tesori di ogni arte bella antica e moderna.
I forastieri che calano dai paesi tramontani o vengono per mare, balzati d’improvviso in Roma e sorpresi di tante cose che in assai minor numero possono vedere nelle reggie stesse dei loro monarchi, se ne vanno gironzolando per le vie, per le piazze, per le gallerie divorando con l’occhio monumenti, statue, busti, dipinture, quasichè il tutto animato minacci fuggir loro dinnanzi. E quanto più in Roma soggiornano, e tanto più si beano in quelle inestimabili accolte di ogni bellezza di arte e di materia, e sempre trovano un che di ammirabile, di stupendo, e sempre hanno nuove esclamazioni per esprimerne il contento ed il gusto. Ma tutto ciò che i forastieri vengono una volta o qualche più ad ammirare nel corso di loro vita, e molti di quei luoghi ed oggetti antichi che manco s’aprono al pubblico, i Romani li vedono fino da bambini portativi dalle madri, e fatti grandicelli condottivi dai padri e maestri, così che le impressioni rimangono indelebili nell’animo, e nella gioventù e virilità rinfrescano, e nella vecchiaia ricordano e rigustano. — Quà poi la vista del Pantheon, del Colosseo, della colonna Traiana, educa ed inorgoglisce, e pare che quelle moli immense sfidino i secoli per avvezzare quasi il Romano sino da fanciullo a tenere alta la testa, e lo spirito dei sotterrati pare ribolla, rompa la zolla od apra il monumento ed aleggi su tutto, e la brezza stessa che susurra dal Tevere stendendosi all’intorno pare che dica «quì non può vivere che l’uomo artista.»
Augusto Castellani aveva inteso questa voce risuonargli nel fondo dell’anima fin da fanciullo, l’ascoltò e divenne vero artista.
Il museo Gregoriano è la più meravigliosa raccolta di orerie etrusche dissotterrate a Volterra, Populonia, Rosella, Chiusi, Cosa, Sarteano, Ardea, Tuscolo, Porto d’Anzio, sulle rive della Cecina e della Cornia. Ammiravasi ancora in Roma il museo Campana, acquistato dalla Francia per 4,800,000 lire, del quale scrisse il padre Secchi che «mostrate le orerie ai più valenti orefici di Roma, hanno per meraviglia sfidato la loro industria, scoraggiato il loro lungo esercizio, rapita la loro spontanea confessione che il lavoro è inimitabile, e che dinnanzi ad esso cadevano loro di mano gli strumenti dell’arte.»
Raccontasi che Anastasio il Bibliotecario trasse dagli archivi del Vaticano il catalogo degli arredi regalati da Costantino alla basilica di san Giovanni Laterano, stupendi per ricchezza e lavoro, fra quali altamente ammiravansi oggetti speciali di oreficeria, in calici, coppe, candelabri, incensieri, urne.
Ed i papi ebbero cura grandissima che l’oreficeria mentre in sommo onore era tenuta specialmente dalla Veneta Repubblica, non perdesse di merito in Roma, sede di ogni arte bella, ed ordinarono lavori, e vollero che gli artisti godessero rinomanza e ricompensa, così che narrasi Pacifico vescovo di Verona essere stato come orafo valentissimo, e le cronache del tempo lo chiamano «quidquid auro rei argento..... nullus unquam sic peritus in tantis operibus.»
E nell’istoria di quest’arte erasi il Castellani profondamente addottrinato, e le opere più stimate conosceva secondo il loro progredire secolo per secolo, e la vita degli artisti ripassava nella sua mente, e da tutto traeva l’inspirazione al bello, ed il coraggio per rispondere al giudizio del p. Secchi, che ad un cittadino di Roma non potevano i lavori degli antichi far cadere gli strumenti di mano. — Nulla eragli sconosciuto dagli oggetti antichissimi degli etruschi agli ultimi dell’età nostra: non ignorava alcuno dei grandi precettori dell’arte, e ricordava Cennino Cennini, l’Aretini, il Cione, il Pollaiuolo, l’Ugolino di maestro Pieri, il Roscietto, il Verrocchio, il padre del Ghirlandaio che vendeva dei belli fiori di argento e d’oro alle donne di Firenze sul Ponte Vecchio, quindi tutta la grande scuola del Cellini. — Con istudio profondo, con costante pazienza riuscì il Castellani a rendere le oreficerie di Roma sopra le altre celebratissime. Le specialità dei suoi lavori etruschi, de’ quali trovonne la tradizione in sant’Angelo in Vado, tra Urbino e Borgo san Sepolcro, ove le vaghe fanciulle dell’Umbria si adornano di collane e spilloni ed orecchini detti navicelle con il gusto e metodo antico, resero il nome del Castellani siffattamente stimato, da non esservi casa principesca che non possegga qualcuno delle sue mirabili opere.
In questa cerchia si può dire sbozzata la vita di Augusto Castellani come artista. — Cittadino poi la libertà della sua terra desiderando, sbrandellata siccome la vedeva fra tante straniere signorie, abbandonossi fiducioso nei sogni dorati del 1846, quando per la elezione di Pio IX alla sedia pontificia pretendevasi da molti che dal trono papale potesse bandirsi la guerra allo straniero, e le sparse membra d’Italia raccogliersi, e ritornarla corpo unito e risanguarla e rimpolparla e rianimarla perchè sedesse reina in Europa con l’elmo in testa e la lancia in mano. — Siffatti desideri in buona o mala fede che dai più siano stati concepiti, si risolsero nei farneticamenti di che sono piene le pagine del 1848: gli amatori veraci d’Italia non si smarrirono però, nè cercarono la grandezza della patria oziando o guerreggiando sui campi di Bacco e Venere, ma in sul serio la riscossa volendo, la quiete della famiglia e gli agi della società lasciando, imbracciata un’arma diedero guerra allo straniero. — Augusto Castellani si ascrisse fra gli artiglieri, e raccontano i compagni d’armi che i suoi colpi non davano in fallo, tanto era preciso di occhio e franco tiratore. — Le sorti volsero alla peggio per gli assediati entro Roma, e quando la bandiera francese sventolò in segno di conquista sul maschio di sant’Angelo, ritiratosi a tranquillo vivere, tutto dedicossi allo studio ed al culto dell’arte dell’orafo. Da una sua relazione pubblicata per le stampe, apprendesi con quanto impegno siasi dato ad acquistarsi celebre nome nella oreficeria. — Il suo laboratorio era stazione di pellegrinaggio per ogni più distinto visitatore di Roma, i suoi lavori lodati, compri e dapertutto ricerchi. Le case regnanti gli diedero distinte provo di ammirazione e stima, e la medesima casa di Savoja che per tanta fortuna di eventi venne ad acquistare dominio su tutta Italia ed a porre sua principale residenza in Roma, credette bene seguire le nobili costumanze dei grandi principi comperando alcuni lavori del Castellani per farne doni nelle corti straniere, caricandolo poi del tanto comune titolo di cavaliere nell’ordine della così detta Corona d’Italia, quindi nominandolo nello stesso ordine uffiziale, e finalmente dandogli un simile titolo e grado nella sterminata falange cavalleresca dei santi Maurizio e Lazzaro. Se a questa splendidissima prova di munificenza sovrana si arrestasse la reale Casa di Savoja, lo ignoriamo: il cittadino ritornato artista, onora sempre la patria sua. — E perchè tale altamente lo stimavano i Romani, fu chiamato a far parte della Giunta di Governo, e nelle prime elezioni portato in Campidoglio.
Per più volte venne invitato ad entrare nella Giunta municipale, che come uomo intelligentissimo ed operoso, e del bene e decoro di Roma appassionato, ciascuno sapeva quanto vantaggio vi avrebbe recato; ma esso il nobile incarico sempre rifiutò, non perchè difficile, bensì per aver rettamente giudicato che sonza omogeneità di pensamenti sarà arduo il far camminare con ordine la pubblica cosa. — Assiduo alle sedute consigliari vi porta sempre largo corredo di savi giudizî, e mostrasi buon cittadino. — Di cotali, Roma ne ha grande bisogno; poichè se per parecchi riesce facile l’arrampicarsi sulla scala della pubblica opinione, e costruirsi da sè riputazioni per le quali manca alcuna volta perfino la mente da concepirle, per altri riesce poi penoso il desiderare ed il non poter fare, ond’è che le cose vanno spesso a balzelloni, e dove il pensiero non trova l’azione, dove l’azione si accerchia, s’immiserisce e rannicchia come il lombrico nel guscio. — Roma ha bisogno di chi le tenga con cura la corona sul capo, come reina eterna delle arti belle, che troppi sono coloro i quali per pazzo o stolto spirito d’innovazione rovinano e distruggono quanto può interessare la tradizione, la storia, la scienza, l’arto; come per altro canto abbisogna di uomini serî e positivi i quali le necessità conoscendo e studiando di provvedere, non facciano troppo spiritualismo dell’arte. — L’antico impone, ma il presente soddisfa: il Colosseo stupisce, ma le comodità del vivere felicitano: ecco perchè uomini si richiedono che il bello amino ma che la prosperità promuovano: artisti per mente, cittadini per cuore.
Il cav. Augusto Castellani ha dinnanzi a sè in Campidoglio questo còmpito gravissimo: difendere e proteggere l’arte perchè non imbarberisca, o per un culto male inteso in chi l’arte mette fra le morse fiscali siccome cosa di demanio o roba che stretta in torchio goccia denaro, o per una mania oltre ogni dire esagerata che fa riporre ogni cura nelle pietre e lascia perire di fame le umane creature. — Ma l’arte in siffatto modo difendendo, non può nè deve impedirgli lo studiare eziandio i mezzi più equi e meglio adatti affinchè ed artisti e cittadini tutti riescano a gustare dei reali vantaggi, e non sciaguratamente fittizî siccome quelli insino ad oggi vagheggiati.
Nella edilizia il genio, nella finanza il diritto alla vita, nella istruzione la morale, nella beneficenza la dignità del povero, tali sono i massimi consigli che un romano dell’arte e della patria benemerito può propugnare, sostenere e far trionfare in Campidoglio.
Il nome di Augusto Castellani di ciò è arra sicura.