Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Antonio Giuliani

Antonio Giuliani

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Felice Giammarioli Enrico Martorelli

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GIULIANI CAV. ANTONIO


Consigliere Provinciale





LL
o scopo solenne di queste biografiche pubblicazioni è quello di

presentare il cittadino nell’aspetto delle virtù, ond’è adornato, piuttostochè sottoporlo a censure, usando lo stile della critica giornalistica, chè l’utile da raccogliersi debbo esser quello di ispirare l’animo della crescente generazione al bene operare, e di porgere perciò la lode, ed esaltare e magnificare più specialmente quegli uomini, che acquistarono diritto alla pubblica e privata benemerenza, e sopratutto coloro, che nella teocratica oppressione, dinanzi ad un assolutismo tirannico, seppero tenere alta la bandiera della patria, la dignità d’uomo libero e onesto, il dovere di cittadino, e che rispondendo al palpito dei fratelli delle altre terre d’Italia concorsero al grande lavoro della unità, libertà e indipendenza del proprio paese con l’ingegno e con l’opera, con il sacrifizio e con la parola. E tra questi a noi piace oggi segnalare con libera penna quell’egregio Consigliere provinciale, che è il Cav. Antonio Giuliani, quel cittadino, che in mezzo alle teocratiche oppressioni si propose il còmpito di recare anch’esso al sublime edificio nazionale la sua scheggia di sasso.

Nell’anno 1808, da parenti onestissimi, sortiva egli i natali in Lugnano, piccola borgata costrutta sul luogo del secondo Labico, che perciò è detta Labicano. — Insino dalla più tenera età avendo rivelato svegliatezza d’ingegno, ed animo bello di nobili sensi, ebbe il proprio geuitore sollecita cura di educarlo in ogni più eletta disciplina e d’istruirlo nei buoni studi in Roma. — Di fatti egli ben corrispose all’amore paterno, chè negli anni crescendo si fece tutta manifesta la di lui mente robusta e la pronta intelligenza, cui s’aggiungeva ardenza e gentilezza di cuore. — Nè valsero le mene dell’oscurantismo [p. 304 modifica]a soffocare in lui il germe di liberi sensi, a distruggere la scintilla dell’ingegno, ad annientare l’animo d’italiano. — Egli si formò giovane saggio, patriota fervidissimo, e cittadino nelle economiche e amministrative materie istrutto. — Per le sue belle virtù quindi entrò anche nella stima e nell’affetto del reduce capitano della grande armata Filippo Attiani di Valmontone, cittadino di alta reputazione, il quale tanto si strinse a lui in amicizia e lo ebbe caro, che con la più dolce soddisfazione dell’animo consentì che si sposasse all’unica sua figliuola Vittoria Attiani, giovane, che alla fisica bellezza univa tutte le morali virtù, tutte le doti di ornatissima donna. — Ma Antonio Giuliani all’immenso amore di sposo intrecciava anche l’amore della patria, chè pur dalle storie apprendeva i dolori d’Italia, serva di mille tiranni, e mal conteneva nel petto l’ira magnanima e i sentimenti ardentissimi, il perchè fra i coetanei delle circonvicine città sceltasi l’amicizia dei migliori, si era inteso con essi ed aveva anco da loro ricevuto confidenze di politici intendimenti, e al fuoco patrio che tutte gl’infiammava le vene s’aggiungeva la fiamma d’amore italiano, che pur derivavagli da quell’uomo egregio, che fu il capitano Attiani. —

Se non che venne in breve preso d’occhio dalla polizia pontificia, che dappertutto sguinzagliava i suoi sgherani per perseguitare coloro, cui faceva delitto l’amoro di patria, e la libertà del pensiero. Antonio Giuliani era quindi notato nel libro nero, che si chiamava dei pregiudicati per opinioni politiche, e incominciarono contro lui le vessazioni, le inquietudini, le amarezze, i travagli. — Noi non esporremo qui la condizione dolorosa, in che era il sorvegliato politico sotto il pontificato di Gregorio XVI; noi non diremo come si desse interpetrazione di fellonia ad ogni atto di onesto cittadino, che fosse in sospetto di tener fede e amore al proprio paese; noi non riferiremo come si desse effetto a personali e domiciliari perquisizioni e si traesse pretesto ad imprigionamento da una lettera, da una poesia patriottica, da un emblema politico, da una stampa clandestina, non descriveremo i misteriosi processi e le condanne pronunciate sul capo di tanti cittadini, quali alla reclusione nel carcere di Pagliano o di S. Leo, quali ai ferri in vita; diremo sì bone come sul capo anche di Antonio Giuliani, il quale era pur divenuto padre di numerosa figliuolanza, rumoreggiasse vicina qualche sventura politica, la quale fu scongiurata per la morte del papa Gregorio, che lasciava le terre, soggette alla teocratica signoria, bagnate di lagrime e di sangue, e scendeva nell’eterno tramonto del sepolcro ravvolto nelle nere pagine della storia.

Sorgeva raggiante di luce il papa Pio IX, che esordiva il suo regno con l’amnistia ai politici, e con la manifestazione di sentimenti liberali, che più [p. 305 modifica]tardi però rinnegava. Antonio Giuliani di subito nominato capitano della Guardia civica, ed onorato di molti incarichi, gettossi con esultante animo in mezzo a quelle fiduciose dimostrazioni d’Italia e di Roma, suscitate dal credersi che Pio IX era veramente il messia d’Italia. — Ma l’enciclica del 29 aprile piombava quale rimprovero sul cuore dei neo-guelfi, ed è registrata nei volumi della storia di quei giorni come il malauguroso preludio dei susseguiti nazionali disastri. —

Scomparse le illusioni e succeduti i disinganni, Antonio Giuliani fu dei primi a riaversi dallo abbattimento e indirizzare l’animo a più concludenti propositi. Si strinse egli quindi in intimi rapporti con molti dei ragguardevoli personaggi, che figurarono nella gloriosa guerra di Roma, e senza dilungarci in enumerare largamente gli egregi fatti, diremo come il Giuliani uomo dedito alle negoziazioni e speculazioni di campagna, rifuggiva, in quella condizione di tempi, non solo da ogni guadagno, ma, attraversati con molto pericolo gl’impedimenti dello assedio, introdusse una quantità di pingui buoi della propria masseria in Roma, e ne fè dono a quei prodi, che la bandiera della Repubblica e l’onor nazionale difendevano dall’oltraggio straniero.

Ed in quei medesimi giorni in Lugnano porgeva ospitale accoglienza ad officiali e militi volontari, il perchè meritò che il Generale Garibaldi l’onorasse di grata amicizia e si mostrasse riconoscente per aver fornito gratuitamente di cavalcatura anco un ufficiale, che il proprio cavallo preso d’idrofobia avea dovuto uccidere.

Fra i valorosi, che alle battaglie di Yelletri restarono feriti, vive ancora taluno, e tra gli altri notiamo tal Pirola orologiaio di Milano, che per lungo tempo ospitato dal Giuliani trovò nella di lui casa le cure e l’assistenza della famiglia, e riacquistò la primiera salute.

Cadde la Romana Repubblica, ed ai compromessi politici rimanevano le persecuzioni delle cosidette Commissioni di Censura.

In un mattino pertanto d’ottobre dell’anno 1852 la casa del Giuliani era circondata da gendarmi pontifici, che lo traevano quindi prigione.

Non v’ha parola che possa descrivere la desolazione, il dolore, l’affanno della infortunata sua sposa, che pur trovavasi incinta; non v’è immagine che possa esprimere il pianto de’ suoi cari figliuoli; la costernazione de’ suoi parenti: non v’è idea che possa ridire il dolore, che premeva il petto del Giuliani. Per fermo nessuna storia è più lugubre, e più macchiata di scellerate memorie, quanto quella del governo del prete. — Certo che la giustizia di Dio dovria pesare sulla teocratica setta come un marchio di maledizione, come un rimorso di Caino!

[p. 306 modifica]Antonio Giuliani sopra di una indecente vettura fu trasportato alle carceri di Roma, ove si trovò racchiuso insieme a vari spettabilissimi cittadini.

Si fece quindi il processo nelle tenebre della inquisizione, e finalmente si pronunziò sentenza, con cui il Giuliani era condannato a dieci anni di carcere da scontarsi nella fortezza di Ancona. —

Quel processo fu intitolato «Cospirazione Veliterna» e tra gli accusati, che vi eran ravvolti noi noteremo a cagione d’onore il Dott. Desantis e il sacerdote D. Camillo Meda defunti, Luigi Galletti, Antonio Novelli, Filippo Fortuna, Antonio Blasi, Giuseppe Sciotti, Cesare Spontoni, Dott. Luigi Corsi, il Sacerdote D. Francesco Raimondi, Mario Mazzoni, Carnevali ed altri, ai quali tutti, dopo alcun tempo, per avvenuta revisione di processo toccò la buona ventura di una minorazione di pena. —

Antonio Giuliani nel ritorno al domestico tetto era atteso da novelle sventure, da nuovi e più crudeli dolori. —

La famiglia erasi separata dagli altri parenti, perocchè la persecuzione del papale dominio in tanta nequitosa finezza, in tanta esecrata voluttà consisteva, che si piaceva tormentare anche tutti coloro, che si trovavano nella casa del detenuto politico. — La sposa del Giuliani, avvegnachè fosse di forte tempra, d’animo coraggioso, e possedesse un’eletta intelligenza, nondimeno priva la casa di colui, che ne doveva condurre e regolare gl’interessi, mal poteva sostenere il grave peso, e in breve succedeva il dissestamento e la depauperazione del patrimonio, e quel che più affievolivasi la salute della infelice donna e dei cari figliuoli. —

Il passionato riabbracciarsi del marito alla sposa, del padre ai figli, dopo l’amarezza di una lontananza fatale, il commovimento di queste anime affettuose, non è la parola che può ridire, non è la penna che può descrivere, ognuno può immaginarlo, ogni anima, che l’ha provato, comprendere! —

Antonio Giuliani pronto, energico, attivo, operoso, s’adopera con le forze anche della sua intelligenza, del suo sapere economico ed amministrativo a ristorare la domestica fortuna, e volere è potere. — Sì, con la sua forte volontà egli può — e il suo patrimonio s’accresce e la sua condizione risorge nell’agiatezza. — Però la diletta consorte, quella donna, esempio di cittadine e morali virtù, quella madre affettuosissima, quell’angiolo della famiglia era per abbandonare la terra. — I segreti dolori avevano portato lo schianto del suo cuore, nè aveva potuto fare impeto il fiore della giovinezza. — Essa moriva, e alle lagrime dello sposo, dei figli, dei parenti rispondeva universale il compianto, e nel pensiero e nel desiderio di tutti è rimasta come una santa e gentile memoria, come una immagine di cielo. —

[p. 307 modifica]Da quel giorno nel cuore di Antonio Giuliani s’aprì una crudele ferita, che non potrà essere rimarginata più mai. Egli sopravvisse all’amore dei figli, all’amore della patria.

Di fatti noi lo vediamo nel 1867, quando scoppiar doveva l’insurrezione per rivendicare a libertà le romane provincie, prender parte attivissima nella provincia di Yelletri insieme ai propri figliuoli, che educò agli stessi principi, e costituire di subito ovunque un governo provvisorio, e proclamare con regolare plebiscito l’annessione all’Italia una e indipendente sotto lo scèttro costituzionale del Re Vittorio Emanuele con Roma capitale. —

Ma il libero destino della Romana Provincia non era anco fissato, ed il Giuliani lo vediamo pur questa volta, ma insieme ai suoi figli, perseguitato e fuggiasco e costretto a lasciare in abbandono anche i suoi materiali interessi. —

Una legge del pontificio Ministro De-Witten ordinava tosto la confisca dei beni degli emigrati politici, ed il governatore di Valmontone si accingeva a prendere l’assegna del bestiame nella tenuta del Giuliani, detta Marcelliana, e con beffarda gioia scherniva gli operai del Giuliani stesso, che lavoravano ad una sua fabbrica, quando un rozzo massaro gl’indirizzò queste parole: «Eppure il sig. Antonio prima dipartire se n’è venuto qui a precisare il posto, dove egli pianterà tra breve la bandiera a tre colori!» al che il Governatore voltosi ai suoi compagni degnissimi, sciamava: «Pare incredibile! questo framassone ha guasti persino i suoi villani.» —

Ma quella legge di confisca rimaneva senza effetto, perocché la diplomazia straniera impedì si eseguisse. —

Il giorno aspettato dai secoli finalmente venne. — Sulla modesta casa di campagna del Giuliani si vedea sventolare il tricolore vessillo la mattina del 20 settembre 1870. — Roma era fatta capitale d’Italia, tutta la romana provincia liberata dal teocratico e tenebroso dominio. — Quel giorno notò il più glorioso, il più solenne, il più grande avvenimento sulle pagine della storia. —

Antonio Giuliani apparve quindi nella sua figura di patriotta, che aveva tanto sofferto, di cittadino onesto e avuto in estimazione universale. — Ei si studiò ed ottenne che la sua campagna fosse campo militare, e nel 1872 vi accolse con gioia immensa il 62.° Reggimento Fanteria, senza che perciò percepisse alcun compenso dal governo, che anzi egli rinunciò a qualunque indennità per i danni causati dalla truppa.

E a tanta cortesia, e a tanta gentilezza ben corrispose l’affetto di tutti i militi, alcuni dei quali vollero porgergli un attestato di stima e di riconoscenza, anche con la pubblica stampa, inserendo articoli in più giornali, e [p. 308 modifica]specialmente nel Fanfulla, in cui furono espressi i più fervidi sentimenti di ringraziamento. —

Il governo del Re decorò quel petto degnissimo della croce di Cavaliere, perocchè tutta la sua vita non è altro che azione di patriota, virtù di cittadino, opere d’uomo onesto, e ben debbonsi siffatti uomini remunerare anche con ispeciali onorificenze. —

Egli è Sindaco di Lugnano, e in tale onorevolissima carica con soddisfazione di tutti è stato già per la terza volta confermato, ed ultimamente con Regio Decreto dell’11 Settembre 1874.

Alle prime elezioni fu mandato a sedere nel Consiglio della Romana Provincia qual Consigliere del Mandamento di Valmontone, e venne confermato nel distinto seggio con proclamazione del 24 Settembre 1874 pel secondo quinquennio, chè è desso uno dei più distinti consiglieri.

Antonio Giuliani è una di quelle splendide individualità, che onorano se stesse, la famiglia, la patria, e che stanno a luce bellissima dinanzi la generazione crescente. — In lui rifulgo l’uomo di forti e liberi sensi, il cittadino virtuoso, il gentiluomo dai modi cortesi, dalla fisonomia schiettissima e franca, l’abile amministratore e nelle materie economiche eccellente, il padre, che educò i figli alle più elette discipline e all’amore del proprio paese, e intese a farli utili cittadini. —

Noi quindi adempiamo al còmpito dello scrittore consegnando il nome di Antonio Giuliani alla perpetuità del ricordo, alla pubblica e privata benemerenza, all’onore dell’esempio. —







Roma · Gennaro 1875