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giuliani cav. antonio |
Da quel giorno nel cuore di Antonio Giuliani s’aprì una crudele ferita, che non potrà essere rimarginata più mai. Egli sopravvisse all’amore dei figli, all’amore della patria.
Di fatti noi lo vediamo nel 1867, quando scoppiar doveva l’insurrezione per rivendicare a libertà le romane provincie, prender parte attivissima nella provincia di Yelletri insieme ai propri figliuoli, che educò agli stessi principi, e costituire di subito ovunque un governo provvisorio, e proclamare con regolare plebiscito l’annessione all’Italia una e indipendente sotto lo scèttro costituzionale del Re Vittorio Emanuele con Roma capitale. —
Ma il libero destino della Romana Provincia non era anco fissato, ed il Giuliani lo vediamo pur questa volta, ma insieme ai suoi figli, perseguitato e fuggiasco e costretto a lasciare in abbandono anche i suoi materiali interessi. —
Una legge del pontificio Ministro De-Witten ordinava tosto la confisca dei beni degli emigrati politici, ed il governatore di Valmontone si accingeva a prendere l’assegna del bestiame nella tenuta del Giuliani, detta Marcelliana, e con beffarda gioia scherniva gli operai del Giuliani stesso, che lavoravano ad una sua fabbrica, quando un rozzo massaro gl’indirizzò queste parole: «Eppure il sig. Antonio prima dipartire se n’è venuto qui a precisare il posto, dove egli pianterà tra breve la bandiera a tre colori!» al che il Governatore voltosi ai suoi compagni degnissimi, sciamava: «Pare incredibile! questo framassone ha guasti persino i suoi villani.» —
Ma quella legge di confisca rimaneva senza effetto, perocché la diplomazia straniera impedì si eseguisse. —
Il giorno aspettato dai secoli finalmente venne. — Sulla modesta casa di campagna del Giuliani si vedea sventolare il tricolore vessillo la mattina del 20 settembre 1870. — Roma era fatta capitale d’Italia, tutta la romana provincia liberata dal teocratico e tenebroso dominio. — Quel giorno notò il più glorioso, il più solenne, il più grande avvenimento sulle pagine della storia. —
Antonio Giuliani apparve quindi nella sua figura di patriotta, che aveva tanto sofferto, di cittadino onesto e avuto in estimazione universale. — Ei si studiò ed ottenne che la sua campagna fosse campo militare, e nel 1872 vi accolse con gioia immensa il 62.° Reggimento Fanteria, senza che perciò percepisse alcun compenso dal governo, che anzi egli rinunciò a qualunque indennità per i danni causati dalla truppa.
E a tanta cortesia, e a tanta gentilezza ben corrispose l’affetto di tutti i militi, alcuni dei quali vollero porgergli un attestato di stima e di riconoscenza, anche con la pubblica stampa, inserendo articoli in più giornali, e spe-