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giuliani cav. antonio

tardi però rinnegava. Antonio Giuliani di subito nominato capitano della Guardia civica, ed onorato di molti incarichi, gettossi con esultante animo in mezzo a quelle fiduciose dimostrazioni d’Italia e di Roma, suscitate dal credersi che Pio IX era veramente il messia d’Italia. — Ma l’enciclica del 29 aprile piombava quale rimprovero sul cuore dei neo-guelfi, ed è registrata nei volumi della storia di quei giorni come il malauguroso preludio dei susseguiti nazionali disastri. —

Scomparse le illusioni e succeduti i disinganni, Antonio Giuliani fu dei primi a riaversi dallo abbattimento e indirizzare l’animo a più concludenti propositi. Si strinse egli quindi in intimi rapporti con molti dei ragguardevoli personaggi, che figurarono nella gloriosa guerra di Roma, e senza dilungarci in enumerare largamente gli egregi fatti, diremo come il Giuliani uomo dedito alle negoziazioni e speculazioni di campagna, rifuggiva, in quella condizione di tempi, non solo da ogni guadagno, ma, attraversati con molto pericolo gl’impedimenti dello assedio, introdusse una quantità di pingui buoi della propria masseria in Roma, e ne fè dono a quei prodi, che la bandiera della Repubblica e l’onor nazionale difendevano dall’oltraggio straniero.

Ed in quei medesimi giorni in Lugnano porgeva ospitale accoglienza ad officiali e militi volontari, il perchè meritò che il Generale Garibaldi l’onorasse di grata amicizia e si mostrasse riconoscente per aver fornito gratuitamente di cavalcatura anco un ufficiale, che il proprio cavallo preso d’idrofobia avea dovuto uccidere.

Fra i valorosi, che alle battaglie di Yelletri restarono feriti, vive ancora taluno, e tra gli altri notiamo tal Pirola orologiaio di Milano, che per lungo tempo ospitato dal Giuliani trovò nella di lui casa le cure e l’assistenza della famiglia, e riacquistò la primiera salute.

Cadde la Romana Repubblica, ed ai compromessi politici rimanevano le persecuzioni delle cosidette Commissioni di Censura.

In un mattino pertanto d’ottobre dell’anno 1852 la casa del Giuliani era circondata da gendarmi pontifici, che lo traevano quindi prigione.

Non v’ha parola che possa descrivere la desolazione, il dolore, l’affanno della infortunata sua sposa, che pur trovavasi incinta; non v’è immagine che possa esprimere il pianto de’ suoi cari figliuoli; la costernazione de’ suoi parenti: non v’è idea che possa ridire il dolore, che premeva il petto del Giuliani. Per fermo nessuna storia è più lugubre, e più macchiata di scellerate memorie, quanto quella del governo del prete. — Certo che la giustizia di Dio dovria pesare sulla teocratica setta come un marchio di maledizione, come un rimorso di Caino!