Ben Hur/Libro Quinto/Capitolo VIII

Capitolo VIII

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CAPITOLO VIII.


Simonide alzò il capo.

— «Ester, egli disse dolcemente, la notte è inoltrata; portaci da bere, affinchè ciò che ancora dobbiamo dire non ci affatichi.» —

Essa suonò il campanello. Un domestico entrò con vino e pane.

— «Qualche cosa rimane ancora da chiarirsi, mio buon padrone» — disse Simonide. — «D’ora innanzi le nostre vite dovranno correre insieme come due fiumi che hanno unite le loro acque e scorrono verso la medesima foce. E’ meglio che ogni nube sia dissipata. Quando tu partisti l’altro giorno dalla mia porta tu credesti che io ti avessi negato quei tuoi diritti che ora conosco in tutta la loro ampiezza. Ma non fu così, no, non fu così. Ester può attestare che io ti riconobbi, e che non ti perdei di vista lo può dire Malluch, il quale...» —

— «Malluch!» — esclamò Ben Hur.

— «Chi è inchiodato come me alla sua poltrona, deve servirsi di molte mani se vuol muovere il mondo dal quale lo divide una così crudele barriera.

Io ho molte di queste mani, e Malluch è una delle migliori. E qualche volta,» e rivolse uno sguardo riconoscente allo sceicco — «qualche volta mi rivolgo ad altri cuori generosi, come Ilderim, buono e coraggioso. Che egli ti dica se ti avevo ripudiato o dimenticato.» —

Ben Hur guardò l’Arabo.

— «Questi è colui che ti parlò di me, buon Ilderim.» —

Ilderim accennò di sì col capo, e i suoi occhietti scintillarono.

— «Come si può conoscere senza una prova, o mio padrone» — continuò Simonide, «ciò che sia un uomo? Io ti ravvisai, per la somiglianza con tuo padre; ma non conosceva la tua indole e i tuoi costumi. V’è della gente per la quale le ricchezze sono una maledizione. Eri tu uno di questi esseri?

Io mandai Malluch per accertarmene, e vidi coi suoi occhi, e ascoltai con le sue orecchie. Non biasimarlo. Ciò che egli mi riferì era tutto in tuo favore.» —

[p. 303 modifica]— «Io non lo biasimo» — disse Ben Hur, cordialmente. — «Io approvo la tua saggezza.» —

— «Le tue parole mi sono gradite» — continuò il negoziante, — «gradite assai. La mia paura di un malinteso è cessata. Ed ora i fiumi scorrano per la loro via nella direzione che Dio indicherà!» —

Dopo una pausa egli riprese.

— «Come il tessitore seduto al telaio vede scorrere veloci le spole, e la tela crescere sotto i suoi occhi e coprirsi di figure ed arabeschi, mentre egli sogna fulgidi sogni nel frattempo; così, nelle mie mani, si accumulava il denaro, ed io mi meravigliavo di questa prosperità e spesso me ne chiedevo il perchè. Io vedeva una mano che non era la mia guidare ogni impresa. Il Simun, che seppelliva le carovane degli altri nel deserto, risparmiava le mie; le tempeste che riempivano i mari di naufragi e gettavano i rottami sulle spiaggie, acceleravano il corso delle mie navi. Più strano di tutto, io, così dipendente dagli altri, immobile nella mia sedia come una cosa morta, non ho mai patito una perdita da parte di un agente — mai. Gli elementi sono aggiogati al mio servizio, e tutti i miei servitori mi sono stati fedeli.» —

— «E’ strano veramente» — disse Ben Hur.

— «Così io mi diceva. Finalmente, o padrone, venni alla tua conclusione: Iddio c’entrava — e come te mi chiesi: — «Quale sarà il suo scopo?» — La mente di Dio non si muove se non con un intento. E per tutti questi anni mi sono ripetuto questa domanda, aspettando una risposta, che sapevo Dio avrebbe fatta a suo tempo. E io credo che il momento sia venuto.» —

Ben Hur ascoltò con attenzione crescente.

— «Molti anni or sono, io sedeva con tua madre, o Ester, sulla strada ad oriente di Gerusalemme, presso le tombe dei Re, quando tre uomini mi passarono davanti sopra grandi cammelli bianchi, non mai veduti nella Città Santa. Questi uomini erano stranieri, e venivano da lontano. Il primo di essi si fermò e chiese: — «Dov’è colui che è nato Re degli Ebrei?» —

E come per calmare la mia curiosità continuò: — «Noi abbiamo veduto la sua stella in Oriente, e siamo venuti per adorarlo.» — Io non sapeva che cosa rispondere, ma tenni loro dietro fino alla porta di Gerusalemme, dove ripeterono la loro domanda alla guardia. Tutti quelli che la intesero, rimasero stupiti e credettero che si trattasse dell’atteso Messia.

[p. 304 modifica]Col tempo dimenticai queste circostanze, che ora mi sono state nuovamente richiamate alla mente. Hai veduto Balthasar?

— «Si, ed ho udito il suo racconto» — disse Ben Hur.

— «Un miracolo! Un vero miracolo!» — esclamò Simonide. — «Quando egli me lo narrò, mi parve di ascoltare la risposta che da tanti anni attendevo. Il pensiero di Dio mi balenò chiaro davanti agli occhi. Il Re che verrà sarà povero, povero e senza amici; senza seguito, senza esercito, senza flotte, senza città e piazze forti; c’era un regno da formare e una Roma da essere abbattuta. Vedi, o padrone, vedi! Tu pieno di forza, tu addestrato nelle armi, tu ricco; quale opportunità ti offre il Signore! Non abbraccerai l’occasione e non farai tuo questo compito? Quale gloria più perfetta potrebbe desiderare un uomo?» —

Simonide aveva pronunciato questo appallo con tutta l’anima sua.

— «Ma il regno, il regno!» — Ben Hur rispose. — «Balthasar dice che sarà delle anime soltanto.» —

L’orgoglio ebraico era forte in Simonide e con un leggiero tono di disprezzo egli replicò:

— «Balthasar è stato testimonio di cose meravigliose, o padrone; di miracoli; e, quando egli ne parla, la mia fede si china dinanzi a lui, perchè egli le ha vedute ed udite. Ma d’altra parte egli è un figlio di Mizraim, pur non essendone un proselite. Non è dunque credibile ch’egli possegga cognizioni tali da costringerci a credere ciecamente tutto ciò che riguarda le intenzioni di Dio con Israele. I profeti ricevevano la loro luce direttamente dal cielo, come la ebbe lui. Essi sono molti, egli è solo. Io devo credere ai profeti: Ester, portami la Torah.» —

Poi continuò senza attenderla:

— «Si può rigettare la testimonianza di tutto un popolo, o padrone? Da Tiro al Nord, fino alla capitale di Edom all’estremo Sud, non troverai un pastore o un mendicante che non ti dica che il regno del Re che verrà, sarà come quello di Davide e di Salomone. Donde trassero la loro fede, è ciò che vedremo.» —

In quella rientrò Ester, recando una quantità di rotoli entro astucci ornati di arabeschi e con strane lettere d’oro.

Egli li prese e li ordinò sopra il tavolo. Spiegando ora l’uno ora l’altro dei vecchi papiri, egli confortò le sue argomentazioni con copiose citazioni, che noi, per brevità, risparmieremo al lettore. Dal Libro di Enoch, ai salmi di [p. 305 modifica]Davide, dalle profezie di Ezra, di Geremia e di Daniele, chiare come squilli di tromba uscivano le parole annunziatrici del Regno del Re che doveva venire, la sua gloria, i suoi trionfi.

Ben Hur piegò la fronte sopraffatto, convinto, ed esclamò:

— «Io credo, io credo!» —

— «E allora?» — chiese Simonide. — «Se il Re sarà povero, non lo aiuterà il mio padrone con la ricchezza che possiede in abbondanza?» —

— «Aiutarlo? Fino all’ultimo siclo e all’ultimo respiro! Ma perchè credi che verrà povero?» —

— «Ascolta la parola del Signore, quale Zaccaria l’intese. Ecco come il Re entrerà in Gerusalemme.» — E lesse: — «Rallegrati, o figliuolo di Sion. Vedi il tuo Re che viene con la giustizia e con la salvezza; umilmente a cavallo di un asino.» —

Ben Hur torse il capo e guardò altrove.

— «Che cosa vedi, o padrone!» —

— «Roma!» — rispose mestamente. — «Roma e le sue legioni. Io ho vissuto con esse nei loro accampamenti, e le conosco.» —

— «Ah!» — disse Simonide. — «Tu guiderai le legioni del Re, sarai alla testa di milioni di uomini.» —

— «Milioni di uomini!» — esclamò Ben Hur.

Simonide stette alquanto sopra pensiero.

— «La questione del numero non ti inquieti» — disse Simonide.

Ben Hur lo guardò.

— «Tu vedi da una parte il Re umile e dimesso, e dall’altra parte le serrate legioni di Roma, e ti domandi: Che cosa può egli fare?» —

— «Questo era il mio pensiero.» —

— «O mio padrone!» — continuò Simonide — «Tu non conosci la forza d’Israele. Tu te lo figuri come un vecchio cadente che piange amare lacrime presso i fiumi di Babilonia. Ma va a Gerusalemme il giorno di Pasqua, e fermati sullo Xisto o nella Via dei Barattieri, e conta la gente che passa. La promessa che il Signore fece a nostro padre Giacobbe si è avverata davvero; noi ci siamo moltiplicati infinitamente, ad onta della schiavitù in Egitto, della cattività Babilonese, della dominazione Romana. Ma non solo ai limiti della razza devi badare, ma pensa allo sviluppo della nostra fede che abbraccia tanti popoli nell’Asia, conta gli eserciti dei fedeli che aspettano il vecchio [p. 306 modifica]grido d’allarme: Alle tue tende, Israele! A centinaia e migliaia sono sparsi nella Persia, nell’Egitto, nell’Africa, nei mercati d’occidente, nella Spagna ed a Londra, nella Grecia e nelle isole, sul Ponto e qui in Antiochia, e nella stessa maledetta città dei sette colli. E’ un corteo di nazioni, è una selva di spade che attende l’avvento del Re.» —

Le parole furono profferite con fervore ed ispirazione. Sopra Ilderim fecero l’effetto d’uno squillo di tromba. — «Oh se mi ritornasse la mia gioventù!» — egli gridò balzando in piedi.

Ben Hur non si mosse. Egli comprendeva che questo discorso mirava ad invitarlo a sacrificare tutta la sua vita e la sua fortuna al servizio dell’Essere misterioso nel quale si concentravano le speranze di Simonide come quelle dell’Egiziano. L’idea, come abbiamo veduto, non era nuova, ma gli era venuta ripetutamente, dopo le parole di Malluch, dopo la cena con Balthasar; ma aveva urtato contro ostacoli, e non si era ancora mutata in una risoluzione certa. Ora non più. Una mano maestra era venuta a raccogliere la vasta trama, ad ordinarne le fila. Quelle parole alate ebbero sopra di lui l’effetto come se una porta invisibile si fosse improvvisamente spalancata, inondandolo di un fascio di luce, schiudendogli tutto un nuovo splendente avvenire, in cui il sogno della sua vita, quel sogno careggiato fra le catene e sul remo, e nelle palestre di Roma, trovava il suo posto e prometteva di avverarsi. Un ultimo dubbio rimaneva.

— «Ammettiamo tutto quanto tu dici, o Simonide, che cioè il Re verrà e il suo regno sarà come quello di Salomone. Supponiamo anche che io sia pronto a mettere me stesso e le mie ricchezze al suo servizio; di più, che le vicende della mia vita, e la vasta fortuna da te accumulata siano state davvero ordinate da Dio a quello scopo; dovremo noi forse lavorare alla cieca? Dobbiamo aspettare l’arrivo del Re? Ch’egli mi chiami? Tu hai l’esperienza dell’età. Rispondi.» —

Simonide rispose senza esitare.

— «Non abbiamo altra scelta, nessuna. Questa lettera» — così parlando estrasse il messaggio di Messala — «è il segnale della lotta. Noi non siamo abbastanza forti per resistere l’alleanza di Messala con Grato; ci mancano l’influenza a Roma e la forza qui. Essi ti uccideranno se aspetti. Vedi nella mia persona qual’è la loro misericordia.» —

[p. 307 modifica]Un fremito lo scosse al ricordo dei tormenti.

— «O buon padrone» — egli continuò — «L’animo tuo è forte?» —

Ben Hur non lo comprese.

— «Io mi ricordo come bella mi sembrava la vita alla tua età» — proseguì Simonide.

— «Nondimeno» — disse Ben Hur — «fosti capace di un grande sacrificio.» —

— «Sì, per amore.» —

— «Non ha la vita altri motivi forti del pari.» —

Simonide scosse la testa.

— «C’è l’ambizione.» —

— «L’ambizione è vietata ai figli d’Israele.» —

— «La vendetta!» —

Era una scintilla cadente in un mare infiammabile. Gli occhi del vecchio brillarono, le sue dita si strinsero, ed egli rispose con veemenza:

— «La vendetta è un diritto dell’Ebreo. Così dice la legge.» —

— «Un cammello, fino un cane, ricorda l’offesa!» — gridò Ilderim.

Simonide ripigliò il filo del suo discorso.

— «Vi è un lavoro da compiersi prima dell’avvento del Re, un lavoro di preparazione. La mano d’Israele sorgerà in sua difesa, non v’ha dubbio, ma, ahimè, è una mano che la pace ha rattrappita, che la guerra deve snodare. Fra i milioni non vi è disciplina, non vi sono capitani. Io non parlo dei mercenari di Erode, che parteggerebbero pei nostri nemici. Questa pace è cara al Romano, ed è frutto della sua politica; ma un cambiamento è vicino, in cui il pastore butterà via il suo bordone e brandirà la spada e la lancia, e gli armenti pascolanti diverranno branchi di leoni. Qualcheduno, o mio figlio, dovrà occupare il posto alla destra del Re. E a chi spetterà questo onore se non a colui che avrà compiuto questo lavoro?» —

Il volto di Ben Hur si accese.

— «Io vedo. Ma parla chiaramente. Altro è dire: una cosa deve farsi; altro è dire come deve farsi.» —

Simonide bevve un sorso del vino che Ester gli aveva offerto, poi proseguì:

— «Lo sceicco e tu, mio padrone, avrete ciascuno una parte. Io rimarrò qui, continuando il mio mestiere affinchè non si esauriscano i fondi, e starò in vedetta. Tu andrai a Gerusalemme, e di là nei monti, e comincerai a contare gli [p. 308 modifica]uomini d’arme d’Israele, dividendoli in deche e in centene, scegliendo capitani ed esercitandoli nelle armi, che io ti manderò e che saranno nascoste in luoghi segreti. Partendo dalla Perea, andrai fra i Galilei, e quindi a Gerusalemme. Nella Perea avrai alle tue spalle il deserto con Ilderim e i suoi cavalieri. Egli proteggerà le retrovie e ti sarà utile in molte guise. Nessuno saprà nulla di nulla finchè il disegno non è maturo. Ho già parlato ad Ilderim. Che te ne pare?» —

Ben Hur guardò lo sceicco.

— «Le cose stanno com’egli dice, figlio di Hur,» — rispose l’Arabo. — «Io gli ho dato la mia parola, ed egli si è dichiarato soddisfatto; ma tu avrai il mio giuramento e quello di tutte le lancie della mia tribù.» —

Tutti e tre — Simonide, — Ilderin — Ester — fissarono Ben Hur.

— «Ogni uomo» — egli rispose lentamente — «in un momento o l’altro della sua vita, appressa, alle sue labbra la coppa del piacere e ne assaggia il liquido delizioso, ogni uomo tranne me. Io vedo, Simonide, e tu, generoso sceicco, a che cosa tendono le vostre proposte. Se io le accetto ed intrapprendo questo compito, addio pace e belle speranze di una vita tranquilla! Le porte che ora m’invitano si chiuderanno dietro di me per non riaprirsi più.mai, perchè Roma ne tiene tutte le chiavi; il suo bando mi seguirà ovunque. Fuggendo i suo segugi, le tombe e le caverne saranno la mia dimora, ultimo asilo il deserto.» —

Un singhiozzo interruppe le sue parole. Tutti si voltarono verso Ester, che celò il volto sul petto del padre.

— «Io non l’avrei creduto di te, Ester» — disse Simonide con dolcezza, commosso egli medesimo.

— «Sta bene, Simonide» — disse Ben Hur. — «La sentenza sembra men dura al condannato quando vede la compassione che piange.» —

— «Io stavo dicendo» — egli continuò, — «che non mi rimane altra scelta che di accettare la parte che voi mi destinate. E siccome, fermandomi qui, io mi esporrei ad una morte ignobile, imprenderò subito il lavoro.» —

— «Dobbiamo mettere in iscritto il nostro accordo?» — chiese Simonide, mosso dalle abitudini commerciali.

— «Mi basta la tua parola» — disse Ben Hur.

— «Ed anche a me» — Ilderim rispose.

Così, semplicemente, fu conchiuso il contratto che doveva mutare la vita di Ben Hur.

[p. 309 modifica]— «Il signore Iddio di Abramo protegga la nostra impresa!» — esclamò Simonide.

— «Ed ora un’ultima parola, amici» — disse Ben Hur con volto più lieto. — «Se permettete, voglio essere padrone di me stesso fino dopo i giuochi. Non è probabile che un pericolo mi minacci da parte di Messala prima che gli giunga la risposta del procuratore, e questo non può avvenire che in sette od otto giorni. Il nostro incontro nel Circo è un piacere che comprerei a qualunque rischio.» —

Ilderim, felicissimo, annuì subito, e Simonide, intento agli affari soggiunse. — «Va bene, padrone; quest’indugio mi darà agio di renderti un servigio. Tu parlasti di un’eredità lasciatala da Arrio. Consiste essa in beni?» —

— «Una villa a Miseno e alcune case in Roma.» —

— «Io propongo che siano vendute, e i guadagni depositati in luogo sicuro. Damrni l’autorizzazione e io manderò subito un agente. Per questa volta almeno preverremo gli imperiali predoni.» —

— «Domani avrai la nota e la procura.» —

— «Allora se non v’è altro, il lavoro, per questa notte è terminato» — disse Simonide. Ilderim si lisciò la barba con compiacenza dicendo — «E ben terminato» —

— «Ester, offri il vino e il pane» — continuò Simonide. — «Lo sceicco Ilderim ci onorerà con la sua presenza questa notte, e domani; e tu mio padrone?» —

— «Fa sellare i cavalli» — disse Ben Hur. — «Io ritornò all’Orto. Il nemico non mi scoprirà se vado ora, e» — diede uno sguardo ad Ilderim — «i quattro saranno contenti di vedermi.» —

Ai primi albori del giorno, egli e Malluch smontarono davanti alla porta della tenda.