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III V
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IV.

Gli amici di Andrea avevano tentato di tenergli nascosta, almeno per qualche tempo, la dolorosa notizia; egli la indovinò subito dai loro volti abbattuti e dalle loro risposte dubbie e contradditorie. Allora la disperazione del giovane non ebbe più ritegno, e fra i gemiti ed i singhiozzi, e imprecando contro tutto ciò in cui egli aveva creduto, confidò al Renzanico ed al Castiglioni le segrete speranze del suo cuore, che quella morte atroce, quel delitto, quell’assassinio suo, venivano a distruggere per sempre.

Che conforto ci poteva essere per un dolore così grande?... Nessuno: il tempo solamente gli avrebbe ridata la pace. [p. 55 modifica]

Ma, invece, anche il tempo preparava un nuovo spasimo al suo cuore: il più atroce, il supremo.

Lasciandosi guidare dai suoi amici e dai consigli dello zio Cardinale, egli s’era rifugiato, per quei giorni, in Isvizzera; ma poi, quando seppe che l’Adele (ch’era stata condotta nella villetta di un suo zio in Valpantena) era caduta gravemente ammalata, ritornò subito in Italia e corse a nascondersi, per essere quanto più vicino alla sua fanciulla, in una casuccia di contadini, al di là di Grezzana.

Allora successe in lui uno strano mutamento: dimenticò tutto, anche la morte del Parabiano, per non avere più altro che un pensiero, un’ansia: la guarigione dell’Adele. Scosso, affranto da tante sventure, vi ravvisò la collera di Dio che egli aveva offeso accettando il duello; e si pentì dello spirito di rivolta, che in sulle prime aveva preso l’animo suo, si diede per vinto, ritornò umiliato alla fede e pregò, implorò per quella guarigione con un fervore nuovo, che il disordine della sua mente indebolita spingeva fino ai [p. 56 modifica]deliri della superstizione. E quando non girava come un matto attorno alla villetta dei Parabiano, tutta la sua vita trascorreva in preghiere, in devozioni, in pellegrinaggi votivi. Ma ogni giorno le notizie della fanciulla si facevano più cattive. «Ebbene, non ho ancora espiato abbastanza» pensava Andrea, e raddoppiava il suo fervore. Egli, senza domandarlo al alcuno, aveva indovinato quale era la finestra della camera d’Adele, perchè sempre, tutta notte, vi vedeva il lume acceso; e quella finestra rischiarata, che nella lontananza buia e fra le ombre cupe della valle pareva a volte una piccola stella, era proprio la stella avvivatrice della sua speranza. E ogni mattina, rinfrancato dalla luce che avea veduta nella notte, ritornava ansioso a spiare se da qualche indizio poteva capire che l’Adele cominciava ad alzarsi, o se almeno il medico le avesse permesso, in una bella giornata di sole, che le aprissero la finestra.

Ma invece la fanciulla non si alzava mai, e la finestra era sempre chiusa. [p. 57 modifica] Pure una mattina venne ch’egli la vide colle imposte spalancate. Ebbe un lampo di gioia; affrettò il passo, corse quasi fin sotto la casa: poi si arrestò a un tratto, e con lui sembrò si arrestassero anche i battiti del suo cuore.

... Era giorno fatto... e perchè tenevano ancora il lume acceso in quella camera?...

Un contadinello usciva allora in fretta dalla casa: Andrea gli si avvicinò; piangeva!....

La signorina era spirata all’alba, mentre suonava l’Avemaria, stringendo fra le mani rattrappite un piccolo libro di preghiere.

Andrea diè un urlo e si precipitò nella villa, aprendo e sbattendo il cancello di ferro; ma quando fu sull’uscio che metteva alla scala, un uomo, quasi vecchio cogli occhi rossi di pianto, lo fermò, dicendogli pieno di sdegno e di collera:

— Che volete voi ancora in questa casa? Che altro male ci volete fare?

— Voglio vederla! — rispose Andrea con voce rauca. [p. 58 modifica]

— No! — esclamò il vecchio avanzandosi per impedirgli il passo. — Siete stato voi che l’avete fatta morire.

Andrea alzò il capo e guardò l’altro stupidamente; poi l’espressione del suo volto si fece terribile, afferrò il vecchio per le braccia, lo scosse e lo gittò barcollante contro la parete, balbettando con voce rotta, soffocata: — Lasciatemi passare!.... Voglio passare!...

E passò.