Azioni egregie operate in guerra/1636

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L
’Imperator Ferdinando, affacciandosi col pensiero nella morte, che per cagione delle indisposizioni, da lui patite, apprendeva assai vicina, adoperò grandi industrie, per pacificare l’Imperio, e per trasmettere al Figlio la successione tranquilla, e più sicura. Era disposto dal canto suo, ad accettare la sospensione d’armi, che il Pontefice Urbano Ottavo promuoveva tra la Francia, e la Casa d’Austria. Dopo la vittoria di Norlinga applicò con maggior calore, a ricuperare l’Elettor Sassone. Tra questi, e Cesare si trattò la concordia in Praga da’ Commissarj deputati, e fu conchiusa felicemente. Norimberga, Ulma, Francfort, Argentina, Augusta accettarono la pace medesima, e licenziarono i Presidj di Svezia. Guadagnata gran parte dell’Alemagna, l’Imperatore invitò gli Elettori, a congregarsi in Ratisbona per l’elezione del Successore colla dignità di Re de’ Romani. Giunse Egli in quella Città a’ primi d’Agosto. Cesare vi chiamò il Figlio, ricevuto con istraordinarie dimostrazioni di stima, ed affezione da que’ Principi. [p. 60 modifica]

In Ottobre accolse con sontuosi trattamenti il Cardinal Ginetti, spedito dal Pontefice in Colonia, per trattare tra le Corone la pace, alla quale inclinando Egli, nominò i suoi Plenipotenziarj; primo de’ quali il Vescovo d’Erbipoli. In Decembre dopo la Messa dello Spirito Santo, e giurati i patti della Capitolazione propostagli, il Re d’Ungheria, sostenuto dalla gloria ottenuta nella condotta degli Eserciti, e dal decoramento di tutte quelle Virtù, che lo rendevano degnissimo erede, della pietà e della Corona del Padre, conseguì la dignità di Re de’ Romani. Per dar calore a questa Creazione, fu determinato sul principio della Campagna, che le armi Austriache da più parti occupassero la Francia. Il Galasso dalla parte dell’Alsazia, e della Borgogna: il Piccolomini, congiunto al Principe Tommaso Condottiere delle Soldatesche del Re Cattolico, dalla parte della Piccardia. Il Galasso dovette muoversi tardi, per essersi ammutinati gli Ungheri, e aver ricusato d’avanzarsi, dov’esso disegnava. Il Re Ferdinando, giunto al Campo, gli acquetò, e loro concedette di fermarsi di qua dal Reno sotto altro Generale alla custodia di quella Frontiera. Questo torbido impedì, che il Galasso non potesse soccorrere Saverna, assediata dal Cardinal della Valletta co’ Francesi, e dal Vaimar co’ suoi Alemanni. Prolungò ancora l’invasione, disegnata contra la Borgogna; la quale se si fosse eseguita al tempo prefisso, sarebbe riuscita di grand’utile a Cesare. Per la Contea di Ferretta, ripresi i due Castelli Tann, e Pfurt, entrò il Galasso nella Franca Contea, o Contea di Borgogna. Passato il fiume Saona tra Grais, e Aussona, si avanzò a Fontana Francese nella Ducea di Borgogna, soggetta al Cristianissimo con ispavento de’ popoli, e di Digion la Capitale. Ricavò prede grossissime da’ circonvicini Paesi. Consegnò al Duca di Lorena parte dell’Esercito per formar l’assedio di S. Gio. di Losne. Ma il Duca non ebbe l’avvertenza, di prontamente circondare la piazza per tal modo, che non v’entrasse rinforzo di gente. Ve lo portò il Conte di Rantzau Uffiziale Francese, che preso un gran giro per camminare più occulto, con somma diligenza v’intromise mille, e cinquecento Soldati. Pioggie furiosissime inondarono tutte le campagne, ed alzarono la Sana a tale altezza, che uscita dal letto, trabboccò da tutte le parti. Il Galasso giudicò bene, che si levasse l’assedio, in cui le Soldatesche pativano troppo. Questa irruzione del Galasso ritirò l’Esercito Francese, e Vaimarese dall’Alsazia, e da’ tentativi nell’Imperio. Il Re Luigi lo richiamò alla tutela de’ proprj Paesi, e lo rinforzò con altre levate, raccolte in tutta fretta. Allora il Galasso, vedendosi inferiore, o al più uguale a’ Nemici, si trincierò a Mirabeau, nè volle uscire da que’ steccati con non poca mormorazione della Soldatesca, la quale desiderava piuttosto d’arrischiarsi al cimento della battaglia, che patire penuria di viveri entro i ripari. Al Galasso era stato promesso accrescimento d’altre Truppe, le quali gli mancarono. Provò scarsezza di tutto, e massime di foraggio; con tutto ciò i Soldati, che l’amavano, sempre intrepidamente lo seguitarono. [p. 61 modifica]Più volte mancò il denaro, da soddisfare le Soldatesche, perchè essendo la Corte Imperiale in grandissime spese, per comparire con magnificenza alla Dieta di Ratisbona, e per guadagnarsi con sontuosi regali gli applausi per l’elezione, pretesa del Re de’ Romani, non aveva il comodo di somministrargli il bisognevole per l’Esercito. Esso poi non venne a battaglia co’ nemici, perchè aveva ordine dal Re Ferdinando di non arrischiare, e star lontano da ogni pericolo, stante la negoziazione, che si maneggiava, di farlo ascendere alla dignità bramata. Per tanto gli comandò, che non avventurasse in un sol punto l’esito felice d’affare, tanto importante. Con questa spedizione ottenne il Galasso, che richiamate in Borgogna le armate Francese, e Vaimarese lasciassero in quiete l’Imperio: non fossero a tiro di disturbare l’Alemagna, nè di mettere spavento alla Dieta di Ratisbona. Di più diede a quelle Truppe, che attorniavano Ermestain piazza dell’Elettore di Treveri, il comodo di proseguire il blocco di quella insigne Fortezza, per cui fu costretta poi a rendersi. Il Galasso, vedendo prossima, e a buon termine l’elezione del Re de’ Romani, decampò dalla Franca Contea. Nel ripassare la Saona soggiacque alla percossa d’alcuni squadroni inferitagli per opera del Cardinal della Valletta, e del Duca di Vaimar, divenuti più possenti di lui. Per l’Alsazia rinvenne in Alemagna, carico di spoglie riportate dalle sue incursioni. Molte accuse furono intentate contra di lui, massimamente per non avere dato battaglia a’ Francesi. Ma il Re Ferdinando lo difese palesando l’ordine datogli, d’astenersene durante il maneggio della di lui esaltazione.

Più impetuosa, e più strepitosa fu l’invasione dell’Esercito Austriaco nella Piccardia. Lo conducevano il Principe Tommaso, e D. Ottavio Piccolomini. Espugnarono alcune piazze frontiere. La Capella battuta furiosamente, e con più copia di bombe, capitolò la resa in pochi giorni. Dopo di che il Principe, trapassato il fiume Somma, entrò nella Campagna, e devastò il Paese. Di là passò all’attacco di Catelet altra Fortezza, e l’ebbe in minor tempo. Avanzò l’Esercito sul fiume Somma, per tentarne il passo. Le acque erano profonde, e le rive paludose. Dalla parte opposta campeggiava l’armata Francese, onde pareva difficile il valicarlo. Si presentò Gio. di Vert Generale Cesareo; e rimostrando il pericolo assai minore, incalorì gli animi di tutti; sicchè fu risoluto il passaggio. Si piantarono quattordici Cannoni vicino a Ceresi sopra le sponde più alte del fiume, per gettare colà un ponte, dove la corrente era più angusta. Altri sei Cannoni furono collocati più abbasso, per far diversione. Al favore delle batterie passarono alcune Compagnie di Fanti Spagnuoli, che subito si trincerarono in una prateria. Il che veduto da’ Francesi, si ritirarono in disordine, e lasciarono libero il Campo. Allora il Piccolomini, e Gio. di Vert con tutta la Cavalleria Alemanna scorsero senza contrasto la Campagna, presero Roye, e posero in [p. 62 modifica]contribuzione il paese. Giunsero sino a trenta miglia prossimi a Parigi, dov’entrò tale spavento, che la maggior parte della Nobiltà, oltre la gente minuta, ne uscì, per ricoverarsi, chi ad Orleans, chi a Tours. Gli abitanti furono ridotti a somma costernazione, ed avrebbono abbandonato tutto, se la presenza di Sua Maestà non avesse influito loro coraggio. Si fornirono d’armi tutti gli abitanti abili a maneggiarle. Ciascuno contribuì volontariamente alla spesa per una valida resistenza. Il Principe di Condè era allora all’assedio di Dola piazza della Franca Contea Spagnuola. Il Re gli mandò ordine di sciogliere l’assedio, ed inviargli quelle Truppe, come seguì. Il Principe Tommaso, prevalendosi della buona congiuntura, assalì Corbie per assicurarsi il possesso della Somma. La Piazza fu costretta a rendersi nella metà d’Agosto. Questa perdita tanto improvvisa augumentò la costernazione universale in Parigi, la quale crebbe per la proposizione fatta da alcuni Ministri, di ritirare il Re colla Corte più addentro il Regno ad Orleans. Ributtata la proposta, capace di mettere in disperazione il popolo, si chiamò la Nobiltà da tutte le Provincie, per difendere la Capitale. Dopo la scorsa fatta nella Sciampagna il Piccolomini, e il Vert si voltarono verso Abbeville, depredando il Paese.

Andava unendosi l’armigera Nobiltà Francese. Giungevano soccorsi da tutte le parti al Campo Regio; perciò il Principe Tommaso si fermò a Corbie, per fortificarla con nuovi ripari. Dopo di che, minacciando gli Ollandesi dalle parti d’Anversa, dovette trasmettere nel Brabante un valido corpo di gente, per ostar loro; ed Egli col rimanente si ricoverò nella Fiandra.

I Principi del sangue eransi posti alla testa dell’Esercito Francese. La loro presenza giovò molto alla ricupera di Roye, di Corbie, e di quasi tutto il perduto in avanti.