Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/275

Anno 275

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Anno di Cristo CCLXXV. Indizione VIII
EUTICHIANO papa 1.
TACITO imperadore 1.
Consoli

LUCIO DOMIZIO AURELIANO AUGUSTO per la terza volta e TITO NONIO MARCELLINO.

Annio, e non Avonio, nè Anonio, fu il nome del console. Per attestato di Vopisco2577 fu console sostituito Aurelio Gordiano, e nel dì 25 di settembre Velio Cornificio Gordiano. Sul principio di quest’anno opinione è che fosse promosso al pontificato romano Eutichiano. Nell’anno addietro l’Augusto Aureliano era passato nelle Gallie, verisimilmente per cagion di qualche ribellione, accaduta in quelle parti, ch’egli senza fatica estinse. La città di Orleans vien creduto che fosse rifabbricata da lui e prendesse il di lui nome. E perchè i Barbari erano entrati nel paese della Vindelicia, che abbracciava allora parte della Baviera, della Svevia e i Grigioni, Aureliano accorso a quelle parti, rimase il paese in pace con averne cacciati i nemici. Di là andò nell’Illirico, e probabilmente fu allora che scorta la difficoltà di poter sostenere la provincia della Dacia, oggidì Transilvania, posta di là dal Danubio, attorniata da troppi Barbari, prese la risoluzione di abbandonarla2578. A questo fine ritirò di qua dal fiume tutte le milizie e famiglie romane abitanti in quel paese, e lor diede parte della Mesia per abitarvi; paese che si nominò dipoi la Nuova Dacia, di cui dicono che Sardica divenisse la capitale. Da ciò si vede fallita l’immaginazione e il vanto dei Romani gentili, pretendenti che il loro dio Termine non rinculasse giammai, cioè non lasciasse mai perdere paese una volta unito al loro imperio. Altri simili esempli di questo loro inetto dio riferisce sant’Agostino2579. Verisimilmente svernò Aureliano in quelle parti, o pur nella Tracia nell’anno presente, applicato a mettere insieme un possente esercito per portar la guerra addosso a’ Persiani. Era egli invasato dal desiderio della gloria, e quanto più di grandi imprese egli avea fatto fin qui, a nulla serviva che maggiormente accenderlo per farne delle altre. Nè gli mancavano ragioni e pretesti contro la Persia, che già vedemmo aver prese l’armi in favor di Zenobia. Ma Iddio il colse nel punto2580 che i suoi ordini di ferro e fuoco contra dei cristiani erano già dati, e si doveano stendere per tutto l’imperio2581. Un fulmine caduto in vicinanza di lui e dei suoi cortigiani pure non fu bastante a rimuoverlo dalle prese risoluzioni. Per altra mano egli perì, siccome ora son per dire. [p. 975 modifica]A riserva del popolo romano, che veramente l’amava per i molti benefizii già ricevuti o che si speravano2582, pochi altri gli portavano affetto: a colpa della sua severità, anzi crudeltà, di cui sovente abbiam recate le pruove. Il senato romano, e fino i suoi proprii cortigiani, non amore, ma bensì timore aveano di lui2583. Accadde ch’egli un dì minacciò gravemente Mnesteo, uno dei suoi segretarii, per qualche fallo. Erote vien chiamato da Zosimo2584. Costui, siccome pratico che Aureliano non minacciava, mai da burla, e che se minacciava, non sapeva perdonare, essendosi molto prima avvezzato a contraffare il carattere del padrone, formò un biglietto, mettendovi col suo i nomi di molti altri, co’ quali Aureliano era in collera, e di altri ancora che non erano stati minacciati da lui, come destinati tutti dal sanguinario Augusto alla morte; ed esagerando poi la necessità di salvare sè stessi, con levare dal mondo quello spietato carnefice. Abbiam veduto altri Augusti condotti a morte per sì fatte liste di cortigiani destinati a perire. Dubitar si potrebbe che alcuna di esse fosse a noi venuta dalle sole dicerie dei novellisti. Quel ch’è certo, si trovava allora Aureliano in un luogo chiamato Caenophrurium, cioè Castelnuovo, posto fra Bisanzio ed Eraclea. Quivi gli uffiziali animati da Mnesteo contra di lui, preso il tempo che Aureliano era con poche guardie, lo stesero morto a terra con varie ferite. Vopisco2585 scrive ch’egli morì per mano di Mucapor, uno de’ suoi generali. Altre particolarità di questo fatto non ha a noi conservato la storia. Essendo giunta a Roma la nuova di sua morte nel dì 3 di febbraio per attestato del medesimo storico, vegniamo a conoscere che alquanti giorni prima del fine di gennaio dell’anno presente dovette succedere la di lui tragedia. Scoprissi dipoi la furberia di Mnesteo, e ne fu fatta aspra vendetta, con legarlo ad un palo ed esporlo ad essere divorato dalle fiere. Gli altri da lui ingannati gran pentimento ebbero d’aver bagnate le mani nel sangue del loro principe, e parte vennero allora uccisi dai soldati, parte poi dai successori Augusti Tacito e Probo. Funerali magnifici furono fatti al defunto imperadore dall’armata, la quale anche scrisse al senato e popolo romano coll’avviso del funesto successo, e con premura, perchè Aureliano fosse aggregato al catalogo degli dii. Tacito, che fu poi imperadore, il primo allora dei senatori, quegli fu che dopo un bell’elogio alla memoria di Aureliano, fu il primo a decretargli tutti gli onori divini. E certamente non si può negare ad Aureliano la gloria di uno de’ più insigni imperadori romani, per aver egli in sì poco tempo rimesso in piedi e liberato dai nemici interni ed esterni tutto l’imperio romano, con disposizione di far altre mirabili imprese, se non gli fosse stato sul più bello troncato il filo della vita. Era egli tuttavia vegeto d’età, e questa la sapeva egli conservare colla sobrietà del vivere; e se si ammalava, non correva giù a chiamar i medici, ma curava egli stesso i suoi mali con una dieta rigorosa. La sua soverchia severità, benchè gli partorisse l’odio di molti, pure riuscì di grande utilità alla repubblica, perchè levò di mezzo o cacciò in esilio i cervelli torbidi, cabalisti e perturbatori della quiete pubblica. Specialmente perseguitò egli i delatori, cioè gli accusatori, tanto ben veduti sotto altri precedenti governi. Non la perdonava nè pure ai suoi medesimi parenti e familiari. E la moderazione sua nel vestire si stendeva anche alla moglie e alla figliuola, alle quali, perchè pur volevano una veste di seta, rispose, troppo costare una tela che si vendeva a peso d’oro. Altre sue lodevoli doti rammenta Vopisco. Ma a questo [p. 977 modifica]egregio principe mancava la clemenza, virtù necessaria, nonchè sommamente commendabile ne’ saggi principi; e da questo difetto, o, per dir meglio, dalla sua crudeltà fu egli finalmente condotto ad un fine infelice. Avrebbe ognuno creduto che, appena morto Aureliano, l’armata sua acclamasse Augusto alcuno di quei generali, ma non fu così2586. Forse perchè niun d’essi v’era esente dal reato, o dal sospetto della morte di Aureliano, però non si poterono indurre i soldati a creare alcun d’essi imperadore. Anzi scrissero al senato, con pregarlo di scegliere un imperadore degno di tal posto. Non attentandosi di farlo il senato, perchè alle armate non soleano piacere Augusti creati in Roma da’ senatori, tre volte corsero e ricopersero lettere fra loro, rimettendo sempre l’una parte all’altra una tale elezione: controversia rara, e che facea stupir chiunque era consapevole della prepotenza dei passati eserciti in tali congiunture2587. Durante questa contesa passarono sei mesi, senza che si eleggesse imperadore; e, ciò non ostante, nell’interno si godeva buona calma; e tutti i governatori scelti da Aureliano e dal senato continuavano tranquillamente ne’ loro impieghi, fuorchè Aurelio Fosco proconsole dell’Asia, in cui luogo fu spedito Falconio. Era in questi tempi prefetto di Roma Postumio Siagrio, secondo il catalogo pubblicato dal Bucherio2588; ma Vopisco scrive che nel dì 25 di settembre era essa prefettura appoggiata ad Elio Ceseziano. Quegli che diede fine a questa sonnolenza, e fece che il senato procedesse alla elezion di un nuovo imperadore, fu il militar movimento de’ Germani2589, i quali passato il Reno, aveano già occupato varie nobili città, e temeva anche guerra dai Persiani. Velio Cornificio Gordiano, console sostituito, rappresentò nel dì 25 di settembre la necessità di crear un imperadore. Preparavasi a rispondere Marco Claudio Tacito, primo fra i consolari, quando a comun voce fu interrotto dal senato, che l’acclamò imperadore, siccome personaggio, per la rara sua prudenza ed integrità, riconosciuto degnissimo di quell’eccelsa degnità. Fece egli resistenza per quanto potè, con allegare l’avanzata sua età, e il non poter cavalcare e reggere eserciti; anzi, perch’egli avea preveduto questo colpo, per due mesi era stato ritirato nella Campania. Ma, alzatosi Mezio Falconio Nicomaco, tanto disse, tanto pregò Tacito, mettendogli davanti il bisogno della repubblica, ch’egli cedette; e l’elezione sua fu molto applaudita dal popolo e da’ pretoriani, a’ quali fu promesso il solito regalo. Si vantava Tacito d’essere discendente o parente di Cornelio Tacito celebre storico, ed egli perciò fece mettere in tutte le librerie l’opere di lui; e pur, ciò non ostante, perite molte di esse sono oggidì indarno desiderate da’ letterati. Era stato console, avea molti figliuoli, ma giovanetti, ed un fratello uterino, appellato nelle medaglie Marco Annio Floriano. Non capiva in sè per l’allegrezza il senato al vedersi giunto a poter eleggere dopo sì lungo tempo un Augusto, e si pregiava di averlo eletto tale, che in breve potè corrispondere all’espettazione di ognuno, col rimettere in uso gli antichi diritti e l’autorità del senato e del prefetto di Roma. Ne diedero i senatori tosto il lieto avviso con lettere a Cartagine, a Treveri, città libera, ad Antiochia, Aquileia, Milano, Alessandria, Tessalonica, Corinto ed Atene. Ora Tacito, appena accettato l’imperio e rendute grazie al senato, ordinò che si mettessero in alcuni templi le statue d’argento d’Aureliano ed una d’oro nel Campidoglio. Quest’ultima dipoi non fu posta; le altre sì. Proibì tanto al pubblico, quanto ai privati il mischiar insieme l’argento [p. 979 modifica]e il rame, e l’argento e l’oro. Vietò che i servi non potessero chiamarsi all’esame contra de’ proprii padroni, e neppure trattandosi di delitti di lesa maestà. Determinò che si facesse un tempio de’ defunti imperadori deificati, volendo nondimeno che ivi si collocassero le sole statue dei buoni Augusti, per animar alla loro imitazione i successori. Avendo fatta istanza del consolato dell’anno susseguente per suo fratello Floriano, il senato, benchè avvezzo a chinar il capo a tutto quanto bramavano i precedenti Augusti, pure negò a lui questa soddisfazione, adducendo che già erano designati i consoli, ed essere inconveniente il far torto ad alcun degli eletti. Dicono che Tacito si rallegrasse all’osservare questa libertà nella cura, e che dicesse: Sa il senato di che2590 tempre sia il principe ch’egli ha eletto. Poscia donò al pubblico il privato suo patrimonio, le cui rendite si fanno ascendere dal Salmasio ad un valore ch’io non ardisco di esprimere, parendo difficile a credersi. Sembra anche inverisimile questo dono per chi era vecchio ed avea figliuoli; e il publicavit di Vopisco potrebbe ammettere un altro senso. Tutto poscia il contante ch’egli si trovava in cassa l’impiegò in pagar le milizie. E tanto per ora basti di questo imperadore di pochi giorni.




Anno di Cristo CCLXXVI. Indizione IX.
EUTICHIANO papa 2.
FLORIANO imperadore 1.
PROBO imperadore 1.
Consoli

MARCO CLAUDIO TACITO AUGUSTO per la seconda volta ed EMILIANO.

Fa menzione Vopisco 2591 di Elio Scorpiano, che era console nel 3 di febbraio dell’anno presente; e perciò si può credere che Tacito Augusto tenesse un solo mese il consolato. Fra le altre azioni di lui riferite da Vopisco vi fu l’aver egli bandito da Roma i postriboli, non già delle pubbliche donne, per quanto io mi figuro, ma bensì di un vizio più deforme ed abbominevole: provvisione nondimeno che fu di brevissima durata in un popolo avvezzo ad ogni brutalità, perchè mancante dei lumi e del freno della vera religione. Proibì ancora il tenere aperti i bagni in tempo di notte, per impedire le sedizioni; e vietò, tanto agli uomini che alle donne, il portar vesti di seta. Volle che si distruggesse la casa propria, e che a sue spese quivi si fabbricasse un bagno pel pubblico. Cento colonne di marmo di Numidia, alte ventitrè piedi, donò al popolo d’Ostia. Assegnò alla manutenzion delle fabbriche del Campidoglio le possessioni ch’egli avea nella Mauritania; donò ai templi l’argento che serviva alla sua tavola; e manumise cento dei suoi servi dell’uno e dell’altro sesso. Continuò poscia a vivere come prima, usando le medesime vesti che gli aveano servito da privato. La sua tavola continuò ad essere parchissima: il maggiore imbandimento consisteva in cavoli ed erbaggi. Non volea che la moglie portasse gemme, e neppure permise al pubblico i ricami d’oro nelle vesti. Ebbe anche cura di punire rigorosamente gli uccisori di Aureliano, e sopra gli altri a Mucapor fu dato un rigoroso gastigo2592. S’era fin l’anno dietro udito un gran movimento di barbari Sciti dalla Palude Meotide, che pretendeano d’essere stati chiamati da Aureliano Augusto in suo aiuto. Costoro si sparsero pel Ponto, per la Cappadocia, Galazia e Cilicia, commettendo quelle ruberie ed insolenze ch’erano il mestier familiare di gente usata alle rapine. Tacito, benchè vecchio, giudicò debito della sua dignità il portarsi colà in persona coll’esercito. Seco era Floriano suo fratello, dichiarato prefetto del pretorio. Da due parti amendue