Amorosa visione/Capitolo XXXVII
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CAPITOLO XXXVII.
Vedevavisi appresso quanto e quale
Già fosse stato Cesare, tenendo
In prima in Roma offizio imperïale.
Oh quanto poco questo possedendo
5Il vedea glorïar, che quivi a lato
Tra’ senatori il vedeva morendo,
Lui avendo essi tutto pertugiato
Co’ loro stili, e quegli era piggiore,
Cui egli aveva già più onorato.
10E simile la rabbia e ’l gran furore
Di Neron, si vedeva terminare
In breve tempo con molto dolore.
Risplendevavi ancora, ciò mi pare,
Ciò che fe’ Giuba mai, e ivi appresso
15Dopo ’l salir, il suo tristo calare.
Tarquin, Porsenna, e Lentulo dop’esso,
Ovidio, Tullio, Amilcar si vedieno,
E altri molti, i quali io con espresso
Riguardo non mirai, perchè già pieno
20Di tal materia aveva l’intelletto,
Ed eran tanti che non venien meno.
O beato, diss’io, quel che l’affetto
Ad altre cose tira, che a queste,
Le quali stato mostrano imperfetto;
25Più vili ch’altre sono e più moleste,
Piene d’inganno e d’affanno gravoso,
E la lor fine è sola mortal peste.
Poi mi voltai al viso grazïoso
Di quella Donna che m’avea condotto,
30Dicendo: il mio voler che fu ritroso,
Or è tornato dritto, e già non dotto,
Che questi ben terren son veramente
Que’ che a’ vizii ciascun mettono sotto.
Nessun porria pensar, che tanta gente
35Così famosa e di tanta virtute,
Fortuna avesse fatti sì vilmente,
Forse chi nol vedesse; o chi salute
Spererà oramai, se non coloro
Che le vere ed eterne han conosciute?
40Il più far qui omai lungo dimoro,
Donna, mi spiace, però giamo omai
Dove volete, e qui lasciam costoro.
Allor disse la Donna: or t’è assai
Aperto, che costei esser turbata
45Vi dà salute, ed iscemavi guai.
Ma se tu fossi stato altra fïata
Così disposto, come ora ti sento,
Già meco fori in capo alla montata;
Ma poichè del seguirmi se’ contento,
50Ed hai vedute le mondane cose,
Volubili e caduche più che vento,
Appresso viemmi, che le glorïose
Eterne vederai. Ma non torniamo
Onde venimmo per le impetuose
55Tralciute vie, ma sì di qua tegnamo,
Che picciola rivolta alla portella
Prima ci menerà, che noi volgiamo.
Ora si mosse questa, ed io dop’ella,
Di quelle cose molto ragionando,
60Ch’eran dipinte nella sala bella:
Ognor seguendo lei, così mirando
Intorno a me per veder ciò che v’era,
E nella mente ogni cosa recando,
Sì vidi io per una porta ch’era
65Alla sinistra mano, un bel giardino
Fiorito e bello com’ di primavera.
Entriam, diss’io, in questo orto vicino,
Donna, se piace a voi, che poi alquanto
Ricreati terrem nostro cammino,
70Là entro udiva io festa e gran canto,
Onde mi crebbe d’esservi il desio,
Sicch’altri mai non disiò cotanto.
Mirandomi allor dopo vi vid’io
I due primier, che dicean: che non passi
75Dentro, poichè ardi di volere? Ed io
In fra me gía dicendo: se tu lassi
Costei per colà entro voler gire,
S’ella non vien, chi guiderà i tuoi passi?
Oh, cominciò costei allora a dire,
80Che credi tu che colà entro sia?
Troppo ti volge ogni cosa il disire.
Facciam, mentre avem tempo, nostra via,
Che come tu costà pinto hai veduto,
Così v’è dentro mondana vanía.
85Il ver è che ora avanti conosciuto,
Secondo il tuo parlar, avendo tutto,
Seguilo, e non voler con non dovuto
Operar, seguir danno e perder frutto.