Amorosa visione/Capitolo XXXVI
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CAPITOLO XXXVI.
Intento ora ti volgi a riguardare
La vendetta di Dio, che non oblia
Mai fallo alcun che si debba purgare.
Se in parer posto forse ad alcun fia
5Ch’ella si muova con un lento passo,
Non è così, ma que’ troppo disia.
O se va forse adagio al tristo lasso,
Ch’aspetta quella per la fatta offesa,
Non giova già, che più greve fracasso
10Segue per quello indugio, sì compesa
Al fatto fallo, sicchè egualmente
Da ogni parte la bilancia pesa.
Pon mente là a colui che sì vilmente
Veste, e si tien la mano alla mascella,
15Mostrando sè nel sembiante dolente,
Incominciò colei, oh quanto fella
Fu l’aspra signoria che ’n Siragusa
Tenne, mentre per lui si guardò quella!
Nel tempo avanti che li fosse chiusa,
20Tiranneggiando fieramente in essa,
Senza ricevere o priego o scusa,
Tenea la gente sì vilmente oppressa,
Ch’ognun piangeva, e dicer non osava
La doglia sua per tema d’altra ressa.
25Oh come fiero li tiranneggiava,
E Dionisio il fiero fu chiamato,
Per la fierezza la quale egli usava.
Così avvenne, ch’e’ ne fu cacciato
Con tanta noia e con tanto furore,
30Ch’a lui parve aver vinto esser campato.
Onde fuggendo ad Atene, il dolore
Mitigato, pensò, per non morire
Di fame, farsi in lettera dottore.
Nol vedi tu, ched e’ fa là aprire
35I libri a’ garzonetti, e mostra loro
Com’una lettera altra dee seguire?
Poi guarda avanti nel dolente coro,
E vederai Tessaglia sanguinosa,
Del roman sangue mistiata e di ploro.
40Or guarda quivi, e vedi sconcia cosa,
Tanti grandi uomin, tanti valorosi,
Esser sommessi a rovina angosciosa.
Simile guarda quanto ponderosi
Son gli alberi del sangue che portati
45V’hanno li piè degli uccellon golosi,
I qua’ si son prima ben satollati
De’ corpi morti, che senza alcun foco
O sepoltura stanno qui gelati:
Fra’ folti boschi, o in tane o altro loco,
50Leon nè lupo nè can par rimaso,
Che non si pascan quivi o molto o poco.
Ondeggiar vedi del dolente caso
I tristi fiumi, e ispumanti e rossi
Del tristo sangue non isparto in vaso.
55Riguarda là Pompeo con volti dossi,
Che fuggendo abbandona il campo tristo,
E ancor ve’ come a Lesbos posossi.
Se là rimiri, con sembiante misto
Di lagrime Cornelia accoglier lui
60Vedrai, poichè sconfitto l’ebbe visto.
E vedi ancor come quindi con lui
Si parte, e vanne per mare in Egitto,
In sè immaginando, che colui
Dovesse lui ricevere, respitto
65Avendo al regno che avuto avea
Da lui, ma ’l suo pensier non venne dritto.
Avanti mi mostrò, dov’io vedea
Come scendea del suo legno Pompeo,
Perchè carico troppo li parea,
70Di quello entrando in un che Tolomeo
Per Achillas insieme con Potino
Sotto spezie d’onor menar li feo:
In quel già assettato lui meschino,
I traditori alquanto indi lontani
75Pigliaron lui, quasi al suo mal vicino,
Siccom’ parea, il capo l’aspre mani
A lui tagliaro, e ’l tronco in mar gittaro,
E quello al sir portaron de’ Romani.
Ivi pareasi ancora il duolo amaro,
80Che Cordo fece quando vide il busto
Del capo, ch’a’ Roman fu tanto caro:
Onde dolente, povero e vetusto
Prendea di notte quello al mio parere,
E poi con picciol fuoco lui combusto,
85Sotterratto ebbe secondo il potere
In piccoletta fossa, ricoprendo
Lui del sabbione, e con lagrime vere
Il suo infortunio ripetea piangendo.