Amorosa visione/Capitolo XXXIX
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CAPITOLO XXXIX.
Oh quanto bella tal fonte pariami,
E quanto da lodar, talchè giammai
Di mirarla saziato non sariami.
Com’io a basso al vaso riguardai
5Dove l’acqua cadea, ch’era gittata
Da quelle tre, se bene immaginai,
O vidi il vero, io vidi ch’adunata
Era da parte quanta ne gittava
La bianca donna, e là effigiata;
10Onde uscia quella del vaso, vi stava
Un capo d’un leone, e ’n ver levante
D’un picciol fiume il bel giardin rigava.
Tolto di quivi e fattomi più avante,
Ciò che la donna vermiglia spandea
15Nel vaso, vidi fare il simigliante.
Rimirando esso ancora vi vedea
Una testa d’un toro al mio parere,
Del qual quell’acqua ad un’asta scendea.
Oltre ver mezzogiorno il suo sentiere
20Tenendo mi parea, che se ne andasse
Ancor rigando il piacente verziere.
Poi mi parve ch’alquanto mi tirasse
In ver la terza donna tutta nera,
Che ridendo parea che lagrimasse.
25Parevami, che poich’adunato era
Suo lagrimar nel vaso, che scendesse
Per una testa ancora che quivi era;
Ove mirando, parve ch’io vedesse
Che lupo fosse, e questa se ne gía
30Or qua or là, nè parea che tenesse
En l’andar suo nulla diritta via,
Ad aquilon talora, e ’n ver ponente
Scendendo, non so dove si finia.
Ciò che dal leon cade, pianamente
35Dico che corre, e sopra li suoi liti
D’erbe e di fior si vede ognor ridente.
Herba non v’ha nè frutti che smarriti
Teman dell’autunno, ma tuttora
Con frutta e fronda, be’ verdi e fioriti
40Ivi dimoran, nè mai si scolora
Prato, ma bel di varïati fiori
La state e ’l verno sempre vi dimora.
A quel ruscel, che al toro di fuori
Cade di bocca, similmente è bello
45D’erbe e di fior di diversi colori,
Rivestito di ciascuno albuscello
È il dolce lito che porta verdura,
E similmente d’ogni gaio uccello.
Odesi alcuna volta in la pianura
50Le frondi risonar per dolce vento,
Il qual si move da quell’aere pura.
Ogni pratel di quel lito è contento
Di mutar condizione a tempo e loco,
Secondo c’ha ’l vigore acceso o spento.
55Rallegravisi ogni animal, e gioco
Vi fa, secondo che amor lo strigne
Sotto la forza sua, o molto o poco,
Ovunque la natura più dipigne
La terra di bellezza, e a rispetto
60Null’è di quello che quel fiume tigne.
Così veduto quel con l’intelletto,
Io corsi a quel che fuor del lupo usciva,
Ov’io non vidi un albero soletto,
O altra pianta, la qual verde o viva
65Vi sia, ma secca la pianura trista
Biancheggiar tutto coll’occhio scopriva.
Aveva ben del fiumicel la lista
Tinta la terra d’un suo color perso,
Che quasi lo schifava la mia vista.
70Mossimi allora quindi, e a traverso
Presi il sentiero per lo bel giardino,
Per gire al fiume del bel toro emerso.
E quella Donna, con cui il cammino
Impresi prima, disse: se ti piace
75Andiam per questa via, che più vicino
Ne fia ’l sentier che ci merrà a pace:
Dove tu vai, come tu hai veduto,
È del ben transitorio e fallace,
Del qual se tu ti se’ bene avveduto,
80Come dicevi, e come il tuo parlare
Mostrava che avessi conosciuto,
A quel non guarderesti, ma andare
Il lasceresti come cosa vana,
E intenderesti a sol me seguitare.
85Trai della mente tua quello che insana
Esser la fa, giovi quel ch’io ti dico,
E per quel fálla che ritorni sana,
E non esser di te stesso nemico.