Amorosa visione/Capitolo XXVI

Capitolo XXVI.

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CAPITOLO XXVI.




Come l’autore trova nel detto giardino Ercole, e la sua donna Deidamia, e di Jole.


Com’io mirando andava quel giardino,
     Vidivi in una parte effigïato
     Ercole grande a Cidippe vicino,
Ove con lui sedeva dall’un lato
     5Jole piacente e bella nello aspetto,
     Cui presa avea nel paese acquistato.
Non mirava Ercole altro che ’l cospetto
     Di lei, e qui tanta gioia prendea,
     Che duol li fora stato altro diletto.
10Rammaricando dopo lui vedea
     Istar tutta turbata Deianira,
     Perch’a sè ritornarlo non potea.
Il molle petto acceso in foco d’ira
     Mostrava ch’ell’avesse, ognor soffiando,
     15Forse per rabbia che in lei s’aggira.
Ma poco spazio parea che parlando
     Dicesse a lui: o signor valoroso,
     Volgiti a me, come tu suoli, amando,

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E lascia cotestei, cui poderoso
     20Guadagnasti per serva, e ’l suo paese
     Insieme con vittoria glorïoso.
Non senti tu, ch’a ogni uomo è palese
     Quel che la fama ora in contrario sona
     Di te alle passate tue imprese?
25Veramente di te ogni uom ragiona,
     Che tu col forte dito quella lana
     Fili, che Jole pesando ti dona.
Ogni uomo ancora ch’abbia mente sana
     Crede, che tu il canestro colle fusa
     30Porti di dietro alla giovane strana.
Vogliono ancora dire, ch’ella t’usa
     In ciascuno atto come servidore,
     Nè ti giova donare alcuna scusa.
Ed è così smarrito il tuo valore,
     35Che tu non pensi alle cose passate,
     Ogni virtute obliando ed onore.
Forse t’ha ella le forze levate
     Con alcun suo ingegno falsamente,
     Come le donne fanno alle fïate?
40Almen non dovria mai della tua mente
     Trar quel che tu in culla ancor facesti,
     L’uno uccidendo e poi l’altro serpente.
Ricordar deiti ancora che uccidesti
     Busiris, e in Libia il grande Anteo
     45Della Terra figliuolo ancor vincesti.
Vinto traesti quel Cerbero reo
     Ch’avea tre teste, e tu con tre catene
     Legasti lui poi ch’a te si rendeo.

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Il drago ancora con sudanti pene,
     50Ch’ognor senza dormir i pomi d’oro
     Guardando stava, fu morto da tene.
I forti corni al furïoso toro
     Rompesti, e’ Centauri domasti
     Quando di pria combattesti con loro.
55Or non fostu colui che consumasti
     L’Idra, che doppii capi in suo aiuto
     Rimettea, quando gliele avevi guasti?
Non fu da te il guastator feruto
     D’Arcadia? sì fu: e fu colui,
     60Ch’avea di carne umana rïempiuto
Ogni suo armento togliendo l’altrui,
     Da te ucciso; e quel Caco rubesto
     Tu uccidesti, rubato da lui.
Reggendo ancora dopo tutto questo
     65Il ciel gravante sopra le tue spalle,
     Ch’a ogni altro uom saria stato molesto.
E s’io volessi andar per dritto calle,
     Ogni vittoria a tua mente rendendo,
     Io avrei troppo a fare a ricontalle:
70Queste so c’hai a mente; or dunque essendo
     Senza pazzia talora fra te stesso,
     Non ti vergogni tu Jole seguendo?
Volesse Iddio, che tu giammai a Nesso
     Non m’avessi levata, che mi amava,
     75E forse in gioia or mi sarei con esso.
E non per tanto io non immaginava
     Che mai per altra donna mi lasciassi,
     Poichè te per altrui io non lasciava.

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Se quella con cui tu ora ti passi,
     80Ismemorato in festa ed allegrezza,
     Tanta virtù in lei forse trovassi,
Tanto piacere e tanta di bellezza
     Quanta in me, io non riputerei
     L’aver lasciata me fosse mattezza;
85Ognora più di ciò ti loderei;
     Ma s’io ho ben la sua bellezza intesa,
     Certo io son molto più bella di lei:
Molto mi tengo in questa parte offesa:
     Ma torna a me, e tutto ti perdono,
     90E la tua forza in ben ovrar palesa:
Io chieggo a te di grazia questo dono.