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CAPITOLO XXVI. 107

Il drago ancora con sudanti pene,
     50Ch’ognor senza dormir i pomi d’oro
     Guardando stava, fu morto da tene.
I forti corni al furïoso toro
     Rompesti, e’ Centauri domasti
     Quando di pria combattesti con loro.
55Or non fostu colui che consumasti
     L’Idra, che doppii capi in suo aiuto
     Rimettea, quando gliele avevi guasti?
Non fu da te il guastator feruto
     D’Arcadia? sì fu: e fu colui,
     60Ch’avea di carne umana rïempiuto
Ogni suo armento togliendo l’altrui,
     Da te ucciso; e quel Caco rubesto
     Tu uccidesti, rubato da lui.
Reggendo ancora dopo tutto questo
     65Il ciel gravante sopra le tue spalle,
     Ch’a ogni altro uom saria stato molesto.
E s’io volessi andar per dritto calle,
     Ogni vittoria a tua mente rendendo,
     Io avrei troppo a fare a ricontalle:
70Queste so c’hai a mente; or dunque essendo
     Senza pazzia talora fra te stesso,
     Non ti vergogni tu Jole seguendo?
Volesse Iddio, che tu giammai a Nesso
     Non m’avessi levata, che mi amava,
     75E forse in gioia or mi sarei con esso.
E non per tanto io non immaginava
     Che mai per altra donna mi lasciassi,
     Poichè te per altrui io non lasciava.