Amorosa visione/Capitolo XXV
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CAPITOLO XXV.
Era più là Alfeo colle sue onde
Piegate intorno e dietro ad Aretusa,
Con quelle terre che correndo infonde.
Là era Egisto ancor, che per iscusa
5Del sacerdozio non andò a Troia,
Ma Clitennestra si temea inchiusa,
Lei imbracciata, e prendendone gioia
A suo piacere, benchè poco appresso
Le ne seguisse sconsolata noia.
10O come quivi alquanto dop’esso
Seguian Canace e Macareo dolenti,
Divisi per lo lor fallo commesso!
Non molto dopo lor così scontenti
Biblide vidi lì, che seguitava
15Il suo fratel con atti molto ardenti.
Molto pietosamente a lui andava
Dietro parlando, siccome parea
Negli atti suoi, che quivi dimostrava.
Ahi, dolce signor mio, ver lui dicea,
20Deh, non fuggir, deh prendati pietate
Di me, che per te vivo in vita rea:
Guarda con l’occhio alquanto mia biltate,
Pensi l’animo tuo il mio valore,
Lo qual perisce per tua crudeltate.
25Io non t’ho per fratel, ma per signore:
Vedi ch’io muoio per la tua bellezza,
Per te piango, per te si strugge il core.
Non tener più ver me questa fierezza,
E ’l superfluo nome di fratello
30Lascialo andar, ch’a tenerlo è mattezza.
Aiutami, che puoi, e farai quello
Che più aspetta quella che si sface,
Considerando il tuo cospetto bello.
Riso, conforto, e allegrezza e pace
35Render mi puoi, se vuoi: dunque che fai?
Deh, contentami alquanto, se ti piace.
Vedi, ch’io mi consumo in tanti guai,
Ch’altra neuna mai ne sentì tanti
Per te, cu’ io disio, e tu ’l ti sai.
40Oimè, fortuna trista degli amanti!
Come coloro che non sono amati
Amando altrui da tua rota son franti!
Se tu riguardi però che chiamati
Sorella e fratel siam, non è nïente,
45Com’ dissi, e minor fiéno i tuoi peccati
Togliendomi dolor, che se dolente
Morir mi fai per non acconsentire
A quel che sol disia la mia mente.
Rivolgiti, per Dio, deh, non fuggire,
50Pensa ch’ogni animal tal legge tiene,
Quale a te chiede il mio forte disire.
A te molto più tosto si conviene
In questo atto fallir, che dispietato
Farmi perir nelle noiose pene.
55Biblide trista, quanto t’è in disgrato
Veder colui che ti dovria aiutare
Da chi noia ti desse in alcun lato,
Il tuo dolore in te forte aggregare,
E non che voglia fare il tuo disio,
60Ma tue parole non vuole ascoltare.
Là poi appresso al mio parer vid’io
Fillis a lato star a Demofonte,
E pianger sè di lui in atto pio.
Tutta turbata sue parole conte
65Li profferia, ricordandoli ancora
Quant’ella e le sue cose tutte pronte
Al suo servigio furono, e com’ora
A lei fallita la promessa fede
Per troppo amor dolor greve l’accora.
70Tra questi oltre nel prato vi si vede
Meleagro e Atalanta, che ciascuno
Segue un cinghial con sollecito piede;
E quanto ad esso sforzandosi ognuno
Offende, accesi d’amoroso foco,
75Non lasciandoli far danno nessuno.
Costor preiva più avanti un poco
Aconzio in man colla palla dell’oro,
Ch’a Cidippe gittò nel santo loco.
E quella quivi ancor facea dimoro,
80Dicendo a lei Aconzio, che sua era,
Ella negandol, parlavan fra loro:
Riguardando l’un l’altro, in tal maniera
Cidippe a lui dicendo: se ingannata
Fui da te, la mia voglia non v’era;
85Che s’io mi fossi della palla addata,
Non l’avria mai rimirata nè letta,
Anzi l’avrei tosto indietro gittata,
Onde mai non m’avrei a questo aspetta.