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CAPITOLO XXV. 103

Rivolgiti, per Dio, deh, non fuggire,
     50Pensa ch’ogni animal tal legge tiene,
     Quale a te chiede il mio forte disire.
A te molto più tosto si conviene
     In questo atto fallir, che dispietato
     Farmi perir nelle noiose pene.
55Biblide trista, quanto t’è in disgrato
     Veder colui che ti dovria aiutare
     Da chi noia ti desse in alcun lato,
Il tuo dolore in te forte aggregare,
     E non che voglia fare il tuo disio,
     60Ma tue parole non vuole ascoltare.
Là poi appresso al mio parer vid’io
     Fillis a lato star a Demofonte,
     E pianger sè di lui in atto pio.
Tutta turbata sue parole conte
     65Li profferia, ricordandoli ancora
     Quant’ella e le sue cose tutte pronte
Al suo servigio furono, e com’ora
     A lei fallita la promessa fede
     Per troppo amor dolor greve l’accora.
70Tra questi oltre nel prato vi si vede
     Meleagro e Atalanta, che ciascuno
     Segue un cinghial con sollecito piede;
E quanto ad esso sforzandosi ognuno
     Offende, accesi d’amoroso foco,
     75Non lasciandoli far danno nessuno.
Costor preiva più avanti un poco
     Aconzio in man colla palla dell’oro,
     Ch’a Cidippe gittò nel santo loco.