Ahi, dolce signor mio, ver lui dicea, 20Deh, non fuggir, deh prendati pietate
Di me, che per te vivo in vita rea:
Guarda con l’occhio alquanto mia biltate,
Pensi l’animo tuo il mio valore,
Lo qual perisce per tua crudeltate. 25Io non t’ho per fratel, ma per signore:
Vedi ch’io muoio per la tua bellezza,
Per te piango, per te si strugge il core.
Non tener più ver me questa fierezza,
E ’l superfluo nome di fratello 30Lascialo andar, ch’a tenerlo è mattezza.
Aiutami, che puoi, e farai quello
Che più aspetta quella che si sface,
Considerando il tuo cospetto bello.
Riso, conforto, e allegrezza e pace 35Render mi puoi, se vuoi: dunque che fai?
Deh, contentami alquanto, se ti piace.
Vedi, ch’io mi consumo in tanti guai,
Ch’altra neuna mai ne sentì tanti
Per te, cu’ io disio, e tu ’l ti sai. 40Oimè, fortuna trista degli amanti!
Come coloro che non sono amati
Amando altrui da tua rota son franti!
Se tu riguardi però che chiamati
Sorella e fratel siam, non è nïente, 45Com’ dissi, e minor fiéno i tuoi peccati
Togliendomi dolor, che se dolente
Morir mi fai per non acconsentire
A quel che sol disia la mia mente.