Amorosa visione/Capitolo XLIII

Capitolo XLIII.

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CAPITOLO XLIII.




D’altre donne che trova nel detto giardino.


Aveami già quel canto e la bellezza
     Delle giovani donne l’alma presa,
     E riempiuta di nuova allegrezza,
Tanto che ad altro la mente sospesa
     5Con gli occhi non tenea, che non faceano
     Alli raggi di lor nulla difesa;
E com’io loro alzai, vidi sedeano
     Donne più là quasi sè riposando,
     Che forse fatta festa innanzi aveano.
10Queste, mentre io andava riguardando,
     D’erbe e di frondi tutte coronate
     Vidi, ed insieme d’Amor ragionando.
Ver è, ch’ell’eran di maturitate
     Di costumi, e di senno, e di valore,
     15E di bellezza molto, e molto ornate.
E volto verso là, il primo ardore
     Della bellezza dell’altre fu spento
     Di tutte fuor che d’una nel mio core.

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Sicch’io con passo mansueto e lento
     20A quelle m’appressai com’io potei,
     Ed a mirarle mi disposi attento.
Tra l’altre che io prima conoscei
     Fu quella ninfa Sicula, per cui
     Già si maravigliaron gli occhi miei.
25Oh quanto bella lì negli atti sui
     Biasimando le fiamme di Tifeo,
     Si sedea ragionando con altrui,
Mostrando come per quelle perdeo
     L’amato sposo in cieco Marte preso,
     30Allor che tutto vinto si rendeo
In Lipari lo stuolo, ond’elli offeso
     Col bianco monte nel campo vermiglio
     Ne fu menato, ove ancora è difeso,
Mutando inchiusa dell’aureo giglio,
     35Donde doleasi, perch’a lui riavere
     Non valean preghi, denar, nè consiglio.
Ove costei così al mio parere
     Quivi doleasi, attenta l’ascoltava
     Giovine donna di sommo piacere,
40Simile a cui nessuna ve ne stava,
     Per quel ch’a me paresse, nel suo viso,
     Che d’ogni biltà pien si dimostrava.
Sariasi detto che di paradiso
     Fosse discesa, da chi ’ntentamente
     45L’avesse alquanto rimirata fiso.
E com’io seppi ell’era della gente
     Del Campagnin, che lo Spagniuol seguio
     Nella cappa, nel dire, e con la mente;

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A sè facendo sì benigno Iddio,
     50Che d’ampio fiume di scïenza degno
     Si fece, come poi chiar si sentio;
Facendo aperte col suo sommo ingegno
     Le scritture nascose, e quinci appresso
     Di Carlo Pinto gì nello Dio regno,
55Facendo sè da quella in cui compresso
     Stette Colui che la nostra natura
     Nobilitò, nomar, che poi l’eccesso
Asterse della prima creatura
     Colla sua pena, e quivi coronata
     60Della fronda pennea con somma cura
Raggiugnea fior per farsi più ornata,
     Mostrando sè tal fïata pietosa
     Della noia dell’altra a lei narrata.
Con questa era colei ch’essere sposa
     65E figliuola perdè quasi in un anno,
     Di brun vestita e nel viso amorosa:
Oggi tornando dove i fabbri stanno
     Vulcanei, e Miropoli, e coloro
     Ch’ornan di freno e di sella, all’affanno
70Me’ sostener l’animal, ch’al sonoro
     Percuoter di Nettuno apparve fuori
     Nel bel cospetto del celeste coro.
Ed il bel nome che i gemmier maggiori
     Danno alla perla, è il suo cognome,
     75Gli Asini legan di que’ guardatori.
Splendida, chiara e bella era siccome
     Nel ciel si mostra qual più luce stella,
     Di vel coperte l’aurate chiome.

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Vaga più ch’altra si sedea con ella
     80Un’altra Fiorentina in atto onesto,
     Assai passante di bellezza quella.
Ben m’accors’io chi era, e che dal sesto
     Cesare nominato era il marito,
     Qual, chi ’l conosce, il pensa a lei molesto.
85Guardando adunque nel piacente sito
     Costoro, e altre che v’erano assai,
     Sentiva ben da me mai non sentito
In guisa tal, ch’io men maravigliai.