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CAPITOLO XLIII. 175

A sè facendo sì benigno Iddio,
     50Che d’ampio fiume di scïenza degno
     Si fece, come poi chiar si sentio;
Facendo aperte col suo sommo ingegno
     Le scritture nascose, e quinci appresso
     Di Carlo Pinto gì nello Dio regno,
55Facendo sè da quella in cui compresso
     Stette Colui che la nostra natura
     Nobilitò, nomar, che poi l’eccesso
Asterse della prima creatura
     Colla sua pena, e quivi coronata
     60Della fronda pennea con somma cura
Raggiugnea fior per farsi più ornata,
     Mostrando sè tal fïata pietosa
     Della noia dell’altra a lei narrata.
Con questa era colei ch’essere sposa
     65E figliuola perdè quasi in un anno,
     Di brun vestita e nel viso amorosa:
Oggi tornando dove i fabbri stanno
     Vulcanei, e Miropoli, e coloro
     Ch’ornan di freno e di sella, all’affanno
70Me’ sostener l’animal, ch’al sonoro
     Percuoter di Nettuno apparve fuori
     Nel bel cospetto del celeste coro.
Ed il bel nome che i gemmier maggiori
     Danno alla perla, è il suo cognome,
     75Gli Asini legan di que’ guardatori.
Splendida, chiara e bella era siccome
     Nel ciel si mostra qual più luce stella,
     Di vel coperte l’aurate chiome.