A sè facendo sì benigno Iddio, 50Che d’ampio fiume di scïenza degno
Si fece, come poi chiar si sentio;
Facendo aperte col suo sommo ingegno
Le scritture nascose, e quinci appresso
Di Carlo Pinto gì nello Dio regno, 55Facendo sè da quella in cui compresso
Stette Colui che la nostra natura
Nobilitò, nomar, che poi l’eccesso
Asterse della prima creatura
Colla sua pena, e quivi coronata 60Della fronda pennea con somma cura
Raggiugnea fior per farsi più ornata,
Mostrando sè tal fïata pietosa
Della noia dell’altra a lei narrata.
Con questa era colei ch’essere sposa 65E figliuola perdè quasi in un anno,
Di brun vestita e nel viso amorosa:
Oggi tornando dove i fabbri stanno
Vulcanei, e Miropoli, e coloro
Ch’ornan di freno e di sella, all’affanno 70Me’ sostener l’animal, ch’al sonoro
Percuoter di Nettuno apparve fuori
Nel bel cospetto del celeste coro.
Ed il bel nome che i gemmier maggiori
Danno alla perla, è il suo cognome, 75Gli Asini legan di que’ guardatori.
Splendida, chiara e bella era siccome
Nel ciel si mostra qual più luce stella,
Di vel coperte l’aurate chiome.