Amori (Savioli)/XXII - All'Amica gelosa
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Deh per pietà silenzio
Al rio sospetto imponi,
Ed alla guancia tenera
4La bianca man perdoni.
Certo Megera allegrasi
Dell’ira tua non vana,
E scote i serpi, ed agita
8Al sen la face insana.
Se frutti Amor fa nascere
Tanto al tuo ben funesti,
Sempre infecondo e sterile
12Per nostro meglio ei resti.
Fati sì rei promettere
Al mio desir non parve
Quel dì, che agli occhi attoniti
16Il tuo bel volto apparve.
Poco da te dissimili
Per la fiorita etate,
Al fianco tuo sedeano
20Tre giovinette ornate.
Te lunge, ognuna a Venere
Ugual sembrar potea:
Tu v’eri allor; mi parvero
24Le Grazie, e tu la Dea.
Sai che non mento; io viditi
Cento amatori appresso
Arder palesi, o taciti,
28Del nostro foco istesso.
Non tanti già per Elena
Proci la Grecia espose
Quel dì fatal, che Tindaro
32Lor Menelao prepose.
Che non soffersi io misero,
Finchè il mio fato il volle?
Quel che a te costa or lagrime,
36Agli occhi miei costolle.
Infine Amor sospinsemi
Uso a giovar gli audaci:
T’amo, gridai: rispondere
40M’intesi: e tu mi piaci.
Dei labbri, ond’elle uscivano,
Credei le note appena:
Troppo era dolce il premio
44Della sofferta pena.
E che a tuoi doni io perfido
Obblío maligno opponga?
Che al tuo giammai l’imperio
48Di donna altra preponga?
No; tu dal giovin animo
Il timor freddo escludi:
Gli euri sonanti il portino
52Nelle Letee paludi.
Ma guai se te la facile
Antica età vedea:
Se te pur or dell’Asia
56Barbara terra avea.
Bella e fedele Andromaca,
Onor di Frigie nuore,
Chi non lo sa? per Ettore
60Arse di caldo amore.
Pur con ancelle estranie
Spesso divise il letto;
Nè si sdegnò di porgere
64A’ non suoi figli il petto.
Forse parrà l’esempio
Da’ casi tuoi distante:
Sposa a soffrir condannasi
68Quel che non soffre amante.
Nè tu, s’io sfugga insania,
Soffrir, mia vita, il dei;
Nè tu dovrai dividere
72Non ch’altro i guardi miei.
Per Giove no, ch’ei ridesi
D’un amator spergiuro,
Per te, per l’ira insolita,
76Che sola io temo, il giuro.
Pur, benchè tanto siami
Lo sdegno tuo discaro,
Mai non celarlo: ei piacemi
80Più d’un silenzio amaro.
Imperíosa vergine
Al forte Ercole piacque:
N’ebbe l’ingrato annunzio
84Deíanira, e tacque.
Quai frutti infausti uscissero
Di gelosía secreta,
I doni, e ’l rogo il dicano,
88Ch’arse funesto in Eta.