Alcuni discorsi sulla botanica/II/La botanica appo gli antichi
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SCHIZZI STORICI SULLA BOTANICA
EPOCA PRIMA
Sogliono le arti e le scienze non per salti, ma passo passo per una serie di gradi più o meno regolare, più o meno interrotta procedere verso il loro perfezionamento. Studii e sforzi successivi dell’uomo e delle età le spingono innanzi quando purgandole dagli errori, che vi erano serpeggiati, quando riempiendo le lacune che rimanevano, quando finalmente riducendo a miglior ordine, legge e simmetria i materiali preparati dai maggiori. Di ciò nasce, che recando ogni generazione, ogni secolo, la sua pietra a questo che è comune edifizio, che è comune patrimonio della umanità, niuno è che possa davvero approfondire in una scienza, s’ei, non risalga alle prime origini di essa per quindi accompagnarne a mano a mano i successivi svolgimenti, che è quanto dire vera scienza non può essere, dove dalla sua Storia tu la disgiunga. Di assai buone cose si troveranno fatte in antico, molte vie additate, per le quali giova incamminarsi; perfino gli errori, perfino i vaneggiamenti dei grandi ingegni vogliono essere conosciuti, o vuoi per scansare gli scogli, nei quali eglino naufragando hanno urtato, o perchè di là stesso, per contrarie argomentazioni, si prese soventi volte occasione od impulso a luminose scoperte. E ancora per questo modo apprenderemo a stimare convenientemente quelle verità, di cui siamo al possesso, considerando la molta fatica e lo studio che hanno costato; apprenderemo a qual punto sieno da cominciare le indagini per progredire oltre quello, che fu fatto avanti di noi, a sceverare il noto dall’ignoto, a non lasciarci abbagliare da sembianze di novità dove è vecchia la sostanza, infine a non correre dietro a futili ipotesi, a sistemi capricciosi, che l’esperienza dei secoli ha già riprovati. Se questo può dirsi delle discipline tutte in generale, vale ancora più nelle scienze naturali, dove l’utilità degli studj storici è più diretta e maggiore, essendo che in esse le cognizioni di rado sono effetto del caso, o l’opera istantanea del genio, sì bene il risultato di lunghe e pazienti ricerche, di minute osservazioni accumulate a poco a poco, gelosamente custodite, e poi qual sacro deposito trasmesse dall’una all’altra generazione. Interrogare pertanto le memorie della botanica, o vogliamo dire tesserne in iscorcio la Storia, gli è quanto indagare quella traccia misteriosa, sulla quale si è venuto mano mano costruendo e perfezionando questo nostro scientifico edifizio, che ora si presenta come un lutto compiuto e bene architettato.
Ma innanzi che io entri in materia mi giovi ricordare, non essere intento mio di stendere a rigor di termini la Storia compiuta delle condizioni e vicende di questi nostri studj. Altro non mi propongo che tracciarne per sommi capi le epoche più luminose, contento ad accennare quei fatti soltanto, che ai progressi di questa scienza tornarono, causa od occasione che fossero, più profittevoli, e ricordare le cose necessarie a sapersi da chi voglia tener dietro nel corso dei tempi all’andamento di questi studj importantissimi ai quali mi sono dedicato.
Nulla di nuovo o giovani, nulla di recondito e peregrino vi saprò dire forse mai, e meno ancora in sì trito argomento. Ma tuttavia oltre all’utile, oltre quel secreto piacere, che sempre accompagna le ricordanze del passato, soddisferemo insieme anche ad un debito di riverenza e di gratitudine verso quei sommi, che ci furono autori e maestri di tutto che sappiamo. E voglio sperare e n’ho fiducia, che il gran nome di loro, la fama a cui sono saliti, l’aureola immortale che li circonda, non abbiano a lasciare freddo e indifferente il vostro animo generoso, anzi lo scaldi e lo sollevi così alla stima di quella scienza, che fu il loro amore e la loro gloria, come ad una nobile emulazione e proposito di imitarli.
Se egli è vero, come tengo verissimo, che quelle scienze debbono supporsi nate anzitutte, le quali versano sopra oggetti, che siano di maggiore bisogno e di più comune uso per gli uomini, ne segue per necessaria induzione, che la botanica abbia a risalire ai più remoti tempi, tanto da doversi quasi confondere colle origini del genere umano. Imperocchè collocato l’uomo nudo e inerme sulla terra, gli fu forza bentosto cercare negli oggetti naturali sparsi con tanta profusione intorno a lui non solo l’alimento e il vestire, ma sì ancora quanto gli potesse tornar utile per conservare la salute, per procacciarsi, e sempre più accrescere gli agi e i piaceri della vita. Ai quali fini niente di più acconcio che le piante potresti immaginare, chiaro essendo che di leggeri potevano esse, massime in quella semplicità primitiva del mondo, colle radici, colle foglie, coi frutti, colla corteccia, col legno, cogli umori loro soddisfare largamente ai desiderj dell’uomo. E ben ci pare, che a codesta intima attinenza delle piante coi nostri primi e più stringenti bisogni accenni quella antichissima universale tradizione dei popoli, la quale assegna per dimora ai mortali nella fortunata condizione della innocenza un’ameno giardino, ricco e fiorente d’ogni maniera di vegetali. Sì fatta credenza è così comune alle nazioni di razza semitica stanziate nell’Asia centrale, che perfino il nome scelto a significare quel primitivo soggiorno troviamo presso a poco il medesimo nel linguaggio d’ognuna. E chi non vede, fa qui notare l’Humboldt molto a proposito, la grande affinità del vocabolo Paradiso, proprio dell’antica lingua persiana, coll’ebreo Pardés, coll’arabo Firdaus, col siriaco Partés, e col sanscritto Paradésa adoperati ad esprimere un medesimo concetto! Ma non fu solo il bisogno, che indusse l’uomo ad occuparsi dei vegetabili, ma quel provvido istinto altresì della curiosità, quel desiderio di conoscere, che in lui pose natura, istinto e desiderio, che lo porta a volgere lo studio, ad esercitare l’intelligenza sopra quelle opere stupende di una invisibile onnipotenza, dalle quali è circondato. Laonde essendo le piante continuamente tra le mani dell’uomo ragion vuole, che egli dovesse a poco a poco abituarsi a distinguere le une dalle altre per poter sceverare le nocive dalle vantaggiose, prescegliere quelle che meglio potevano servirlo, e mercè l’opera dello ingegno affinarne gli utili prodotti. Di tal maniera nacque la botanica, ma rozza ne’ suoi principj e limitata quasi esclusivamente alla cognizione empirica di poche piante usuali. Che se ora vogliamo discendere a rintracciare nei tempi storici o tradizionali quali fossero le nazioni, che prime tolsero a coltivarla e ad ampliarla, si troverà essere state appunto le più antiche, di cui è arrivata fino a noi la memoria.