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generoso, anzi lo scaldi e lo sollevi così alla stima di quella scienza, che fu il loro amore e la loro gloria, come ad una nobile emulazione e proposito di imitarli.
Se egli è vero, come tengo verissimo, che quelle scienze debbono supporsi nate anzitutte, le quali versano sopra oggetti, che siano di maggiore bisogno e di più comune uso per gli uomini, ne segue per necessaria induzione, che la botanica abbia a risalire ai più remoti tempi, tanto da doversi quasi confondere colle origini del genere umano. Imperocchè collocato l’uomo nudo e inerme sulla terra, gli fu forza bentosto cercare negli oggetti naturali sparsi con tanta profusione intorno a lui non solo l’alimento e il vestire, ma sì ancora quanto gli potesse tornar utile per conservare la salute, per procacciarsi, e sempre più accrescere gli agi e i piaceri della vita. Ai quali fini niente di più acconcio che le piante potresti immaginare, chiaro essendo che di leggeri potevano esse, massime in quella semplicità primitiva del mondo, colle radici, colle foglie, coi frutti, colla corteccia, col legno, cogli umori loro soddisfare largamente ai desiderj dell’uomo. E ben ci pare, che a codesta intima attinenza delle piante coi nostri primi e più stringenti bisogni accenni quella antichissima universale tradizione dei popoli, la quale assegna per dimora ai mortali nella fortunata condizione della innocenza un’ameno giardino, ricco e fiorente d’ogni maniera