Acarnesi (Aristofane-Romagnoli)/Parodos
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PARODOS
I coreuti entrano tumultuosamente, impugnando pietre
e cercando per ogni dove.
corifeo
Strofe
Per di qui, tutti, alla caccia: si dimandi qualche indizio
di quell’uomo a quanti passano; ché faremo un buon uffizio
alla patria, catturando quel briccone.
Agli spettatori.
Un con la tregua,
spettatori, l’ha veduto niun di voi, che strada segua?
coro
si aggruppa intorno al corifeo, danza e canta.
Fuggi, spari! Troppi anni mi gravano le spalle!
Ah no!, da giovin, quando ben sapea, con le balle
di carbone sul dorso — seguir Faillo al corso,
non mi saria sfuggito, l’uom con la tregua, né
trovato avria si facile scampo nell’agii pié.
Simulano di nuovo un’affannosa ricerca.
corifeo
Antistrofe
Ora invece che ho la ruggine negli stinchi, e del vegliardo
Lacratide, mio compagno, il ginocchio è reso tardo,
or s’invola. Ma inseguiamolo: mai sarà che di beffarne
diasi vanto: di beffare, benché vecchi, quei d’Acarne,
coro
riaggruppandosi intorno al corifeo
chi a patti col nemico venne. Zeus padre e Dei,
contro cui truce addoppio guerra, pe’ campi miei.
Ma come intorno a remo — fune, ci avvingheremo
addosso a lui, serrati, tormentosi, molesti,
sicché le care vigne mai piú non ci calpesti.
corifeo
Ma cercarlo ci conviene — dalla parte di Pailene,
e inseguirlo in ogni strada — finché in mano egli ci cada,
ché giammai di farne strazio — con le pietre sarò sazio.
diceopoli
di dentro
Silenzio, silenzio!
corifeo
Zitti, zitti! Avete udito, — miei compagni, quell’invito?
L’uom che noi cerchiamo è questo: — si ritragga ognun qui presto,
in disparte: egli vuol fare — sacrifizio, a quanto pare.
Si ritirano nella pàrodos destra.
Dalla casa di Diceopoli esce una processione fallica. Precede la figliuola di Diceopoli, in (unzione di canefora, con sul capo la cesta contenente gli arredi sacri. Segue il servo Rosso col fallo. Diceopoli chiude il corteggio, e sua moglie guarda dalla terrazza.
diceopoli
Silenzio, silenzio!
Si faccia un poco innanzi la canefora,
e Rosso tenga ben diritto il fallo.
donna
Posa la cesta, o figlia. E mano all’opera!
ragazza
O mamma, dammi il méstolo, ché voglio
versare del purè su la stiacciata.
diceopoli
Sta bene! — E tu concedi, o re Diòniso,.
che a te questo corteo guidando in giubilo,
e sacrifizi offrendo coi domestici,
i Baccanali campagnuoli io celebri
felicemente, e addio dica agli eserciti:
e il patto dei trentanni abbia buon esito!
moglie
alla figlia.
Bella figliuola, porta con bel garbo
la cesta, e fa’ la grinta di chi biascica
l’erba cunella. Oh fortunato l’uomo
che ti si piglierà, che avrà da te
donnole, brave non meno di te
a trar corregge, quando spunta l’alba!
Sll’, fatti avanti, e bada che nessuno
t’abbia a involare, fra la calca, l’oro.
diceopoli
Rosso, voialtri, dietro alla canefora
tenete ritto il fallo; ed io, seguendovi,
canterò l’inno fallico. Dai tegoli
tu, moglie, fa’ da spettatrice! — Avanti!
Canta.
Fallo, di Bacco amico, di notturni trastulli
compagno e d’orge, vago di spose e di fanciulli,
dopo sei anni, oh giubilo!, t’ho allín nelle mie terre,
sto in pace, e mando al diavolo Lamachi, affari e guerre.
Fallo, Fallo, qaant’è meglio ristoro
trovare una vezzosa boscaiòla,
serva di Strimodoro,
che in una balza aride legna invola,
prenderla a mezzo il seno, sul terreno
gittarla, e far con lei giocondo ballo!
O Fallo, Fallo,
bevi con noi, ché del notturno vino
ebbro ancor, sul mattino
di pace gusterai colmo un catino,
e penderà lo scudo sul camino.
coro
uscendo dal nascondigli.
Proprio lui, proprio lui, guarda!
Scaglia, scaglia, scaglia, scaglia!
Lapidiam quella canaglia!
Che si tarda, che si tarda?
Cominciano a scagliar sassi.
Strofe
diceopoli
Che affare è, questo? Per Ercole, romperete la pignatta!
coro
No, no, d’ammazzare coi sassi — te proprio, birbone, si tratta!
Investono Diceopoli, e con una danza avvolgente lo spingono verso sinistra.
diceopoli
O saggissimi Acarnesi, qual n’è dunque la cagione?
coro
E ardisci dimandarmelo? Sei sfrontato e briccone!
Traditor della patria! Poi che deposte l’armi
hai. tu sol fra noi tutti, in volto osi guardarmi?
diceopoli
A che patto le deposi, non sapete: date ascolto....
coro
Darti ascolto? Sei morto! Tra i sassi andrai sepolto!
diceopoli
No, non pria d’avermi udito: calma, calma, o bravi amici!
coro
Calma? Non voglio averne, non vo’ udir quel che dici!
Piú di Cleon, che in suole ridurre pei calzari
dei Cavalieri io voglio, d’odio degno m’appari!
Diceopoli è incalzato sino al muro della sua casa:
cessano i canti c le danze.
Con le ciarle vuoi confondermi? Non sperar che ti dia retta.
T’accordasti coi Laconi, ne vo’ trarre aspra vendetta.
diceopoli
I Laconi, o dolci amici, via, lasciateli da parte,
e sentite la mia tregua, se la seppi far con arte.
coro
Ma che arte, quando a patti sei venuto con le genti
che non sanno rispettare fede, aitar, né giuramenti!
diceopoli
Coi Laconi ce l’abbiamo troppo! Ed essi, lo so bene,
non han poi tutta la colpa, se noi siamo in tanti pene!
coro
Non l’han tutta, o malfattore? Queste cose spiattellarmi
chiare e tonde ardisci in faccia? Come vuoi ch’io ti risparmi?
diceopoli
Non l’han tutta, non l’han tutta! Se vi parlo, vi dimostro
ch’essi pure hanno patito, che in gran parte il torto è nostro!
coro
Detto orribile, e che il cuore mi sconvolge! Temerario
sarai si che la difesa prenderai dell’avversario?
diceopoli
E col capo sopra il ceppo vo’ parlare, se per caso
non dicessi il giusto, e il popolo non restasse persuaso.
coro
Dite un po’, compaesani? Che s’aspetta a dargli addosso
con le pietre, si che sabbia da trovare un manto rosso?
Cominciano a tirare.
diceopoli
Qual vi fe’ negro tizzone ribollir, d’Acarne prole?
Non volete, non volete proprio udir le mie parole?
coro
Proprio no, non le udiremo!
diceopoli
Patirò fato si duro?
coro
Crepi qui, se mai t’ascolto!
diceopoli
Acarnesi, vi scongiuro!
coro
Tu sei morto!
diceopoli
Dunque i denti converrà che anch’io vi mostri!
A mia volta i piú diletti porrò a morte amici vostri.
Degli ostaggi ho in mio potere: or li prendo, ora li scanno.
Entra di furia in casa.
corifeo
Dite un po’, quale minaccia si nasconde a nostro danno,
o Acarnesi, nei suoi detti? Forse alcun dei nostri figli
tien prigione in casa? O donde tanto ardire awien ch’ei pigli?
diceopoli
Toma con una cesta di carbone, la solleva, e fa atto di trafiggerla
Oh, tirate, se vi piace! Ma costei qui pongo a morte!
Dei carboni vedrò presto quanto a cuor vi stia la sorte.
coro
Me infelice! Sono preso! Paesana è quella cesta!
Ah, ma tanto non ardisci.... No, t’arresta, no, t’arresta....
A gran passi raggiunge Diceopoli.
diceopoli
Antistrofe
È spacciata! strilla pure: al tuo dir chiusi ho gli orecchi.
coro
La mia prediletta compagna tu dunque a svenar t’apparecchi?
diceopoli
E quand’io parlavo, ascolto mi davate, poco fa?
coro
Ma di’ or quel che brami! Spiega pur come va
che tanto prediligi gli Spartani; e non sia
che in abbandono io lasci la cestellina mia.
diceopoli
Ogni ciottolo, per prima cosa, a terra adesso vada.
coro
Ecco qui, sono a terra: rinfodera la spada.
diceopoli
Ma badiamo che qualcuno nel mantel non ve ne resti!
coro
Sono a terra! Ve’ come lo scuoto! Coi pretesti
tu non venirmi innanzi. Metti via quell’acciaro!
E scuotere e rivolgersi vanno cosí del paro.
Scuotendo con mosse ritmiche le vesti, i coreuti vanno ad aggrupparsi
in bell’ordine intorno all’altare di Diòniso.
diceopoli
Rivolto ai carbonai, con accento patetico e tragico.
Stavate per levare alti lamenti!
Anche un istante, e del Parnète spento
era il carbone, e ciò per le stranezze
dei borghigiani suoi. — Per lo spavento,
con un fittume d’atra polve, a guisa
di seppia, il cesto m’imbrattò. Che guaio,
che sappiano costor tanto d’agresto
da scagliar sassi e sbraitare, senza
stare a sentir ragioni, né discutere,
mentr’io vo’ dire, col capo sul ceppo,
quanto ho da dire in prò’ dei Lacedemoni!
E pure, a cuor mi sta la vita mia!
coro
Strofe
Ché dunque il ceppo sopra la soglia non esponi,
e queste gran ragioni
che tu hai, non ci dici, sciagurato? Ché io
di conoscere quanto mulini ho gran desio.
Via, come tu patto facevi, tendi
sul ceppo il collo, e a favellare imprendi.
diceopoli
Con tono oratorio.
Ecco, vedete, il ceppo è questo, e questo
qui, l’uom che parlerà.... piccino tanto.
mostra il mignolo.
Io lo scudo non vo’ d’alcuna ambage:
difendo Sparta, e vi dirò perché.
Certo assai temo, conoscendo l’indole
dei bifolchi, che gongolan, se laudi
a loro e alla città loro, a proposito
o a sproposito mesca un qualche bindolo,
e non s’accorgon d’esser messi in trappola.
E dei vecchioni non m’è ignoto l’animo,
come non vedon piú in là del mordere
col voto. E so quel ch’io con la commedia
l’anno scorso patii: ché innanzi ai giudici
mi trascinò Cleone, con calunnie
e con menzogne, e m’ mondò con l’impeto
d’un Cidobòro; ond’io fra i gorghi sudici
quasi perii. — Ma camuffar lasciatemi,
prima ch’io parli, come uom pitocchissimo.
coro
Antistrofe
A che mai tali indugi, tai raggiri, tai mene?
Prendere ti conviene
da Geronimo 1‘ ispidopelososcurofolto
casco d’Averno, e cingerne, per isfuggirmi, il volto,
e di Sisifo aver l’accorgimento:
ché non patisce ambagi un tal cimento.