Vite dei filosofi/Libro Quinto/Vita di Demetrio

Libro Quinto - Vita di Demetrio

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Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)
Libro Quinto - Vita di Demetrio
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CAPO V.


Demetrio.


1. Demetrio di Fanostrato era falereo. Egli udiva Teofrasto.

II. Essendo oratore presso gli Ateniesi governò dieci anni la città, e fu stimato degno, di trecensessanta immagini di bronzo, di cui la maggior parte era sovra cavalli e bighe e quadrighe, condotte a fine in meno di trecento giorni, tanta sollecitudine vi si pose. Demetrio magnesio negli Omonimi dice ch’ei fu capo della repubblica quando, fuggendo Alessandro, Arpalo venne in Atene. Molte cose e utilissime alla patria fece nel suo reggimento; poichè e di entrate e di edifizi accrebbe la città, sebbene e’ non fosse di stirpe nobile.

III. Era egli, al dire di Favorino nel primo dei Commentari, della famiglia di Conone, civile per altro ed illustre.

IV. Vivea, come afferma lo stesso nel primo, in compagnia di Lamia sua innamorata.

V. E come racconta nel secondo, avea anche ceduto all’amore di Cleone.

VI. Didimo ne’ Simposiaci dice che era chiamato da non so qual cortigiana Grazioso-palpebre e Raggiante.

VII. Narrasi che avendo perduti gli occhi in Alessandria, nuovamente e’ gli ottenne da Serapide; il perchè compose gli inni che sino a oggi si cantano. [p. 398 modifica]

VIII. Per quanto appo gli Ateniesi splendesse, fu anch’esso dall’invidia che tutto rode offuscato; poichè, tesegli insidie da taluno, venne, assente, condannato alla morte. Non però s’impadronirono del suo corpo; ma contro al bronzo vomitando il veleno, ne levarono le statue, alcune vendendo, alcune sommergendo, altre mettendo in pezzi per far pitali — chè anche ciò si racconta — una sola serbatane nell’Acropoli. Favorino, nella Varia istoria, dice che gli Ateniesi fecero questo per ordine del re Demetrio; ma che parimente, secondo Favorino, accusarono il suo governo come illegale. — Narra Ermippo ch’egli, dopo la morte di Cassandro, per timore di Antigono, si recò da Tolomeo Sotere; ch’ivi dimorato assai tempo, tra l’altre cose consigliò anche a Tolomeo di rivestire delia regia autorità i figli avuti dall’Euridice; che Tolomeo non ne fu persuaso, ma avendo lasciato il diadema al figlio che avea dalla Berenice, costui, dopo la morte del padre stimò e proposito di far custodire Demetrio in paese finchè di lui qualche cosa avesse disposto; che quivi Demetrio visse più scorato che mai, e che a caso dormendo, puntagli da un aspide la mano, passò di vita, e fu sepolto nella provincia Busirite presso Diospoli. — Noi gli abbiamo fatto quest’epigramma:

     Pien d’impuro veleno un aspe uccise
        Il sapiente Demetrio; ei non vibrava
        Luce dagli occhi, ma d’Averno il tosco.


Eraclide nel Compendio delle successioni di Sozione racconta come Tolomeo, volendo cedere la regia podestà a Filadelfo, Demetrio nel dissuadesse dicendo: Se [p. 399 modifica]darai ad un altro, non avrai tu. — Quando fu in Atene falsamente accusato — anche questo ho appreso — poco mancò che il comico Menandro venisse condannato non per altra cagione che per essere suo amico; ma Telesforo cugino di Demetrio intercesse per lui.

IX. Alla moltiplicità dei libri e al numero dei versi sorpassò pressochè tutti i Peripatetici del suo tempo, essendo per sceltezza di erudizione e molta sperienza pari a qualunque. Dei quali libri alcuni sono istorici, alcuni politici, alcuni poetici, alcuni retorici; e di aringhe e di legazioni e fino raccolte di favole esopiche, e altre molte; e sono: Della legislazione degli Ateniesi, 1, 2, 3, 4, 5 — Dei cittadini ateniesi, 1, 2 — Del favor popolare, 1, 2 — Della politica, 1, 2 — Delle leggi, 1 — Della retorica, 1, 2 — Di cose militari, 1, 2 — Dell’Iliade, 1, 2, — Dell’Odissea, 1, 2, 3, 4, — Tolomeo, 1 — L’amoroso, 1 — Fedonda, 1, — Medone, 1 — Cleone, 1 — Socrate, 1 — Artaserse, 1 — L’Omerico, 1 — Aristide, 1 — Aristomaco, 1 — L’esortatore, 1 — Per la repubblica, 1 — Del decennio, 1 — Degli Ionii, 1, — Di ambasceria, 1 — Della fede, 1 — Della grazia, 1 — Della fortuna, 1 — Della magnanimità, 1 — Del matrimonio, 1 — Del trave, 1 — Della pace, 1 — Delle leggi, 1 — Delle consuetudini,1 — Dell’occasione, 1, — Dionisio, 1 — Calcidico, 1 — Incursione di Ateniesi, 1 — Di Antìfone, 1 — Proemio istorico, 1 — Epistole, 1 — Assemblea giurata, 1 — Della vecchiezza, 1 — Diritti, 1 — Esopiche, 1 — Di sentenze, 1, — Stile filosofico, mista l’efficacia retorica alla forza. [p. 400 modifica]

X. Quando seppe Demetrio che gli Ateniesi avevano abbattute le sue immagini, disse: Non però la virtù per cui le innalzarono. — Diceva: Non essere una piccola parte le sopracciglia se possono oscurare tutta la vista. — Non solo appellava cieca la ricchezza, ma anche la fortuna che di quella è guida. — Quanto il ferro è potente in guerra, altrettanto, affermava, valere nelle repubbliche la parola. — Vedendo una volta un giovine dissipatore: Ecco, disse, un Mercurio quadrato, che ha veste con istrascico, ventre, pudende e barba. — Diceva che agli uomini ambiziosi era mestieri, ora recidete l’altezza, ora lasciare l’animo elevato. — Diceva che i giovani in casa rispettar devono i genitori, per le vie coloro che incontrano quando sono soli, sè stessi.E che devono gli amici, nelle prosperità, venire se sono chiamati, nelle sventure, spontaneamente. — Questo pare che gli si attribuisca.

XI. Venti furono i Demetri degni di considerazione. Primo, un retore cartaginese, più antico di Trasimaco. — Secondo, quest’esso. — Terzo, un bizantino, peripatetico. — Quarto, uno che fu chiamato il pittore chiaro nel raccontare. Veramente costui era anche pittore. — Quinto, un aspendio, discepolo di Apollonio da Soli. — Sesto, un calaziano che scrisse Venti libri sull’Asia e sull’Europa. — Settimo, un bizantino, il quale scrisse in tredici libri il passaggio dei Galli dall’Europa nell’Asia, e in altri otto le imprese di Antioco e di Tolomeo e il governo della Libia sotto di quelli. — Ottavo, quello che abitava in Alessandria, scrittore dell’arti retoriche. — Nono, un grammatico adramiteno, [p. 401 modifica]soprannomato Issione per qualche offesa, pare, fatta a Giunone. — Decimo, un grammatico cireneo, quello che era soprannomato Urna, uomo notabile. — Undecimo, uno scepsio, uomo ricco e nobile e cima di letterato. Egli fu il primo institutore del suo concittadino Metrodoro. — Dodicesimo, un grammatico eritreo, ascritto, in Mno, tra’ cittadini. — Tredicesimo, un bitinio, figlio dello stoico Difilo e discepolo di Panezio da Rodi. — Quattordicesimo, un retore smirneo. — Questi, prosatori, poeti poi: Primo, un compositore della vecchia commedia. — Secondo un poeta epico, del quale solamente ebbero a salvarsi questi versi contro gli invidiosi:

     Spregiano vivo, quel che bramati morto;
     E un giorno per la tomba e il non spirante
     Simulacro discute la cittade
     Contese, e il popol si commove a rissa.


— Terzo, un satirico da Tarso. — Quarto, uno scrittore di jambi, uomo acerbo. — Quinto, uno statuario ricordalo da Polemone. — Sesto, un eritreo, un uomo che scrisse di molte cose, e compose libri storici e retorici.