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398 | capo v |
VIII. Per quanto appo gli Ateniesi splendesse, fu anch’esso dall’invidia che tutto rode offuscato; poichè, tesegli insidie da taluno, venne, assente, condannato alla morte. Non però s’impadronirono del suo corpo; ma contro al bronzo vomitando il veleno, ne levarono le statue, alcune vendendo, alcune sommergendo, altre mettendo in pezzi per far pitali — chè anche ciò si racconta — una sola serbatane nell’Acropoli. Favorino, nella Varia istoria, dice che gli Ateniesi fecero questo per ordine del re Demetrio; ma che parimente, secondo Favorino, accusarono il suo governo come illegale. — Narra Ermippo ch’egli, dopo la morte di Cassandro, per timore di Antigono, si recò da Tolomeo Sotere; ch’ivi dimorato assai tempo, tra l’altre cose consigliò anche a Tolomeo di rivestire delia regia autorità i figli avuti dall’Euridice; che Tolomeo non ne fu persuaso, ma avendo lasciato il diadema al figlio che avea dalla Berenice, costui, dopo la morte del padre stimò e proposito di far custodire Demetrio in paese finchè di lui qualche cosa avesse disposto; che quivi Demetrio visse più scorato che mai, e che a caso dormendo, puntagli da un aspide la mano, passò di vita, e fu sepolto nella provincia Busirite presso Diospoli. — Noi gli abbiamo fatto quest’epigramma:
Pien d’impuro veleno un aspe uccise
Il sapiente Demetrio; ei non vibrava
Luce dagli occhi, ma d’Averno il tosco.
Eraclide nel Compendio delle successioni di Sozione racconta come Tolomeo, volendo cedere la regia podestà a Filadelfo, Demetrio nel dissuadesse dicendo: Se da-