Vite dei filosofi/Libro Primo/Vita di Chilone
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CAPO III.
Chilone.
I. Chilone di Demageto fu spartano. Compose un’elegia di dugento versi — Diceva: La previdenza delle cose future, comprensibili alla ragione, essere virtù dell’uomo — A suo fratello, che mal comportava di non essere eforo, sendolo egli, disse: Io so tollerare le ingiurie, e tu no — Fu eforo intorno alla cinquantesima quinta olimpiade — intorno alla sesta, dice Panfile — e, secondo Sosicrate, fu primo eforo sotto Eutidemo e fu il primo a persuadere che si aggiugnessero gli efori ai re — Secondo Satiro fu Licurgo — Erodoto, nel primo libro, racconta che sagrificando Ippocrale in Olimpia, e le caldaie di per sè stesse bollendo, Chilone lo consigliasse a non ammogliarsi, o, avendo donna, a rimandarla ed a rifiutare i figliuoli.
II. È fama che avendo egli chiesto ad Esopo: che cosa Giove stesse facendo, costui gli rispondesse: Abbassa le cose alte, e le basse innalza — Chiestogli in che differissero i dotti dagli ignoranti? Disse: Nelle buone speranze — Che cosa fosse difficile? Tacere le cose segrete — Usar bene dell’ozio — Poter comportare le ingiurie — Anco questi precetti sono suoi: Contieni la lingua, massime ne’ conviti — Non dir male dei vicini, altrimenti udirai da essi cose che ti attristeranno — Non minacciare alcuno; che è da femmina — Accorri più presto alla sventura degli amici che alla buona fortuna — Fa nozze assegnate — Non dir male di un morto — Onora i vecchi — Guardati da te stesso — Scegli piuttosto lo scapito che il turpe guadagno, poichè quello una sol volta ti affliggerà, questo per sempre — Non burlarti dello sventurato — Chi è forte sia mansueto, onde coloro che gli stanno presso lo rispettino piuttosto che nol paventino — Impara a governar bene la tua casa — La lingua non precorra alla mente — Comanda alla tua collera — Non essere avverso alla divinazione — Non desiderare l’impossibile — Non affrettarti per via — Parlando non dimenate le mani, che è da pazzo — Obbedisci alle leggi — Usa il riposo. Tra i suoi detti poetici il più riputato è questo:
Prova dell’oro fan la sassee coti; |
III. Narrasi che una volta, sendo egli già vecchio, dicesse che la sua coscienza nol mordeva per alcuna ingiustizia che in sua vita avesse commesso; ma che aveva un dubbio su di una. Poichè un giorno, dovendo giudicare un amico, lo condannò bensì secondo giustizia, ma persuase un amicoFonte/commento: Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/476 ad assolverlo, onde entrambi fossero salvi e la legge e l’amico.
IV. Grande celebrità ebbe, particolarmente appresso i Greci, per una sua predizione, intorno a Citera, isola de’ Lacedemoni. Poichè conosciutane la natura: Oh, disse, non fosse mai stata; o tosto nata, sommersa! E ben previde! imperciocchè Demarato, fuggito dai Lacedemoni, consigliò Xerse a raccogliere le navi in quell’isola; e forse la Grecia sarebbe stata sorpresa, se Xerse lo avesse ascoltato. Da ultimo, Nicia, durante la guerra peloponnesiaca, sottomessa quell’isola, e postovi entro presidio ateniese, moltissimi danni faceva ai Lacedemoni.
V. Chilone era stringato nel discorso; il perchè Aristagora milesio appellò Chilonia quella maniera. Ed era pur quella di Branco; di colui che fabbricò il tempio ch’è ne’ Branchidi. Era già vecchio intorno alla cinquantesima seconda olimpiade, quando fioriva Esopo il favolatore; e morì, come narra Ermippo, in Pisa abbracciando il figliuolo vincitore olimpico nel pugilato. Questo gli avvenne e per l’eccesso della gioia e per la debolezza dell’età grave. E quanti erano a quel solenne convegno, gli fecero grande onoranza di esequie. V’ha sopra di lui un nostro epigramma:
A te grazie, o lucifero Polluce,
Se del verde oleastro al pugilato
Il serto cinse di Chilone il figlio!
Che se per gioia sì moriva il padre
Mirando il figlio incoronato, sdegno
Non n’abbia — Ah potess’io così morire!
Sta scritto anche sotto l’imagine di lui:
L’inclita Sparta generò Chilone
De’ sette savii in sapiente il primo.
VI. È sua anche questa breve lettera:
chilone e periandro.
„Tu mi avvisi la spedizione che sei per fare contro i fuorusciti, cui tu stesso vuoi anche seguire. In quanto a me, come monarca, tengo per mal sicure eziandio le cose dimestiche; e stimo felice quel tiranno il quale, in casa, da per sè stesso muore“.