Leon Battista Alberti

XV secolo Indice:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu Saggi letteratura Villa Intestazione 12 settembre 2008 75% Saggi

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III


VILLA

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Compera la villa per pascere la famiglia tua, non per darne diletto ad altri. Vedi e rivedi prima che tu statuisca piacerti quello per cui tu darai quello che a tutti piace, cioè il danaio. E se forse ti piace oggi, ripensa se posdomane e’ possa meno piacerti. Non giova la fretta. E forse nuoce la fretta, ove per indugiare nulla a te peggiori. Compera da chi amava la possessione, non da chi più tempi cercò alienarla. Non è caro quello che si compera quanto dagli altri se ne truova, e assai bene compera chi compera da buon padrone. Quello che tu male comprasti una volta te ne pentirai molte. Sempre potrai spendere il tuo danaio meglio che tu non potrai vendere il terreno. Uno culto campo in luogo non buono sarà peggiore che un sodo posto in buon sito. Sarà situato non bene quel campo a cui stia di petto il fiume. Ancor e’ fie piggiore il mal vicino, dirieto o da lato che sia. Cosa divina dicono essere il buon vicino. Così, pel contrario, tanto ène pessima il vicino non buono. Né fertile campo in luogo malsano, né sterile campo in paese ben sano mi piace. Non è sano dove tutto l’anno tutti non siano sani. La terra puoi tu emendare, d’acquosa renderla asciutta, se l’è magra stercorarla, ma non mai immuterai il cielo. Sterile campo sarà non quello che solo nulla frutti, ma e ancor quello che non ti renda premio alle fatiche pari. Fertile sarà quello quale per sé assai si sustenti senza altro grassume. Alla possessione se manca la casa, meno gli manca che se alla casa mancano e’ terreni. Quella villa sarà ottima a cui bisognerà fatica, non ispesa. E sia la villa non come una casa posta lungi dalla [p. 360 modifica]piazza, tale che dal mercato bisogni comperare ogni cosa e portarvi, ma sia tale che indi t’avanzi, da sale infuori, se puoi, d’ogni cosa, qual possi portare e vendere a mercato. Come de’ figliuoli, così della villa: una ène poco, due sono assai, tre sono troppi.

Comperata la villa, in prima cura ch’e’ vicini t’amino nulla meno che s’amino e’ tuoi parenti. E saranno e’ parenti a ogni tuo aiuto più molto tardi che gli amici. E dove ène il vicino amico, in qualche parte puoi dire esservi tu. Ameratti qualunche riceverà da te quelle cose quali, se tu da lui le ricevessi, lo ameresti. A chi t’ama fuggi esserli in fatti o in detti noioso o grave.

Fornisci la casa di quello bisogna e di quello può forse bisognare. Compera niuna di quelle cose, quali puoi prendere da e’ tuoi terreni. Chi ha uno arato solo, ène senza arato; se n’arà due, sconcio l’uno, arà da non perdere tempo intanto e adoperar l’altro. Sarà fornito bene chi arà da prestar del suo ad altri. E a chi bisognerà pregare ad altri ne’ suoi bisogni, costui sarà troppo disfornito. Cosa dura il bisogno, e cosa dura il pregare; qual due cose giunte insieme sono intollerabili e più dannose che gravi. E se a te pare il pregare facile, molto più sarà a me facile il negarti quello che tu prieghi. E col spesso chiedere qual vuoi cosa sempre tu porterai molestia.

Piace ad Esiodo, elegantissimo poeta greco, quel lavoratore quale partirà il pane in quattro parti e d’ogni parte farà otto bocconi; e voglionlo tale ch’e’ domi il campo, non che il campo stracchi lui. A’ servi, a’ giumenti mai darai ozio. E dicono che la fame e il bisogno abita vicina all’ozio. A questi comanderai cose utili, darai quello che sia necessario, e adoperera’li in quello a che e’ sieno atti e accommodati. Non vorrai facciano il dì quello possono poi fare la notte, né in dì da lavorare gli occuperai in faccende quale e’ possano essequire il dì della festa. E instituira’li che in luogo niuno stieno più assidui che nel campo, e nulla meno facciano che fare nulla. E tu, quando sia sereno il dì, stima [p. 361 modifica]turbulenta e brutta l’ombra della casa. Quello che tu puoi con l’asino, non vi adoperare il servo. Tua sia l’industria del comandare; de’ servi sia opera ubidirti e fare quanto comandasti. Studia di comandare una volta per più opere e per più dì. Schifa il comandare più volte o a più persone per una cosa. Assai ti satisfa colui a cui s’apartiene ubidire, se fa quanto e quando tu gli comandasti e ordinasti. Chi da sé fa le cose utili e lodate, costui ène ottimo. Chi fa quando tu l’ordinasti, costui secondo luogo presso a quell’ottimo ène buono. Chi non fa né da sé, né quando altri gliel ricorda, costui ène di tutti pessimo. Tutti e’ buoni amici fuori di casa non rimedieranno a’ danni che farà un mal servo in casa. In cosa niuna meno ti nuoce un mal uomo in casa che in tôrti la roba. Chi non ha che perdere e perde, perde quello che dovea avere. Niuno animale teme la collotola dell’uomo, ma, per bestiale e ferocissimo che sia, teme il fronte. E solo il fien greco dicono gode esser negletto: ad ogni altra cosa affermano sempre nuocere la negligenza.

Composta la casa, e’ servi e le cose, accomodagli al lavoriero. Dicono a questo la prima cosa esser cruciarsi con la terra, adoperarvi il fuoco e ’l ferro assiduo: la seconda bene stercorare: la terza bene accomandare alla terra quello di che tu ne aspetti il frutto. Dice Esiodo: «ara nudo, semina nudo, e mieti nudo». Gli antiqui affermano esser utile meno seminare e meglio arare; e dicono nulla meno doversi che troppo bene cultivare il campo, bastare assai ove e’ ben sia governato. Alla vigna darai nulla e torrai nulla. Al campo togli che non inebrii, al prato dàlli che non asseti. E di ciò che tu predi alla terra, lasciane qualche parte a chi lo nutrì e fugli mamma. Non stercorare se non con l’estremo della luna. E né prima né poi trassinar il coadunato per stercorare. E’ tronchi delle fave sono veneno a ogni culto. Ogni altra cosa che nacque e crebbe sempre fie buona per stercorare. Più nuoce il troppo stercorare che non giova il poco; più molto giova assai stercorare che non nuoce il troppo. Atto a stercorare sarà, adunque, qualunque cosa da picciolo crebbe [p. 362 modifica]in maggiore. E di queste sono migliori quelle che tardi si putrefanno. E di queste quelle che sono più trite. E di queste quelle che viddero più soli e men vento, più freddo e meno acqua. Ma di tutti e’ grassumi ottimo sarà che tu sputi su’ quattro canti del campo ogni calende. Più lodano chi seminò tre dì prima, che chi seminò due dì doppo. La semente primaticcia rare volte inganna, ma quella che sia tarda inganna sempre. Se spargi il seme fuori di stagione, non lo semini ma lo getti via. Seminerai che la luna ti vegga. Altri dicono che ’l seme seminato sotto la luna intermenstrua non produce vermi. Poni degli arbori piccoli, e pota e’ cresciuti. Impiaga il suscino, il ciriegio e ’l melo. L’ulivo, non lo ferire e non lo strignere. Non por seme in caldo luogo qual sia nato in freddo. Non solo lo ulivo fugge il troppo caldo e anche il troppo freddo, ma e ogni radice nutrita dalla terra ama l’aiere temperato. Poni la vigna al sole ed ogni tua espettazione. Volgi le spalle all’ombra grave, la ghianda, el pino, l’abete, la picea. La foglia rara, quella che tremola e quella che è caduca, non sono amiche, ma non sono nimiche. Nimico alla vite è il lauro e anche il caulo; e sdegnano e’ pampani il rapano, e aodiano el caule. Ma nulla tanto nuoce a tutta la villa quanto non guatare ogni dì dove il sol si lieva e dove e’ si pone. Quello che tu puoi oggi, non aspettar domani. Quello che tu non puoi, non debbi, e quello che tu dovevi, rimane tra le cose che ora non si possono. A chi perde tempo s’acrescono faccende, lo ’ndugio rende il fine contumace e fuggitivo. La mattina porta la metà della via, e con la mattina viene il terzo d’ogni buona faccenda.

Ben cultivato il campo, ne vengono le ricolte. Sega, mieti e cogli quando e’ non cresce e prima ch’e’ discresca. Non spiccar l’uva né calda, né rugiadosa. Dicono l’uva colta in interlunio dura non morsa da e’ minuti animali. Calca co’ piedi sotto a te la luna e insieme il mosto. Ventilla e riponi il grano sotto la luna estrema. Ciò che ti diè la terra, fidalo alla terra. Altri dicono la terra essere il lupo delli dii. Ma se la terra non beve, ella non mangia. Sono acqua, cenere e [p. 363 modifica]calce morte a ogni seme. Ciò che tu tagli, svegli o tondi, osserva che la luna smagri e non ti vegga. Sarà ottima ricolta quella che sia non piggiore che quella de’ tuoi vicini, e sarà grande quella che chiederà piccola spesa. Migliore ricolta fie quella che adempierà tutti e’ mesi, che quella che adempierà tutti e’ grannai. Riponi le cose in luogo che tu ve le ritruovi; adoperale quanto bisogna; serbale quanto tu vuoi; vendile quanto tu puoi. Béi quando la botte sia piena, e béi quando el’è scema. El fuoco mai si spenga in casa, e mai arda indarno. D’ogni frutto della terra rendine parte e grazia a Dio. Niuno dono sarà maggiore che quello quale sia vacuo d’ogni iniustizia. Nulla più iusto a ricchire che la agricultura. E quelle ricchezze quali s’acumulano senza fraude sono uno bene divino. Il molto crebbe di più pochi. Aggiugni opera a opera, scemerai bisogni: aggiugni industria a industria, accresci felicità. Guarda il tuo. Loda l’altrui. Se tu pensi, pensa a’ fatti tuoi. S’tu fai, fa per te e per altri. Se tu favelli, non favellare né di te, né d’altri. E se tu poni, poni de’ frutti altrui.

Delli armenti, delle greggi, dello aviario, delle api, dell’orto e simili alias.