Viaggio sentimentale di Yorick (1813)/XXXVI

XXXVI. Il Nano

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXXVI. Il Nano
XXXV XXXVII

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XXXVI. IL NANO

parigi1


Da un solo e — probabilmente il suo nome si leggerà in questo capitolo — io aveva sino a quel giorno udito fare l’osservazione, e una sola volta da un solo: qual meraviglia dunque ch’io, non essendone preoccupato, ritraessi attonito gli occhi dalla platea? — attonito dell’indefinibile scherzo della Natura nella creazione di tanta turba di nani. È vero che di tempo in tempo la Natura scherza in tutti i canti del globo; ma in Parigi le sue piacevolezze passano tutti i modi: e diresti che la giovialità della Dea va del pari con la sua sapienza.

E però, mentr’io sedeva all’opéra comique, la mia fantasia uscì per le vie a misurare chiunque incontrava — malinconica applicazione! e ben più se si vede una statura minima — con faccia olivastra — occhi vivaci — naso lungo — denti bianchi — guance sporgenti — e quando si pensa — [p. 105 modifica]ed ora scrivendolo non so darmene pace — a tanti tapini sbanditi per forza dell’accidente dalla lor naturale provincia, e raminghi lungo i confini di straniera giurisdizione2 — Due uomini e un nano! — Una classe ha spalle gobbe e testa schiacciata — un’altra ha gambe bistorte — la terza, mentre cresceva, fu tra l’anno sesto ed il settimo sequestrata a quell’altezza di mano della Natura — la quarta, quantunque nell’esser suo sia proporzionata e perfetta, somiglia a’ pomai di razza pigmea, poichè de’ primordj e dalla ossatura del loro individuo si scorge che non furono creati per ingrandire.

Il viaggiatore medico n’incolperebbe l’abuso delle fasce — l’ippocondriaco il difetto d’aria — e il viaggiatore curioso per convalidare il sistema, misurerebbe l’altezza delle case, l’angustia delle vie, e in quanti pochi piedi quadrati tanta bourgeoisie mangia e dorme insieme stivata nel sesto e nel settimo piano — Ma mister Shandy seniore3, il quale non diede mai soluzione conforme all’altrui, discorrendo a veglia di queste materie sosteneva, ed ora me ne ricordo, che i [p. 106 modifica]bambini possono, pari anche in ciò agli altri animali, crescere dal più al meno a qual si voglia corporatura, purchè si lascino venire al mondo a dovere: ma per loro malanno, diceva egli, i parigini s’accavallano l’uno a ridosso dell’altro che, per dirla giusta, non trovano luogo da poter generare — che generare? — tu generi nulla — anzi, e rincalzava il ragionamento, peggio che nulla; se dopo venti o venticinque anni di sollecite cure e d’alimenti sostanziosissimi il corpo che tu hai generato m’arriva appena al ginocchio — Mister Shandy seniore era picciolissimo, onde non si poteva dire di più.

Siccome questo mio non è libro dottrinale, lascio la soluzione tal quale la trovo, e mi contento dell’osservazione la quale si verifica in qualunque vicolo o via di Parigi. Passando per quella che dal Carrousel sbocca al Palais-Royal, mi venne veduto un fantolino impacciato dal rigagnolo che vi scorre nel mezzo, e gli diedi mano a saltarlo. Voltandolo a me a rimirarlo m’accorsi che avea quarant’anni — Tant’è, dissi meco: qualche buon anima mi sarà parimente caritatevole quand’io forse n’avrò novanta.

E sento un istinto che m’inchina alla misericordia verso questi mal arrivati aborti della mia [p. 107 modifica]specie, i quali non hanno gagliardìa nè presenza da farsi largo nel mondo. Nè potrei veder soverchiato veruno d’essi, e non risentirmene. Ma non sì tosto m’assisi accanto al vecchio ufficiale, seguì sotto al nostro palchetto una scena che esercitò il mio naturale risentimento.

Havvi a capo dell’orchestra, tra l’orchestra e il primo ordine de’ palchetti, una piazzetta riserbata, dove quando il teatro è affollato molte persone d’ogni grado vi si ricovrano, standosi ritti come nel parterre, e pagando come se sedessero nell’orchestra. Un povero animaletto inerme della classe pigmea fu, non so come, travolto in quel tristissimo asilo — era una sera d’estate, ed egli si stava attorniato d’animali due piedi e mezzo più alti di lui, e indicibilmente, dovunque ei si volgesse, angustiato. Ma la sua maggiore tribolazione era il gran corpo d’un tedesco da sei in sette piedi, il quale si frapponeva direttamente tra il nano ed ogni possibilità di mandare un’occhiata alla scena e agli attori. Industriavasi il meschinello alla meglio per poter esplorare le cose alle quali egli sapeva d’essere presente, e mendicava qualche spiraglio tra il braccio e il torso di quel tedesco provandosi or da un lato, or dall’altro: ma quel tedesco s’era piantato tutto d’un [p. 108 modifica]pezzo nella positura la più indiscreta che uno si possa ideare — poteva bensì il nano idearsi d’essere allora nel più profondo pozzo della città: però allungò con creanza la mano sino alla manica del tedesco e gli disse la sua passione — il tedesco si volse, lo squadrò come un dì Golia con David — e si ripiantò inesorabile nella sua positura.

Io mi pigliava in quel punto una presa nella tabacchiera del mio buon frate — Oh come il tuo mite e cortese spirito, caro il mio frate, sì temperato a patire e a compatire — oh come inchinerebbe affabilmente l’orecchiò alla querela di questa povera creatura!

E sì dicendo, levai gli occhi al cielo con tal commozione, che il vecchio ufficiale francese si fece animo d’interrogarmi, di che mai si trattava? — L’informai in due parole, e mi dolsi di tanta inumanità.

Ma già il nano ridotto agli estremi, aveva ne’ primi impeti, che sono per lo più irragionevoli, minacciato al tedesco: Ti mozzerò col mio temperino la tua lunga coda — Il tedesco lo guardò appena, e senza scomporsi gli disse: Purchè ci arriviate.

Chiunque, e sia chi si voglia, esacerba [p. 109 modifica]l’ingiustizia con lo scherno si provoca addosso la congiura di tutte le persone di cuore4; ed io mi spiccava già dal palchetto per farla finita; ma il vecchio ufficiale francese la finì senza scandalo: si sporse infuori col capo, diè d’occhio a una sentinella, e nominò a dito il disordine — e la sentinella si fece strada — nè bisognavano informazioni; la cosa parlava: però detto fatto fe’ col moschetto ritrarre il tedesco — pigliò il povero nano per una spalla, e glielo mise davanti — Egregiamente! esclamai applaudendo con le mani — Eppure, disse il vecchio ufficiale, ciò in Inghilterra non sarebbe permesso.

In Inghilterra, mio buon signore, risposi, sediamo agiatamente tutti.

E s’io mi fossi trovato allora meco in discordia5 il vecchio ufficiale francese m’avrebbe rimesso d’accordo col dire — e disse in fatti — [p. 110 modifica]C’est un bon mot. E perchè in Parigi un bon mot ha sempre il suo merito, egli m’esibì una presa di tabacco.

Note

  1. Perchè nulla manchi all’accuratezza con cui si è promesso di stampare l’autografo di Didimo, avvertesi, che egli tradusse quest’intitolazione così: PARIGI E MILANO, quantunque in nessuna edizione del testo inglese si trovi nominata la seconda città.
  2. Forse la repubblica delle scimie.
  3. Padre di Tristano Shandy e fratello del capitano Tobia di cui s’è parlato nel capitolo addietro.
  4. Veramente il testo ha: L’ingiustizia, e sia contro chiunque, ove sia esacerbata dallo scherno ec. — Nota dell’edit.
  5. Infatti dopo d’avere applaudito all’atto del soldato francese, lo biasimava contrapponendovi gli usi inglesi: ma Yorick non lasciava andare a male un frisso; tale era la sua natura; inoltre era letterato, quantunque gli bastasse in premio una presa di tabacco.