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C’est un bon mot. E perchè in Parigi un bon mot ha sempre il suo merito, egli m’esibì una presa di tabacco.


XXXVII. LA ROSA

parigi


Or tocca a me a domandare al vecchio ufficiale francese: «Di che si tratta?» — Un grido: Haussez les mains, monsieur l’abbé! echeggiò da dodici varj canti della platea, e inintelligibile a me quanto al vecchio poc’anzi l’invocazione al mio frate.

Sarà, mi diss’egli, qualche povero abbé il quale incantucciatosi lassù nell’ultime gallerie a veder l’opera, e credendosi forse in salvo dietro l’ombra di due grisette, fu adocchiato dal parterre, e si vuole a ogni patto ch’ei si stia durante la recita a mani alzate — Che! un ecclesiastico verrà egli in sospetto di borsajuolo? diss’io; e borsajuolo d’una grisette? Il vecchio sorrise, e bisbigliandomi nell’orecchio m’apri la cortina di certi arcani ch’io non aveva all’età mia penetrati —

Dio mio! diss’io smarrito di confusione — e può egli darsi che un popolo allattato di delicatissimi sentimenti sia poi così impuro e dissimile a se? — Quelle grossiereté!

Risposemi, che con questo villano motteggio