Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo XXXIX

Capitolo XXXIX

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CAPITOLO XXXIX.



Ho promesso un dialogo, e mantengo parola. — Spuntava il giorno; i raggi del sole indoravano ad un tempo la sommità del monte Viso e quella delle montagne più elevate dell’isola ch’è ai nostri antipodi; e già ell’era svegliata, o fosse ciò effetto delle notturne visioni, che spesso le danno grave e inutile travaglio, oppure della prossima fine del carnevale, il qual tempo di piacevole follìa sembra avere influsso sulla macchina umana, come le fasi della luna e la congiunzione di certi pianeti. — Insomma ella era svegliata, svegliatissima; quando anche la mia anima si riscosse dal sopore ond’era legata. [p. 144 modifica]

Già da un pezzo partecipava questa confusamente alle sensazioni dell’altra; ma stava tuttavia ravvolta fra i veli della notte e del sonno, che le parevano tele indiche ed altri tessuti finissimi — e s’aggiungeano trecce di biondi capegli scarmigliati, nastri annodati, monili di perle a ritenerla più fortemente sotto l’impero di Morfeo.

L’agitazione della più nobil parte di me stesso fra tanti impacci si comunicava all’altra; e questa a vicenda reagiva potentemente sopra di lei. — Io era quindi ridotto in uno stato difficile a descriversi; quando alfine la mia anima, sia sagacità, sia caso, trovò modo di liberarsi. Ignoro s’ella si avvenne in qualche uscita; o se, com’è più naturale, sollevò semplicemente i veli, ch’io diceva: il fatto è, che sorse assai assai bene a respi[p. 145 modifica]rar nuova vita. Le bionde trecce in disordine, che prima gli erano ostacolo, divennero per lei mezzo di scampo, come l’erba della riva, a cui s’appiglia l’uomo, che sta per affogare. Ma la collana di perle si ruppe nello sforzo, e queste sfilandosi andarono sparse sul sofà, ed indi sul pavimento della camera di madama d’Hautcastel. — Perocchè la mia anima, per una bizzaria di cui sarebbe difficile rendere ragione, s'imaginava essere con quella signora; e solo, al cadere d'un certo mazzolino di viole alquanto grosso, risvegliatasi interamente, rientrò in sè, conducendo al suo seguito la ragione e la realtà. Come può ben pensarsi, ella disapprovò fortemente quanto era accaduto in sua assenza; e qui comincia il dialogo, che forma il soggetto di questo capitolo. [p. 146 modifica]

Mai la mia anima non era stata sì male accolta; e i rimproveri che si avvisò di fare guastarono affatto ogni accordo, produssero un’aperta ribellione.

«Così dunque, ella disse all’altra, mentr’io era assente, in luogo di riposar le tue forze con sonno tranquillo, e renderti più abile ad eseguire i miei ordini, ti abbandoni sfacciatamente (parola acre per verità) a’ trasporti, che ben sapevi ch’io avrei condannati?».

Poco avvezza a tale alterigia, l’altra le rispose tutta stizzita:

«Davvero signora (e ciò per togliere a un tratto ogni famigliarità) davvero signora, che a voi stanno bene questi grandi arie di decenza e di virtù! Come non sia effetto degli strabalzi della vostra imaginazione, e della [p. 147 modifica]stravaganza delle vostre idee tutto quello che vi dispiace in me. — Perchè non eravate voi meco? — Perchè avrete voi dritto di godere senza di me nelle frequenti escursioni che fate sola sola? -— Ho io mai disapprovati i vostri giri per l’empireo o ne’ campi elisi; le vostre conversazioni colle pure intelligenze; le vostre speculazioni profonde (ciascuno sente l’ironia); i vostri castelli in aria; i vostri sistemi sublimi? — Ed io intanto non potrò, quando mi abbandonate, godere dei beneficj che la natura mi concede, gustar de’ piaceri ch’essa mi presenta?».

La mia anima, sorpresa di tanta vivacità ed eloquenza, non sapea che replicare. — Onde ricomporre le cose, tentò di dar colore di benevolenza al rabbuffo che udiste, e, per non sembrare che cercasse di riconciliarsi, ima[p. 148 modifica]ginò di prendere anch’essa il tuono della cerimonia. — «Signora, disse dunque ella pure con affettata cordialità (non si accorgendo per la passione quanto fosse ridicolo in sua bocca e in questa disputa un tale appellativo) vi accerto che nulla mi sarebbe più grato, che il vedervi godere, anche senza di me, tutti i piaceri, di cui la vostra natura è capace, se questi non vi fossero nocevoli, e non alterassero l’armonia, che...». Ma qui fu sdegnosamente interrotta. — «No, no, risparmiate le artificiose parole, con cui già non riuscite ad allucinarmi: — la forzata dimora, che facciamo insieme in questa camera, ove da noi si viaggia; — la ferita ricevuta poc’anzi, che ancora stilla sangue, e fu per riuscirmi fatale; — non sono frutto del vostro orgoglio stravagante, dei [p. 149 modifica]vostri barbari pregiudizj? Il mio ben essere, la mia stessa esistenza non è contata per nulla, quando vi strascinano le vostre passioni; — e voi pretendete ch’io creda all’amor vostro, e attribuisca ad esso le vostre amare invettive?».

La mia anima vide bene di non sostenere in quest’occasione la parte più decorosa. — D’altronde il calor della disputa ormai ne avea tolto il motivo. — Quindi approfittando della prima occasione di declinarla: fa del caffè, diss'ella a Gioannetti, che entrava nella camera. — Il rumor delle tazze avendo attirata l’attenzione dell’insorgente, questa all’istante obliò tutto il resto. Così, mostrando un balocco a’ fanciulli, si fanno loro dimenticare le frutta malsane, che domandano battendo de’ piedi. [p. 150 modifica]

Io m’assopii insensìbilmente, intanto che l’acqua si riscaldava. — Il lettore si ricorderà di quello che altra volta gli dissi dell’indefinibil piacere di sentirsi dormire. — Lo strepito aggradevole, che producea Gioannetti, percotendo la caffettiera ad uno degli alari del camminetto, ripeteasi nel mio cervello, e facea vibrare tutte le mie fibre sensitive, come il tremito d’una corda d’arpa fa risuonare le ottave. — Alfine io vidi quasi un’ombra dinanzi a me; aprii gli occhi; era Gioannetti! — Oh! qual profumo? Qual piacevole sorpresa? Del caffè! del fior di latte! una piramide di pane abbrustolato! — Buon lettore! asciolvi con me.