ginò di prendere anch’essa il tuono
della cerimonia. — «Signora, disse
dunque ella pure con affettata cordialità
(non si accorgendo per la passione
quanto fosse ridicolo in sua bocca
e in questa disputa un tale appellativo)
vi accerto che nulla mi sarebbe
più grato, che il vedervi godere, anche
senza di me, tutti i piaceri, di
cui la vostra natura è capace, se questi
non vi fossero nocevoli, e non alterassero
l’armonia, che...». Ma qui
fu sdegnosamente interrotta. — «No,
no, risparmiate le artificiose parole,
con cui già non riuscite ad allucinarmi:
— la forzata dimora, che facciamo
insieme in questa camera, ove da noi
si viaggia; — la ferita ricevuta poc’anzi,
che ancora stilla sangue, e fu per
riuscirmi fatale; — non sono frutto
del vostro orgoglio stravagante, dei