Viaggio in Dalmazia/Del Corso della Cettina, il Tilurus degli Antichi/12. Della Paklara, o Remora de' Latini

12. Della Paklara, o Remora de' Latini

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12. Della Paklara, o Remora de' Latini
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§. 12. Della Paklara, o Remora de’ Latini.

Io chiuderò questa mia Lettera col raccontarvi un fatto, al quale darete il valore che merita. Voi avrete più, e più volte letto negli antichi Naturalisti qualche miracolo della Remora, o Echeneide: e non senza scandalezzarvene un poco vi sarete incontrato nel racconto di Plinio, che dopo d’aver riferito sull’altrui fede un ritardo per questo pesce accaduto ad Antonio, positivamente asserisce una nave montata da Caligola, equipaggiata di quattrocento rematori, essere stata fermata, mentre il resto della flotta se ne andava a [p. 102 modifica]buon viaggio, da uno di questi pesci. Io l’ò letto, e mi sono contentato di stringermi nelle spalle, senza rompermi il capo a pensare qual principio naturale, e di fatto potesse aver avuto un’opinione così generalmente ricevuta, che anche un uomo di spirito, come per certo era Plinio, ne parlava asseverantemente1. Il caso me lo fece scoprire. Noi facevamo vela fra la Vrullia ed Almissa portati da un vento fresco, ed uguale dopo il mezzogiorno. Tutti i marinaj stavano in riposo, ’l solo timoniere vegliava in silenzio alla direzione della barca; quando all’improvviso lo udimmo chiamare ad alta voce uno de’ compagni, e comandargli, che venisse ad uccidere la Paklara. Trovavasi meco il nostro dotto Amico Signor Giulio Bajamonti; egli sospettò di che si trattava, e chiese di vedere il pesce, cui ’l nostro timoniere volea morto: ma il pesce se n’era fuggito. Interrogato il timoniere, uomo assai ragionevole, e pescatore di professione, del perchè voleva che fosse uccisa la paklara, e che male gli avea fatto, egli rispose con positivissima asseveranza „che la paklara usava di prendere il ti[p. 103 modifica]mone co’ denti, e ritardava il corso delle barche tanto sensibilmente, ch’egli non solo, ma tutti i pescatori timonieri usavano d’accorgersi ch’ella vi era, senza vederla.“ Aggiunse „che molte e molte volte, egli medesimo l’avea colta sul fatto; che avea preso, e mangiato sovente di questo pesce; che frequentemente usava trovano nelle acque di Lissa; che la di lui figura rassomiglia al Congro, e la lunghezza non suol eccedere un piede, e mezzo; e che s’io avessi voluto vederne, e sorprenderne bastava, che alla buona stagione andassi colle peschereccie a far qualche viaggio fra l’Isole di Lesina e Lissa, dove ogni anno egli ne aveva trovato.“ Io non voglio, che crediate totalmente al mio Pilota: ma vi confesso, che ò una gran voglia di cogliere la paklara attaccata al timone d’una barca, che vada a vela. La resistenza meravigliosa de’ muscoli d’alcuni piccioli viventi marini come sono le Lepadi, che resistono così pervicacemente alla forza, che le vorrebbe staccare da’ loro scogli; il colpo che parte rapidamente dalla Torpedine, conosciuta in Venezia sotto il nome di Pesce Tremolo, e nel mare di Dalmazia sotto quello di Trnak; il vigore che mostrano i Dentici ne’ loro divincolamenti convulsivi, quando anche si trovano fuori del loro elemento, (per lasciar da parte quelli de’ pesci maggiori, come sono i Tonni, i Delfini, i Capidogli) mi fa sospettare che se non può essere vero alla lettera quanto della Remora ci lasciarono scritto gli Antichi, tutto non possa esser falso. È certamente cosa degna di qualche riflesso, che Plinio parli così a lungo di questo fenomeno come d’un fatto noto, e non rivocabile in dubbio: e che i Greci abbiano fabbricato sul fondamento della facoltà remorante di questo pesce la superstizione di appenderlo alle donne gravide talora per fermare i parti [p. 104 modifica]sino al tempo della maturità, e talora per promuoverne l’esito coll’idea che dovesse tener ferme nella buona positura le partorienti. Io non sono però così facile a credere le cose stravaganti, che della forza remorante d’un picciolo pesce sia persuaso; e tengo soltanto il nome di Paklara come più prudentemente usato, che quello di Remora.

La differenza, che passa fra la Remora, o l’Echeneide degli Antichi, e la Paklara de’ nostri si è, che la prima quasi costantemente trovasi descritta come un Testaceo, la seconda è del genere delle Murene. Amatemi, pregiatissimo Amico; e pregatemi dal Cielo lunghi viaggi, e buona salute.

  1. Ruant venti licet, & sæviant procellæ (echeneis) imperat furori, viresque tantas compescit, & cogit stare navigia . . . Fertur Actiaco Marte tenuisse prætoriam navim Antonii properantis circumire, & exhortari suos, donec transiret in aliam. Ideoque & Cæsariana classis impetu maiore protinus venit. Tenuit et nostra memoria Caii principis ab Astura Antium remigantis . . . . Nec longa fuit illius moræ admiratio, statim caussa intellecta, quum e tota classe quinqueremis sola non proficeret. Exilientibus protinus qui id quærerent circa navim invenerunt adhærentem gubernaculo, ostenderuntque Cajo indignanti hoc fuisse quod se revocaret quadringentorumque remigum obsequio contra se intercederet . . . . Qui tunc, posteaque videre eum limaci magnæ similem esse dicunt . . . . E nostris quidam Latinis Remoram appellavere eum. C. Plin. Sec. Nat. Hist. I. XXXII. C. I.