Viaggio in Dalmazia/Del Corso del fiume Kerka, il Titius degli antichi/6. Corso del Fiume sino alla caduta di Roschislap

6. Corso del Fiume sino alla caduta di Roschislap

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6. Corso del Fiume sino alla caduta di Roschislap
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§. 6. Corso del Fiume sino alla caduta di Roschislap.

A destra degli Archi corre pel profondo suo letto fra’ monti divisi la Kerka, e vi fa una caduta presso a un povero Casale aggiacentevi, che veduto dall’alto è delizioso, ma non gode forse in quella profondità d’aria molto salubre. Così è in bassa, e uliginosa Valle situato cinque, o sei miglia più sotto il Monastero de’ Calogeri di S. Arcangelo sul Fiume, alle radici d’un monte, che à la sommità, parte di marmo brecciato ghiajoso, parte di Dalmatino volgare, e ’l piede di pasta totalmente diversa, e molto meno antica. La strada, per cui si discende verso il Monastero, è cavata sulla costa, e lascia vedere parecchi strati di pietra scissile, di varie durezze, che ora si sfarina sotto le dita, ora si scaglia come le selci, ora è piena di ciottoli fluitati, e può essere detta Terra calcarea, petrosa, brecciata di ghiaja. Sembra che il Fiume, attraversato dalla caduta improvvisa di qualche gran pezzo di monte, abbia sormontato di molto in lontani tempi l’ordinario livello, e deposto colà quegli strati di belletta, e mescolativi i sassolini. Quantunque io vi abbia cercato minutamente, per quella fanghiglia indurata nessun vestigio di corpi marini ò potuto scoprire, e quindi ò creduto, che avesse origine fluviatile. Come facilmente accada, che si stacchino gran pezzi di marmo dall’altezze de’ monti, che quasi perpendicolarmente sorgendo formano le sponde alla Kerka, da cui furono [p. 121 modifica]squarciati, ben lo provano i contorni della quarta caduta di esso Fiume a Roschislap. Eglino sono sparsi di massi rovinati dalla sommità de’ monti. L’ultimo scoglio, che si è precipitato alle rive del Fiume, da cencinquanta piedi d’altezza, pella violenta scossa di Tremuotom fattosi colà sentire del 1769, à settantadue piedi di circonferenza, e una procerità corrispondente. Egli è composto di sassi fluitati bianchi, avvinati, grigj, e finalmente d’ogni colore, e grado di compattezza. Nella maggior parte di quelli che sono coloriti, veggonsi delle Lenticolari; e in una scheggia tratta da questo masso incontrai cosa, che non m’accadde di vedere altre volte sin ora, vale a dire, le Lenticolari calcinate, e divenute bianchissime, senza che sieno punto guaste le loro concamerazioni, che coll’ajuto d’un buon vetro si distinguono perfettamente vuote. Stava il masso caduto del sessantanove su la più alta parte del monte attaccato a un ciglione inaccessibile a’ giorni nostri. Fa d’uopo, che fosse meno impossibile il salirvi ne’ secoli trapassati: mentre sulla faccia esteriore del masso sfaldatosi è scolpita l’Iscrizione sepolcrale d’un antico Soldato. Se la ragione condotta semplicemente dalle replicate sperienze giornaliere non bastasse a far intendere, che lo stato antico della superficie del nostro Globo à sofferto delle mutazioni grandissime non solo millennarie, ma secolari ancora, e spezialmente ne’ luoghi montuosi, questo esempio lo proverebbe particolarmente pel paese attraversato dal Fiume Kerka, e potrebb’essere applicato a tutti gli altri confinanti ai fiumi, e torrenti montani. Colassù sarebbe d’uopo mandare coloro, che standosene ben adagiati, e riparati nelle loro stanze, pronunziano magistralmente, che la Terra nostra è precisamente adesso nello stato medesimo, in cui ell’era sessanta secoli addietro, e si credono d’aver pro[p. 122 modifica]vato assai quando adducono in confermazione della opinione loro, nata dal non avere osservato, i rimasugli di Antichità rimota, che restano ancora scoperti in alcuni luoghi elevati, dimenticandosi di tutti quelli, che si trovano affatto sepolti. A Voi dev’essere più d’una volta accaduto d’aver contesa con sì fatti ragionatori, nè avrete risparmiato in rispondendo loro gli sfaldamenti, ed avvallamenti delle montagne, la distruzione di esse lentamente operata dalle acque, i Vulcani, che le scombussolano talvolta, e ne alterano la struttura, i cangiamenti de’ letti de’ fiumi, gl’ingojamenti, e gli abbandonamenti del mare, de’ quali tanti esempj ci conservano le Storie, e tanti più ne sanno leggere gli occhi sicuri dell’Osservatore.

La cascata di Roschislap, veduta di fronte forma un aggradevole colpo d’occhio; ella dev’essere magnifica sul finire d’Autunno, e in Primavera. Ad ogni modo però non essendo possibile, ch’ella superi la cascata di Terni, io trovo, che il suo vero punto di vista è nel cuore della State. Il Fiume è largo in quel luogo da trecento passi geometrici; lo attraversa uno stretto, e lungo ponte di sessant’archi, rozzo, e mal inteso, ma solido lavoro Turchesco. Fra questo ponte, e la Cascata sono parecchi mulini; quindi l’acqua è divisa in varj canali. I ritagli di terra, che giacciono fra queste divisioni, verdeggiano per una quantità d’alberi lussureggianti, che vi crescono felicemente coi benefizio dell’acqua perenne, onde sono inaffiati, e spruzzati. È tratto tratto interrotta la verdura pelle onde, che scendono spumanti, e romorose dall’altezza di circa venti piedi, ora serpeggiando, ora scorrendo per diritto sentiero. Non tutta però l’acqua superiore concorre a formare i varj rivi, che abbelliscono la Cascata; buona parte ne passa per dissotto all’obice petroso. Per quan[p. 123 modifica]to io ò osservato, quel Fiume non lascia incrostazioni tofacee, o tartarose, se non dove trova delle remore ed intoppi marmorei, o dove il declivio è molto considerabile, e ’l corso rapido per conseguenza. Nella pianura di Knin, dove scorre lentamente per un letto uguale, egli non petrifica nè radici, nè piante, quantunque ne bagni di molte; perchè non trova resistenza. Crederei si potesse asseverantemente dire, che dalle rupi, rovinate dall’alto de’ monti nell’alveo della Kerka, sieno state prodotte le varie cateratte, che la rendono innavigabile. Le incrostazioni tofacee trovarono luogo opportuno a crescere negli anfratti, e ineguaglianze di que’ massi; e tanto le aiutò il tempo, e la disposizione del luogo, che giunsero ad obbligare una parte dell’acque a sormontarli, non trovando più sfogo sufficiente per dissotto. Sospetterei poi, che niun’acqua tartarosa, eccettuandone le Termali, lascierà incrostazioni ne’ luoghi, dove avrà lento corso; e che ne lascieranno, tanto le fredde, quanto le calde, sempre in ragione dell’angustia, e del declivio de’ canali, pe’ quali dovranno scorrere. Se le incrostazioni tofacee d’un’acqua tartarosa, cresceranno a maggior volume ne’ luoghi di men rapido corso, e di poco declivio, che ne’ luoghi più angusti, e inclinati, la compattezza, e 'l peso del tofo formatosi in questi compenserà la maggior mole accozzatasi in quelli. Così negli stillicidj delle caverne io ò costantemente osservato finora che que’ torsi, e fusti di Colonne calcareo-spatose, i quali sorgono da’ pavimenti sotterranei, sono di materia più pura, e più compatta in ragione della maggior altezza, d’onde vi cadono le gocciole cariche d’atometti salini, e di particelle cristallizzabili. Le incrostazioni formate da’ fili d’acqua abbondanti, vi sono sempre meno solide, e per conseguenza più cariche di parti terree, e mal colorate. [p. 124 modifica]L’indole degli strati di breccia ghiajosa, che occupano la sommità piana de’ monti, fra’ quali sprofondatosi scorre il Fiume, si manifesta disposta alle rovine, non solamente lungo il di lui letto, ma eziandio lungo i botri, e valloni, che conducono, o in altri tempi condussero, acque eventuali, e mettono nella Kerka. Io ò veduto il piano d’una valletta a destra di Roschislap tutto seminato di gran pezzi di scogli caduti dall’alto; e su d’uno di essi leggonsi i residui d’una corrosa, e mutilata Iscrizione.