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7. Del litorale di Traù verso Spalatro, e della pietra di Milo

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7. Del litorale di Traù verso Spalatro, e della pietra di Milo
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§. 7. Del litorale di Traù verso Spalatro, e della pietra di Milo.

Il litorale di Traù verso Levante è più coltivato, che spazioso. Egli stendesi appiè d’alti monti, e quasi mai arriva alla larghezza d’un miglio e mezzo fra la pianura, e ’l pendio coltivabile.

Due miglia lontano dalla Città sorge dalle radici del monte Carbàn un considerabile capo d’acqua, che non ignobile fiumicello formerebbe se avesse più lungo corso, e non si perdesse appena uscito dalle sotterranee caverne nel padule salso, che fa un po’ di torto all’aria, cui respirano i Traurini. I massi sconvolti, da’ quali esce questa gran fonte di sotto in sù, sono di pietra forte Lenticolare; la parte media del monte è di terra argillosa biancastro-azzurrognola, ora più, ora meno rassodata; la sommità di marmo volgare biancastro, di Brecciato, o di Lenticolare incostantemente, come si può arguire dalle ghiaje, che scendono pe’ rigagni eventuali dell’acque piovane, e pe’ ruscelli perenni, da parecchi de’ quali è irrigato quel delizioso litorale.

Otto macine girano in que’ Mulini, mosse da ruote orizzontali co’ raggi fatti a foggia di cucchiaj secondo l’usanza comune a quasi tutta la Dalmazia. In questo [p. 25 modifica]luogo per la prima volta ò veduto usare le macine composte di molti pezzi di pietra di Milo, ch’io non conosceva per lo innanzi, così chiamata dall’Isola di questo nome nell’Arcipelago. Non crederei agevolmente, che l’Isola avesse tratto il nome dall’uso della pietra1: imperocchè Μήλος non Мύλος fu dagli Antichi chiamata. Quasi tutti i Mulini della Provincia fanno uso di questa sorte di macine, preferendole alle mole pesanti di macigno, perchè girano più velocemente, essendo assai più leggiere, e per conseguenza danno molto lavoro in poco tempo.

L’esame della pietra di Milo m’à chiarito, che da questo apparente vantaggio deono venirne dei danni reali. È questa spezie di pietra bianca, cavernosa, leggierissima di peso in proporzione della sua mole. Nelle due cellule irregolari par che si scuopra a prima vista il lavoro d’un’acqua stillatizia, e che per conseguenza deva riporsi fra i Pori acquei: ma confrontata colle pomici nere spungose, e pesanti de’ Vulcani antichi somiglia ad esse nella tessitura moltissimo. Nel girare rapidamente si consuma, e mescola le sue particelle vitree angolose colla farina, lo che rende il pane arenoso, e dee produrre alla lunga pessimi effetti ne’ corpi umani. Per fare l’uso migliore della pietra di Milo, sarebbe da adoperarla nella costruzione delle volte, ad imitazione de’ Pompejesi, [p. 26 modifica]che formavano le loro colle pomici nere del Vesuvio. Ella è leggiera più, che qualunque altra spezie di pietra, o tufo, e quindi peserebbe poco sulle muraglie laterali; è attissima ad abbracciare il cemento pelle frequenti sue cavità, nè teme punto l’ingiurie dell’aria, o del salso, che alla lunga consumano ogni sorte di marmo, e di pietra cotta, essendo composta di atometti cristallini strettamente unitisi per formarla2.

Oltre i Mulini di Traù stendesi per sino alle antiche rovine della Città di Salona la deliziosa spiaggia de’ Castelli, la di cui amenità è stata da tutti gli Scrittori delle cose Illiriche meritevolmente celebrata. Alcuno di questi Castelli è fabbricato dov’era il Siclis della Peutingeriana, e probabilmente il Sicum di Plinio, nel qual luogo Claudio mandò i suoi Veterani. Le viti, e gli ulivi vi sono così ben coltivati, che da questo breve tratto d’angusta campagna si trae la maggior parte de’ tredici mille barili di squisito oglio, e de’ cinquanta mille d’ottimo vino, che (per quanto mi fu detto, e scritto) formano la rendita media di questi due generi nel Territorio di Traù. Il litorale de’ Castelli, dà anche buona provvisione di mandorle, trecento mille libre di fichi, e qualche poco di grano, che non è però il più ricco prodotto di queste contrade. L’interno del [p. 27 modifica]Territorio, che à quasi cento miglia di circuito nel Continente, produce scarsissima quantità di vino, e forse niente d’oglio; le greggie, che vi pascolano, danno insieme con quelle dell’Isole soggette alla medesima Giurisdizione intorno a quattrocento mille libre di cacio, e lane in proporzione. La popolazione di questo Paese, è d’intorno a venti mille abitanti3.

  1. Cristoforo Crisonio, Autore d’un Isolario ms. fig., che si conserva nella Biblioteca de’ Coo: Draganich Veranzj a Sibenico, asserisce, che l’Isola à tratto il nome dalle pietre. Il Codice mostra di essere stato scritto verso la fine del XV secolo. Il Crisonio nel corpo di quest’Opera, dice d’averne scritto un’altra espressamente pell’Isola di Creta. Ad onta de’ pregiudizj del suo secolo, questo Autore, ch’io credo inedito, à del merito.
  2. Petrosilex opacus, variis foraminulis inordinate distinctus. Wall. Pumex saxiformis, cinereus. Linn. 182, 6.
    La pietra di Milo bianca, leggierissima, sembra non sia individuatamente conosciuta da’ Naturalisti Oltramontani; le convengono però le due definizioni generali del Wallerio, e del Linneo. Bomare la conosce meglio d’ogni altro; ma la chiama poi Quartz Carié, con istranissima denominazione ben più Poetica che Mineralogica.
  3. Credo giusto, e necessario il dichiarare, che i dettagli individuati de’ prodotti, e popolazione del Contado di Traù, mi sono stati gentilmente comunicati per iscritto dal Signor Pietro Nutrizio, colto Gentiluomo di quella Città, insieme con molte altre notizie.