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che formavano le loro colle pomici nere del Vesuvio. Ella è leggiera più, che qualunque altra spezie di pietra, o tufo, e quindi peserebbe poco sulle muraglie laterali; è attissima ad abbracciare il cemento pelle frequenti sue cavità, nè teme punto l’ingiurie dell’aria, o del salso, che alla lunga consumano ogni sorte di marmo, e di pietra cotta, essendo composta di atometti cristallini strettamente unitisi per formarla1.
Oltre i Mulini di Traù stendesi per sino alle antiche rovine della Città di Salona la deliziosa spiaggia de’ Castelli, la di cui amenità è stata da tutti gli Scrittori delle cose Illiriche meritevolmente celebrata. Alcuno di questi Castelli è fabbricato dov’era il Siclis della Peutingeriana, e probabilmente il Sicum di Plinio, nel qual luogo Claudio mandò i suoi Veterani. Le viti, e gli ulivi vi sono così ben coltivati, che da questo breve tratto d’angusta campagna si trae la maggior parte de’ tredici mille barili di squisito oglio, e de’ cinquanta mille d’ottimo vino, che (per quanto mi fu detto, e scritto) formano la rendita media di questi due generi nel Territorio di Traù. Il litorale de’ Castelli, dà anche buona provvisione di mandorle, trecento mille libre di fichi, e qualche poco di grano, che non è però il più ricco prodotto di queste contrade. L’interno del
- ↑ Petrosilex opacus, variis foraminulis inordinate distinctus. Wall. Pumex saxiformis, cinereus. Linn. 182, 6.
La pietra di Milo bianca, leggierissima, sembra non sia individuatamente conosciuta da’ Naturalisti Oltramontani; le convengono però le due definizioni generali del Wallerio, e del Linneo. Bomare la conosce meglio d’ogni altro; ma la chiama poi Quartz Carié, con istranissima denominazione ben più Poetica che Mineralogica.