Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni/5
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AL NOBILE SIGNORE
IL SIG. CO: AURELIO BERNIERI
Itale spose già d’eletti fiori,
Spiranti eterno Chiabreresco odore
Fresche ghirlande, o mio Bernier, recai,
5Or che Tu, luce mia, Tu mio conforto,
Delizia de le Muse, onor di quanta
Ornata Gioventù Parma oggi illustra,
A innamorata Vergine vezzosa
Per beata d’Amor legge t’annodi,
10Mi starò cheto su l’erbose sponde,
Che sempre liete d’odoroso Mirto,
Ombra, e corona mia, bagna Ippocrene?
Ma sin dal primier dì, che dolcemente
Teco m’avvinse al basso vulgo ignota,
15Vera Amistà, cui precedea soave
Somiglianza di studi, e di costumi,
Mirando l’età tua fiorir, qual campo,
Che il novo April di gioventù riveste,
Felice età, che di fanciulle intatte
20Gli sguardi adesca, e ne deliba i primi
Timidi Voti, e la secreta fiamma!
Dissi ad Euterpe: Queste Idalie rose,
Che fè su i gioghi germinar di Pindo
Il Savonese mio, Dea, se ’1 concedi,
25Del tuo diletto Aurelio, onde han più grido
Le Tosche rime, ed i purgati inchiostri,
Saranno al fausto Talamo serbate.
Sorrise a i detti miei l’alta Maestra
De le canore corde, e lampeggianti
30Fin da quel giorno di serena gioja
Girò le belle luci, ond’ Ella suole
A i sommi Vati, e di sua vista degni
Versar ne l’alma, ed agitare in petto
Gli estri divini, e le Febee faville.
35Ed oggi lieta, e rilucente in manto
Aspro di gemme, e col nettareo grembo
Pien di corone, e con la cetra in mano
Non Ella forse in sul mattin m’apparve,
E vive, e pronte a i Nuziali carmi
40Non mi spirò nel seno aure celesti?
Bernier, qual resta di bennata Pianta
Talora unico germe, onde poi novi
Sorgon rampolli a riparar possenti
I lunghi danni de l’annoso tronco,
45Solo restavi del tuo nobil sangue
Pregiato avanzo; ed a Te nova vita
Ne i buon Nepoti omai chiedean pensose
Laggiù fra i Mirti de l’Elisia Valle
L’Ombre de gli Avi Tuoi, che chiari rese
50Gemmata Mitra, e bellicosa spada.
Libero intanto Tu dal bel legame
Condur godevi fra leggiadre cure,
L’allegra gioventù, di cui non hanno,
Credilo a me, dono miglior gli Dei.
55Tu ne i fertili Autunni, allorchè spuma
Di largo mosto, e di protervo riso
La festosa Vendemmia empie le Ville,
Sciolto ten givi a riveder le pingui,
Colte Campagne, da Colui nomate,
60Che contro lo squamoso, immenso Mostro,
Viva peste dei campi, armato corse
Su l’ardente cavallo, e ne l’orrenda
Gola confisse l’invincibil0 Asta,
Ch’ or su le stelle, che a i guerrier del Cielo
65Fan pavimento, folgorar si vede.
Bello è quivi mirar tra l’ardue ripe
Correr Enza fremente, e quasi cerchio
Far con ritorto corso a i Campi tuoi.
Colà qual manca de i piaceri onesti,
70Onde nojata da le urbane stanze
L’alma si disattristi, e si ricrei?
Evvi bella Magion, su le cui porte
Siede indefessa Cortesia custode,
Cui stanno a lato lusinghiere in atto,
75Grate accoglienze, che mentir non sanno.
Colà i dolci Conviti, e colà sono
I dolci sonni, e libertà, che in oro
Vi vergò di sua man quell’aurea legge,
Che a suo grado a ciascun viver consente.
80Così al buon Padre tuo, così a tuoi prodi
Incliti Zii diletta, ambo splendenti
Di maturo consiglio, e d’onor vero,
Ed ambi amanti de 1’erranti cacce,
Che con sagaci, ed a fallir non use,
85Acute nari, e con alato piede,
Che il cenno mai del suo Signor non scorda,
Candido, come avorio, invitto scorre
II predator Giordano, egregio Veltro,
Cui la stessa talor Dea de le selve
90Palpar gode per vezzo i lunghi orecchi,
E il terso collo, che di fior silvestri
Treccia da lei contesta indi riporta.
Neve non tocca da nemico fiato
D’Austro piovoso, e fragola dipinta
95D’Ostro di primavera epan tue gote,
Che poca giovanti lanugin bionda
Velava in parte, e le tue ferme membra
Nudria saldo vigor d’alma salute.
S e ad abile destriero in vasta arena
100Lodato Cavalier premevi il tergo,
O se ne 1’arte di ferir maestro
Vibravi il ferro in simulata pugna,
O se accorto reggevi in lieve danza
L’agili Ninfe del tuo patrio fiume,
105Qual v’era mai si ben difeso, e schivo
Cor d’amabil Donzella ad arder lento?
Ma sopra tutto fin dal primo instante,
Che ancor acerbo garzoncel ti vide,
Arse per Te di sconosciuto foco
110Quella, che in suo pensier solo fra tutti
Ti pose, e solo quasi gemma, elesse.
Per Te quanto desio, quanti sostenne
Taciti affanni, ch’or ne l’ore mute,
Propizie a i sonni, e a gli amorosi surti
115Soavemente rammentar le giova.
Questa ben sai di qual esimia gente
Discese piena del valore avito.
Pcndon da l’Arbor prisca, ond’ Ella uscìo
Polverose loriche, elmi, e bandiere,
120E pacifiche Toghe, in cui quel saggio
Immortal Pier Luigi, Alma sublime,
Lume, e sostegno del Farnesio scettro,
Cotanto in Patria, e innanzi a i Re rifulse,
E ne pendono ancor famose penne,
125E celebrate Croci, ed auree Bende,
Che de i Pastori a le canute fronti
Fermo in sua gloria il Vatican circonda.
Potrei di sua beltà scioglier parola,
Che risonasse ne’ lontani tempi:
130Perocchè sotto il nereggiante ciglio
Le vidi sfavillar due così vivi
Begli occhi neri, che men bello, e vivo
Scintilla in Ciel l’Astro del dì foriero,
L’Astro foriero de le gelid’ombre;
135Ma Tu sai, che Bellezza è breve pregio,
Che, qual fior, presto ride, e presto langue;
E dritto Estimator sai, che se avea
Virtuti degne d’Apollineo canto
La mal rapita Greca, ond’Ilio cadde,
140Meno avrian detto del suo crin lucente,
E del fatal suo volto, onde fu preso
Il Pastorello Ideo, 1’Argive carte.
Io de la Tua dirò Luigia altera,
De i Magnanimi Rosa eccelso vanto,
145L’indole d’oro, e i graziosi modi,
L’intera fede, e l’affrettato senno,
E la pietà de’ suoi pensier reina,
Non però scabbra di rigor soverchio,
Ne del giocondo conversar nemica.
150Forse, ove Bacco riconduce i giorni
Al genio sacri, e di notturni balli
Rallegra il Mondo, ed a mentire insegna
Vesti, e sembianti, Ella talor non gode,
Come auretta d’April, che vola, e piega
155A pena le rinate erbe del prato,
Danzar leggiera, e raddolcir le cure?
Mani, più infaticabili, e più destre
A i bei lavori, ed a i femminei studj
Non ha Minerva, ove o Costei le tele
160Pinga con 1’ago, o per gentil diporto
Tratti le molli sete, o i bianchi lini,
Che a l’Italiche Nuore ardito porta
Olandese Nocchier su negro abete.
Fà, ch’Ella poi di colorir s’ingegni
165In breve carta con pennello industre
La difficil de i fior natia vaghezza,
Dirai, che al paragon rose sì elette,
Benchè d’eterni zefiri gioisca,
Metter non può l’Amatuntea pendice.
170Per Lei Tu in Cirra lungo il dotto fonte,
Concesso a pochi, che con fausto viso
Nascer mirò Melpomene divina,
Sedendo stai del suo gran Padre a fianco,
Cigno animoso, che con franche piume
175Su ’l Taro s’erge, e fra gli Dei si mesce.
Tu seco il nome, e seco unisci gli Avi,
Seco i sudor Dircei, seco dividi
L’Etrusca lira, e 1’onerato alloro.
Oh! dal seggio di Giove, ov’ Ella regna,
180Odami l’alta Giuno, a cui fur date
Le Maritali tede, e santi nodi:
Odami Cintia, che i soavi parti,
E le felici Cune in guardia tiene;
E la cara d’Amor Madre m’ascolti,
185Che i casti baci, ed i fecondi amplessi
Tinge d’ambrosia, e a non disciorsi invoglia:
Quel reciproco ardor, che i vostri petti
Incende, Amante Coppia, ond’ oggi sete
Di conjugale Amor nobil’esemplo,
190Duri la fresca età, che spesso cangia
Pensieri, e voglie, ed immutabil duri
L’età più ferma, che d’onori è vaga,
E di ricchezza- sol quaggiù tenuta
Arbitra de le cose; e non si estingua
195Neppur ne i giorni, che di noja pieni,
E voti di vigor querula, e tarda,
E laudatrice de’ passati lustri
Seco Vecchiezza, ahi troppo ratto! adduce.
Vinca la Vostra in ben amar costanza
200Le solitarie tenero - gementi
Accompagnate Dionee Colombe.
Venga Prole da Voi, che vi somigli,
E gli Avi Vostri, che son Ombra, e polve,
Tolga da l’Urna, e la lor gloria avvivi,
205Ami de’ Figli vostri alcun le cetre,
E i dotti modi, e i taciturni boschi,
E le dolci a sentirsi acque cadenti:
Nasca alcun d’essi a l’armi, ed a le palme,
Che su i Campi di Marte oggi la forte
210Iberia miete; e da le prime fasce
Senta di Carlo le guerriere gesta,
Che debellato già il Campano Regno
Invitto ascende or le tonanti prore,
Mentre 1’Amor de’ Popoli, e la certa
215Vittoria il chiama sul Trinacrio lido.
Questi, amato Bernicr, candidi versi,
Che d’altri nati da più ricca vena
Precederan l’armonioso stuolo,
Il tuo Frugon scrivea laddove sorge
Di fabbricati marmi al Ciel vicina
220L’Augusta Figlia del Bifronte Giano.