Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni/5

Ad Aurelio Bernieri

../4 ../6 IncludiIntestazione 16 giugno 2011 75% Poemi

4 6

[p. xxxii modifica]

AL NOBILE SIGNORE


IL SIG. CO: AURELIO BERNIERI


In Sue Nozze


S
E da l’almo Elicona a cento eccelse

Itale spose già d’eletti fiori,
     Spiranti eterno Chiabreresco odore
     Fresche ghirlande, o mio Bernier, recai,
     5Or che Tu, luce mia, Tu mio conforto,
     Delizia de le Muse, onor di quanta
     Ornata Gioventù Parma oggi illustra,
     A innamorata Vergine vezzosa
     Per beata d’Amor legge t’annodi,
     10Mi starò cheto su l’erbose sponde,
     Che sempre liete d’odoroso Mirto,
     Ombra, e corona mia, bagna Ippocrene?
     Ma sin dal primier dì, che dolcemente
     Teco m’avvinse al basso vulgo ignota,
     15Vera Amistà, cui precedea soave
     Somiglianza di studi, e di costumi,
     Mirando l’età tua fiorir, qual campo,
     Che il novo April di gioventù riveste,
     Felice età, che di fanciulle intatte

[p. xxxiii modifica]

     20Gli sguardi adesca, e ne deliba i primi
     Timidi Voti, e la secreta fiamma!
     Dissi ad Euterpe: Queste Idalie rose,
     Che fè su i gioghi germinar di Pindo
     Il Savonese mio, Dea, se ’1 concedi,
     25Del tuo diletto Aurelio, onde han più grido
     Le Tosche rime, ed i purgati inchiostri,
     Saranno al fausto Talamo serbate.
     Sorrise a i detti miei l’alta Maestra
     De le canore corde, e lampeggianti
     30Fin da quel giorno di serena gioja
     Girò le belle luci, ond’ Ella suole
     A i sommi Vati, e di sua vista degni
     Versar ne l’alma, ed agitare in petto
     Gli estri divini, e le Febee faville.
     35Ed oggi lieta, e rilucente in manto
     Aspro di gemme, e col nettareo grembo
     Pien di corone, e con la cetra in mano
     Non Ella forse in sul mattin m’apparve,
     E vive, e pronte a i Nuziali carmi
     40Non mi spirò nel seno aure celesti?
Bernier, qual resta di bennata Pianta
     Talora unico germe, onde poi novi

[p. xxxiv modifica]

     Sorgon rampolli a riparar possenti
     I lunghi danni de l’annoso tronco,
     45Solo restavi del tuo nobil sangue
     Pregiato avanzo; ed a Te nova vita
     Ne i buon Nepoti omai chiedean pensose
     Laggiù fra i Mirti de l’Elisia Valle
     L’Ombre de gli Avi Tuoi, che chiari rese
     50Gemmata Mitra, e bellicosa spada.
     Libero intanto Tu dal bel legame
     Condur godevi fra leggiadre cure,
     L’allegra gioventù, di cui non hanno,
     Credilo a me, dono miglior gli Dei.
     55Tu ne i fertili Autunni, allorchè spuma
     Di largo mosto, e di protervo riso
     La festosa Vendemmia empie le Ville,
     Sciolto ten givi a riveder le pingui,
     Colte Campagne, da Colui nomate,
     60Che contro lo squamoso, immenso Mostro,
     Viva peste dei campi, armato corse
     Su l’ardente cavallo, e ne l’orrenda
     Gola confisse l’invincibil0 Asta,
     Ch’ or su le stelle, che a i guerrier del Cielo
     65Fan pavimento, folgorar si vede.

[p. xxxv modifica]

     Bello è quivi mirar tra l’ardue ripe
     Correr Enza fremente, e quasi cerchio
     Far con ritorto corso a i Campi tuoi.
     Colà qual manca de i piaceri onesti,
     70Onde nojata da le urbane stanze
     L’alma si disattristi, e si ricrei?
     Evvi bella Magion, su le cui porte
     Siede indefessa Cortesia custode,
     Cui stanno a lato lusinghiere in atto,
     75Grate accoglienze, che mentir non sanno.
     Colà i dolci Conviti, e colà sono
     I dolci sonni, e libertà, che in oro
     Vi vergò di sua man quell’aurea legge,
     Che a suo grado a ciascun viver consente.
     80Così al buon Padre tuo, così a tuoi prodi
     Incliti Zii diletta, ambo splendenti
     Di maturo consiglio, e d’onor vero,
     Ed ambi amanti de 1’erranti cacce,
     Che con sagaci, ed a fallir non use,
     85Acute nari, e con alato piede,
     Che il cenno mai del suo Signor non scorda,
     Candido, come avorio, invitto scorre
     II predator Giordano, egregio Veltro,

[p. xxxvi modifica]

     Cui la stessa talor Dea de le selve
     90Palpar gode per vezzo i lunghi orecchi,
     E il terso collo, che di fior silvestri
     Treccia da lei contesta indi riporta.
     Neve non tocca da nemico fiato
     D’Austro piovoso, e fragola dipinta
     95D’Ostro di primavera epan tue gote,
     Che poca giovanti lanugin bionda
     Velava in parte, e le tue ferme membra
     Nudria saldo vigor d’alma salute.
     S e ad abile destriero in vasta arena
     100Lodato Cavalier premevi il tergo,
     O se ne 1’arte di ferir maestro
     Vibravi il ferro in simulata pugna,
     O se accorto reggevi in lieve danza
     L’agili Ninfe del tuo patrio fiume,
     105Qual v’era mai si ben difeso, e schivo
     Cor d’amabil Donzella ad arder lento?
     Ma sopra tutto fin dal primo instante,
     Che ancor acerbo garzoncel ti vide,
     Arse per Te di sconosciuto foco
     110Quella, che in suo pensier solo fra tutti
     Ti pose, e solo quasi gemma, elesse.

[p. xxxvii modifica]

     Per Te quanto desio, quanti sostenne
     Taciti affanni, ch’or ne l’ore mute,
     Propizie a i sonni, e a gli amorosi surti
     115Soavemente rammentar le giova.
     Questa ben sai di qual esimia gente
     Discese piena del valore avito.
     Pcndon da l’Arbor prisca, ond’ Ella uscìo
     Polverose loriche, elmi, e bandiere,
     120E pacifiche Toghe, in cui quel saggio
     Immortal Pier Luigi, Alma sublime,
     Lume, e sostegno del Farnesio scettro,
     Cotanto in Patria, e innanzi a i Re rifulse,
     E ne pendono ancor famose penne,
     125E celebrate Croci, ed auree Bende,
     Che de i Pastori a le canute fronti
     Fermo in sua gloria il Vatican circonda.
     Potrei di sua beltà scioglier parola,
     Che risonasse ne’ lontani tempi:
     130Perocchè sotto il nereggiante ciglio
     Le vidi sfavillar due così vivi
     Begli occhi neri, che men bello, e vivo
     Scintilla in Ciel l’Astro del dì foriero,
     L’Astro foriero de le gelid’ombre;

[p. xxxviii modifica]

     135Ma Tu sai, che Bellezza è breve pregio,
     Che, qual fior, presto ride, e presto langue;
     E dritto Estimator sai, che se avea
     Virtuti degne d’Apollineo canto
     La mal rapita Greca, ond’Ilio cadde,
     140Meno avrian detto del suo crin lucente,
     E del fatal suo volto, onde fu preso
     Il Pastorello Ideo, 1’Argive carte.
     Io de la Tua dirò Luigia altera,
     De i Magnanimi Rosa eccelso vanto,
     145L’indole d’oro, e i graziosi modi,
     L’intera fede, e l’affrettato senno,
     E la pietà de’ suoi pensier reina,
     Non però scabbra di rigor soverchio,
     Ne del giocondo conversar nemica.
     150Forse, ove Bacco riconduce i giorni
     Al genio sacri, e di notturni balli
     Rallegra il Mondo, ed a mentire insegna
     Vesti, e sembianti, Ella talor non gode,
     Come auretta d’April, che vola, e piega
     155A pena le rinate erbe del prato,
     Danzar leggiera, e raddolcir le cure?
     Mani, più infaticabili, e più destre

[p. xxxix modifica]

     A i bei lavori, ed a i femminei studj
     Non ha Minerva, ove o Costei le tele
     160Pinga con 1’ago, o per gentil diporto
     Tratti le molli sete, o i bianchi lini,
     Che a l’Italiche Nuore ardito porta
     Olandese Nocchier su negro abete.
     Fà, ch’Ella poi di colorir s’ingegni
     165In breve carta con pennello industre
     La difficil de i fior natia vaghezza,
     Dirai, che al paragon rose sì elette,
     Benchè d’eterni zefiri gioisca,
     Metter non può l’Amatuntea pendice.
     170Per Lei Tu in Cirra lungo il dotto fonte,
     Concesso a pochi, che con fausto viso
     Nascer mirò Melpomene divina,
     Sedendo stai del suo gran Padre a fianco,
     Cigno animoso, che con franche piume
     175Su ’l Taro s’erge, e fra gli Dei si mesce.
     Tu seco il nome, e seco unisci gli Avi,
     Seco i sudor Dircei, seco dividi
     L’Etrusca lira, e 1’onerato alloro.
Oh! dal seggio di Giove, ov’ Ella regna,
     180Odami l’alta Giuno, a cui fur date

[p. xl modifica]

     Le Maritali tede, e santi nodi:
     Odami Cintia, che i soavi parti,
     E le felici Cune in guardia tiene;
     E la cara d’Amor Madre m’ascolti,
     185Che i casti baci, ed i fecondi amplessi
     Tinge d’ambrosia, e a non disciorsi invoglia:
     Quel reciproco ardor, che i vostri petti
     Incende, Amante Coppia, ond’ oggi sete
     Di conjugale Amor nobil’esemplo,
     190Duri la fresca età, che spesso cangia
     Pensieri, e voglie, ed immutabil duri
     L’età più ferma, che d’onori è vaga,
     E di ricchezza- sol quaggiù tenuta
     Arbitra de le cose; e non si estingua
     195Neppur ne i giorni, che di noja pieni,
     E voti di vigor querula, e tarda,
     E laudatrice de’ passati lustri
     Seco Vecchiezza, ahi troppo ratto! adduce.
     Vinca la Vostra in ben amar costanza
     200Le solitarie tenero - gementi
     Accompagnate Dionee Colombe.
     Venga Prole da Voi, che vi somigli,
     E gli Avi Vostri, che son Ombra, e polve,

[p. xli modifica]

     Tolga da l’Urna, e la lor gloria avvivi,
     205Ami de’ Figli vostri alcun le cetre,
     E i dotti modi, e i taciturni boschi,
     E le dolci a sentirsi acque cadenti:
     Nasca alcun d’essi a l’armi, ed a le palme,
     Che su i Campi di Marte oggi la forte
     210Iberia miete; e da le prime fasce
     Senta di Carlo le guerriere gesta,
     Che debellato già il Campano Regno
     Invitto ascende or le tonanti prore,
     Mentre 1’Amor de’ Popoli, e la certa
     215Vittoria il chiama sul Trinacrio lido.
Questi, amato Bernicr, candidi versi,
     Che d’altri nati da più ricca vena
     Precederan l’armonioso stuolo,
     Il tuo Frugon scrivea laddove sorge
     Di fabbricati marmi al Ciel vicina
     220L’Augusta Figlia del Bifronte Giano.