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(XXXVII.)

     Per Te quanto desio, quanti sostenne
     Taciti affanni, ch’or ne l’ore mute,
     Propizie a i sonni, e a gli amorosi surti
     115Soavemente rammentar le giova.
     Questa ben sai di qual esimia gente
     Discese piena del valore avito.
     Pcndon da l’Arbor prisca, ond’ Ella uscìo
     Polverose loriche, elmi, e bandiere,
     120E pacifiche Toghe, in cui quel saggio
     Immortal Pier Luigi, Alma sublime,
     Lume, e sostegno del Farnesio scettro,
     Cotanto in Patria, e innanzi a i Re rifulse,
     E ne pendono ancor famose penne,
     125E celebrate Croci, ed auree Bende,
     Che de i Pastori a le canute fronti
     Fermo in sua gloria il Vatican circonda.
     Potrei di sua beltà scioglier parola,
     Che risonasse ne’ lontani tempi:
     130Perocchè sotto il nereggiante ciglio
     Le vidi sfavillar due così vivi
     Begli occhi neri, che men bello, e vivo
     Scintilla in Ciel l’Astro del dì foriero,
     L’Astro foriero de le gelid’ombre;


Ma