Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Per le Feste triennali di Pescia
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PER LE FESTE TRIENNALI DI PESCIA.
VERSI LIRICI.
Quando lieto Israele
Movea coll’arca santa ai dì festivi,
E coi Leviti il popolo fedele
Alternava arpionia d’inni giulivi;
Davidde umile e pio,
Dimessa ogni grandezza innanzi a Dio,
In man l’arpa togliea,
E precedendo il carro benedetto,
Sciolta l’aura vocal che gli fremea
Entro i meati del divino petto,
Del cantico ispirato
Empia d’intorno il ciel rasserenato.
Il nome tuo, Signore,
Narrano i Cieli e annunzia il firmamento;
E dolce senso di vitale odore
Come da vaso d’incorrotto unguento
Dal tuo favor discende,
All’anima di lui che in te s’intende.
Tu beato in te stesso
Quand’anco il tempo e la vita non era,
Pur di te nel creato un segno espresso,
Qual di suggello d’oro in molle cera,
Volesti, e si compose
Questo mirabil ordine di cose.
Come pugno d’arena
Disseminasti pel vano infinito
L’eteree faci: il moto e la catena
Tu reggi delle sfere, e tu col dito
Segni l’ultime sponde
Ai fuochi occulti e al fremito dell’onde.
D’invisibili penne
Armi la ruinosa ala dei venti;
Per te si versan da fonte perenne
I fiumi, e quasi corridor fuggenti
La verga tua gli spinge
Nel mar che tutto intorno il suol recinge.
L’aere, la terra e l’acque
Di varia moltitudine infinita
Diversamente popolar ti piacque.
Il cerchio universal di tanta vita
Che il tuo valore adorna,
Da te muove, in le vive, a te ritorna.
Or dall’empirea reggia
D’onde piove di grazia almo ristoro,
Come artista che infuse e rivagheggia
Tanta parte di sè nel suo lavoro,
Padre, rivolgi a noi
La benigna virtù degli occhi tuoi.
Come l’umíl villano
La casa infiora, e tien purgato e netto
L’ovile intorno, se il signor lontano
Ode che venga al suo povero tetto;
Oggi così le genti
T’invocano fra loro, e reverenti
Questa pompa devota
T’offrono nel desio di farti onore.
Mille voci concordi in una nota
E mille alme che infiamma un solo amore,
Come vapor d’incenso
Salgono a te pel chiaro etere immenso.
I colli circostanti,
In tanto lume di letizia accesi,
Ridono a te che di luce t’ammanti
E nella luce parli e ti palesi,
Rompendo col fulgore
Della tua maestade ombre d’errore.
Tale il pastor di Jetro
Che tolse al giogo il tuo popol giudeo.
Prima che tanta si lasciasse addietro
Ruina di tiranni all’Eritreo,
Sul rovo fiammeggiante
Ti vide e t’adorò tutto tremante.
Bello dei nostri cuori
Farti santo olocausto in primavera,
Or che l’erbe novelle e i nuovi fiori
Tornan la terra alla beltà primiera,
E rammentar ne giova
Quell’aura di virtù che ci rinnova.
Era così sereno,
Così fecondo il cielo, e sorridea
Di vivace ubertà ricco il terreno,
Quando l’uomo, di te gentile idea,
Prese lieta, innocente
Vita, nell’atto dell’eterna mente.