Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Apologia del Lotto

Apologia del Lotto

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Brindisi La Vestizione
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APOLOGIA DEL LOTTO.


Don Luca, uomo rotto,
     Ma onesto Piovano,
     Ha un odio col Lotto
     Non troppo cristiano;
     E roba da cani
     Dicendo a chi gioca,
     Trastulla coll’oca
     I suoi popolani.

Don Luca davvero
     È un gran galantomo,
     Migliore del clero
     Che bazzica in Domo;
     Ma è troppo esaltato,
     E crede che tocchi
     Ai preti aprir gli occhi
     Al mondo gabbato.

In oggi educare,
     O almeno far vista,
     È moda; il collare
     Doventa utopista:
     E ognuno si scapa
     A far de’ lunari,
     Guastando gli affari
     Del Trono e del Papa.

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Il giuoco in complesso
     È un vizio bestiale,
     Ma il Lotto in sè stesso
     Ha un che di morale:
     Ci avvezza indovini,
     Pietosi di cuore;
     Doventi un signore
     Con pochi quattrini.

Moltiplica i lumi,
     Divaga la fame,
     Pulisce i costumi
     Del basso bestiame.
     Di fatto lo Stato,
     Non punto corrivo,
     Se fosse nocivo
     L'avrebbe vietato.

Lasciate, balordi,
     Che il Lotto si spanda,
     Che Roma gli accordi
     La sua propaganda;
     Si gridi per via:
     Cristiani, un bel terno!
     S’aiuti il governo
     Nell'opera pia.

Di Grecia, di Roma
     I regi sapienti
     Piantavan la soma
     Secondo le genti;
     E a norma del vizio
     Il morso o lo sprone;
     Che brave persone!
     Che re di giudizio!

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Con aspri precetti
     Licurgo severo
     Corresse i difetti
     Del Greco leggiero;
     E Numa con arte
     Di santa impostura
     La buccia un po’ dura
     Del popol di Marte.

O tisici servi
     Dal cor di coniglio,
     Un savio consiglio
     Vi fodera i nervi;
     Un tempo corrotto,
     Perduta ogni fede,
     È gala se crede
     Nel giuoco del Lotto.

Lasciate giuocare,
     Messer Galileo;
     Al verbo pensare
     Non v’è giubileo.
     Studiar l'infinito?
     Che gusto imbecille!
     Se fo le sibille
     Non sono inquisito.

Un giuoco sì bello
     Bilancia il Vangelo,
     E mette a duello
     L’inferno col cielo;
     Se il Diavolo è astratto,
     Un’anima pia
     Implora l'estratto
     Coll’Ave Maria.

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Per dote sperata
     Da pigra quintina
     La serva piccata
     Fa vento in cucina.
     La pappa condita
     Cogli ambi sognati
     Sostenta la vita
     Di mille affamati.

Se passa la bara,
     Del morto ogni cosa
     Domandano a gara:
     O gente pietosa!
     Eh! un popol di scettici
     Non piange disgrazie,
     Ma giuoca le crazie
     Sui colpi apoplettici.

Se suonano a gogna,
     Ci vedi la piena;
     Ma in quella vergogna
     Si specchia e si frena?
     Nel braccio ti dà
     La donna vicina,
     E dice: Berlina
     Che numero fa?

Ah! viva la legge
     Che il Lotto mantiene:
     Il capo del gregge
     Ci vuole un gran bene;
     I mali, i bisogni
     Degli asini vede,
     E al fieno provvede
     Col Libro dei sogni.

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Chi trovasi al verde
     L’ascriva a suo danno;
     Lo Stato ci perde,
     E tutti lo sanno.
     Lo stesso Piovano
     In fondo è convinto
     Che a volte ci ha vinto
     Perfino il Sovrano.

Contento del mio,
     Nè punto nè poco,
     Per grazia di Dio,
     M’importa del giuoco.
     Ma certo, se un giorno
     Mi cresce la spesa,
     Galoppo all’impresa
     E strappo uno storno.