Vera storia di due amanti infelici ovvero Ultime lettere di Iacopo Ortis (1912)/Lettera XXXVI

Lettera XXXVI

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LETTERA XXXVI

11 maggio.

Conviene dire che la natura abbia pur d’uopo di questo globo e della specie di viventi litigiosi che lo stanno abitando. E, per provvedere alla conservazione di tutti, anziché legarci in reciproca fratellanza, ha costituito ciascun uomo così amico di se medesimo, che volentieri aspirerebbe all’esterminio dell’universo per vivere piú sicuro della propria esistenza e rimanersi despota solitario di tutto il creato. Niuna generazione ha mai veduto, per tutto il suo corso, la dolce pace: la guerra fu sempre l’arbitra de’ diritti, e la forza ha dominato tutti i secoli. Così l’uomo, or aperto, or secreto, e sempre implacabile nemico della umanitá, conservandosi con ogni mezzo, cospira all’intento della natura, che ha d’uopo della esistenza di tutti; e l’uman genere, quantunque divori perpetuamente se stesso, vive e si propaga. Odi.

Di buon mattino ho accompagnato Teresa e sua figlia da una lor conoscente, venuta a villeggiare. Credeva di stare a pranzo in lor compagnia, ma per mia disgrazia aveva fin dalla settimana passata promesso al chirurgo di desinare in sua casa; e, se Teresa non me ne facea sovvenire, io, a dirti la veritá, me n’era dimenticato. Mi vi sono dunque avviato un’oretta innanzi il mezzogiorno; ma, affannato dal caldo, mi sono alla metá della strada coricato sotto un ulivo (al vento fuor di stagione di ieri oggi è succeduta un’arsura noiosissima), e me ne stava li al fresco spensieratamente, come se avessi giá desinato. [p. 128 modifica]

Voltando la testa, mi sono avveduto di un contadino che guardavano bruscamente.

— Che fate voi qui?

— Sto, come vedete, riposando.

— Avete voi possessioni? — percotendo la terra col calcio del suo schioppo.

— Perché?

— Perché?... perché? Sdraiatevi sui vostri prati, se ne avete, e non venite a pestare l’erba degli altri. — E, partendo: — Fate ch’io, tornando, vi trovi! —

Io non mi era mosso, ed egli se n’era ito. A bella prima io non aveva badato alle sue bravate; ma... ripensandoci... «Se ne avete»? E se la fortuna non avesse concesso a’ miei padri un palmo di terreno, tu m’avresti negato anche nella parte piú sterile del tuo prato l’estrema pietá del sepolcro!... Ma, osservando che l’ombra dell’ulivo diventava piú lunga, mi sono ricordato del pranzo.

Poco fa, tornandomi a casa, ho trovato sulla mia porta l’uomo stesso di questa mattina: — Signore, vi stava aspettando; se mai... vi foste sdegnato meco, vi domando perdono.

— Copritevi: io non me ne sono giá offeso. —

Perché mai questo mio cuore, nelle stesse occasioni, ora è pace pace, ora è tutto tempesta? Diceva quel viaggiatore: «Il flusso e riflusso de’ miei umori governa tutta la mia vita». Forse, un minuto prima, il mio sdegno sarebbe stato assai piú grave dell’insulto.

Perché dunque abbandonarci al capriccio del primo che ci offende, permettendo ch’egli ci possa turbare con un’ingiuria non meritata? Vedi come l’amor proprio adulatore tenta, con questa pomposa sentenza, di ascrivermi a merito un’azione, che è derivata forse da... chi lo sa? In altri simili casi non ho usato di eguale moderazione: è vero che, passata un’ora, ho filosofato contro di me; ma la ragione è venuta zoppicando; e il pentimento, per chi aspira alla saviezza, è sempre tardo. Ma... né io v’aspiro: io non sono che un di que’ tanti figliuoli della terra..., non altro, e porto meco tutte le passioni e le miserie della mia specie. [p. 129 modifica]

Il contadino proseguiva: — Vi ho fatto villania, ma io non vi conosceva. Que’ lavoratori, che tagliavano il fieno ne’ prati vicini, mi vi hanno avvertito.

— Non importava, buon uomo. Come va il frumento quest’anno?

— Bene;... ma vi prego, caro signore, scusatemi: non vi conosceva.

— Buon uomo, o conoscendo o non conoscendo, non offendete ingiustamente niuno, perché correte sempre pericolo o di provocare il potente o di maltrattare il debole. Riguardo a me, potete starvene in pace.

— Dice bene il signore: Dio gliene renda il merito, — levandosi il cappello e partendo.

Intanto? Crescono ogni giorno i martiri perseguitati dal nuovo usurpatore della mia patria! Quanti andranno errando o profughi o esiliati, senza il letto di poca erba o l’ombra di un ulivo!... Dio lo sa! Lo straniero infelice è cacciato perfino dalla balza dove le pecore pascono tranquillamente.