Varenna e Monte di Varenna/Secolo XVIII/Pesca
Questo testo è completo. |
◄ | Secolo XVIII - Statuto di Perledo | Secolo XVIII - Nuovo catasto — Censimento — Tasse | ► |
PESCA
Un’interessante questione di giurisdizione in materia di pesca viene agitata nel 1719 dalla città di Como. I Decurioni della città in una supplica al Governo espongono quanto segue: «Dopo aver premesso che i governatori dello stato di Milano hanno da secoli il diritto di invigilare alla conservazione della pesca nei laghi di Como e di Lecco, con la pubblicazione di editti e comunicazioni pecuniarie e corporali, hanno sempre proibita la pesca nei giorni di frega, affermano che l’esecuzione di questi editti venne affidata alle due città di Como e Milano rispettivamente per i due laghi di Como e di Lecco.
Che l’ultima grida pubblicata non sorti alcun effetto, come le precedenti, e che i pescatori non si curarono affatto di consegnare le reti come era stato loro imposto, non solo, ma ardirono appellarsi al Senato, tentando così di spogliare le due città di quel diritto che hanno esercitato da secoli.
E difatti gli uomini e i consoli delle Tre Pievi presentarono un ricorso al Senato dicendo che la grida, non ostante la pubblicazione annuale era ormai andata in disuso, che non era promulgata nelle dovute legittime forme e che d’altronde l’esecuzione di essa era irregolarmente pretesa dalla città di Como. A ciò si aggiunse la querimonia dello stesso fiscale delle Tre Pievi il quale appoggiandosi al privilegio dell’anno 1532 del Duca Sforza Visconti che concedeva alle Tre Pievi un giudice distinto, pretendeva una totale indipendenza del territorio dalla città dominante.
Nello stesso tempo Varenna si univa a Bellano, Mandello, Corenno, Onno e Dervio per proporre al Senato una totale indipendenza di giurisdizione economica del territorio della città di Milano. Sia alle Tre Pievi, come alle terre infeudate al conte della Riviera il Senato rispose con lettere benevoli promettendo loro che non sarebbero state molestate.
I Decurioni della città di Como vedendo dunque pregiudicata nei suoi diritti la città la quale «si ritrova assistita per altro da ben chiaro rescritto del Senato dell’anno 1577, e oltre il possesso anche da titolo, mentre non solo dalla ragione comune, ma anche da ben soda massima di stato appoggiata alla città la giurisdizione economica» supplicano che la questione sia meglio esaminata dal Senato.
Tuttavia le cose rimasero allo stato di prima, la grida fu ancora pubblicata ma continuò a non essere osservata.
Le liti che avvenivano tra gli uomini di comuni vicini per questioni di pesca erano frequenti. Generalmente lo sfruttamento della pesca nello specchio d’acqua prospiciente ad un dato comune veniva dal comune stesso dato ad appalto. Dall’anno 1701 al 1706, ad esempio, Giorgio Venini fu l’appaltatore o l’abboccatore come soleva dirsi, del lago di Varenna.
Nel 1710 l’abboccatore fu Battista Venini, nel 1721 Carlo Stampa, nel 1722 Carlo e Antonio Venini. Questi appaltatori concedevano poi ad altri l’autorizzazione di pescare, così in quegli anni Giorgio Venini vendette a certi suoi parenti di Lierna l’autorizzazione di poter pescare nelle acque di Varenna. Nel 1702 Pietro Secco, Tommaso Secco, Giuseppe Panizza e Tomaso Panizza tutti di Lierna pagarono questo diritto di pesca nelle acque di Varenna lire 12 ciascuno.
Nel 1721 Carlo Stampa appaltatore del lago di Varenna concede a Giovanni Panizza del qm Tommaso del Castello di Lierna di poter pescare nel detto lago «con la bottera et con le sperne e spaderne da botrisi» per il periodo dal 4 Marzo alla Pasqua mediante pagamento di lire cinque.
Ma spesso avveniva che uomini di Lierna e di altre località s’inoltrassero nelle acque di Varenna a pescare senza permesso, di qui liti e processi.
Nel 1723 vi fu una lunga lite davanti il pretore di Mandello e Varenna contro D. Paolo Antonio Mornico, procuratore della comunità di Varenna, provocata dal fatto, che due pescatori di Lierna Giuseppe Brentano, e Giovanni Maria Pini si erano addentrati a pescare nelle acque di Varenna senza autorizzazione, e si tentò allora da quelli di Lierna di dimostrare come qualmente Varenna non avesse diritto di vietare a quelli di Lierna la pesca nelle sue acque sino al sito detto Ligapace1.
Il 22 luglio 1735 Mauro Venino e Carlo Scanagatta delegati dai vicini e dagli abitanti della comunità di Varenna inviano una supplica al Senato contro gli uomini di Mandello per pesca abusiva nelle acque di Varenna2.
Il Consiglio di Governo, con lettera del giorno 20 luglio 1787, ordinava di procedere all’incamerazione della ragione di pesca sul lago di Lecco posseduta dalle varie comunità della Riviera di Lecco.
Eppertanto alli 17 di Agosto delle stesso anno si riunivano sulla pubblica piazza al luogo solito i deputati dell’estimo e cioè Bartolomeo Venini in sostituzione del Primo deputato Giorgio Aureggi, il Dottor Alfonso Mornico, deputato e Giuseppe Campione in sostituzione di Carlo Pensa deputato e i pescatori Domenico Cavalli, Pietro Antonio Brenta, Pietro Venino, Paolo Caribone, Giov. Antonio Campione, Giuseppe Pirelli, Giuseppe Vitali e Francesco Scanagatta. I quali, udita la lettura della lettera di cui sopra e dell’editto magistrale dell’8 Marzo 1763 elessero come loro procuratore per la celebrazione dell’istrumento di retrovendita alla R. Camera della Regalia del lago, Giuseppe Antonio Pensa del fu Gaspare abitante in Milano.
L’esercizio della pesca era nei tempi passati molto più divulgato che oggi. Ciò lo si può desumere anche dal seguente elenco di possessori di banche.
COMUNE DI VARENA
Nota di quelli che ritengono barche nel Comune di Varena:
«Tutti li sudetti nominati desiderano la licenza, e molti di sudetti non avendola custodita non la ritrovano, e promettono di tener dette barche ben custodite per quanto li possi permettere il loro Porto, massime per essere in quantità le Barche ed il porto piccolo, e massime in tempo di crescenza del Lago».
Nicolao Maguoreg, Cancelliere
Note
- ↑ A. S. M. Beni. Varenna. Pesca.
- ↑ .... Vetustissimi temporibus orta iis fuit intes Varenenses et incolas Mandelli quo usque se protenderent lacus et ne mora in respectivis territoriis existentia ut compertum esset quo usque utrique incolae possent libere piscare et lignare ut antea semper consueveruat. Questiones divenit arbitramentali sententia anni 1379 ab illustrissimo comuni coram Pheudatario lata, etenim haec utrisque incolis assignavit privativa loca piscanda, lignandi et pecora pascendi et alia declaravit promiscui usus».