Vangeli apocrifi/I vangeli dell'infanzia del Signore/Lo Pseudo Matteo/Appendice

Lo Pseudo Matteo - Appendice: dal «Liber de infantia Salvatoris»

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Autori vari - Vangeli apocrifi (1948)
Traduzione di Giuseppe Bonaccorsi (1948)
Lo Pseudo Matteo - Appendice: dal «Liber de infantia Salvatoris»
Lo Pseudo Matteo - Parte seconda Lo Pseudo Matteo - Lo Pseudo Matteo

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Appendice: Dal LIBER DE INFANTIA SALVATORIS

Biblioteca Naz. di Parigi: Ms. lat. 11867 (fondo St. Germain), del xiii secolo, fol. 170-171.


1. Accadde un tempo, che molti ragazzi seguivano Gesù e giuocavano lui e loro insieme. Ora un padre di famiglia, assai adirato che suo figlio se la facesse con Gesù, lo rinchiuse, perché non seguisse più Gesù, dentro una torre fortissima e solidissima, dove non c’era nessuno sbocco aperto né ingresso alcuno, salvo la porta e una finestrella strettissima, per far penetrare un pochino di luce, e la porta era appartata e sigillata.

Capitò al padre di famiglia e accadde, che un giorno Gesù si spingesse colà con i fanciulli per giuocare. Il fanciullo imprigionato, al sentirli, gridò alla finestra: «Gesù, compagno carissimo, ho udito la tua voce e ha applaudito l’anima mia, e mi son rianimato. Perché mi lasci qui rinchiuso?». Gesù voltosi (a lui), gli rispose: «Stendimi la tua mano o un dito attraverso il buco». E avendo quegli ciò fatto, Gesù prese la sua mano e lo trasse fuori dalla strettissima finestra, e il ragazzo lo seguì. Gesù gli disse: «Riconosci la potenza di Dio, e racconta in vecchiaia ciò che Dio ti fece nella fanciullezza». Al veder questo, il padre di famiglia s’accostò dapprima alla porta, e vide ogni cosa appartata e sigillata, ed esclamando protestò ch’era un fantasma. Ei suoi occhi eran chiusi, sì da non riconoscere la divina potenza.

2. Giuseppe, il medesimo padre di famiglia, il primo tra i magistrati della sinagoga e i farisei e gli scribi e i dottori, si lamentò di Gesù, che aveva fatto meraviglie nuove tra il popolo, sì da essere onorato già come Dio, ed esaltandosi disse: «Ecco che i nostri ragazzi, e uno d’essi è il mio figliuolo, seguono Gesù sino al campo di Sicar». E adirato, [p. 229 modifica]afferrò un bastone per percuotere Gesù, e inseguì Gesù sino al monte, cui sottostà una pianura di fave da un lato. E Gesù scansò il (suo) furore: fece un salto giù dalla cresta del monte sino a un punto che dista dal monte quanto un tiro d’arco. Ma volendo gli altri ragazzi tenergli dietro con un salto simile, caddero giù a precipizio e si fracassarono le gambe, le braccia e il collo. Fattasi poi su ciò grave lagnanza alla presenza di Maria e di Giuseppe, Gesù li risanò tutti e li rese più forti (di prima). E l’arcisinagogo il padre cioè del ragazzo rinchiuso, come vide ciò, e come insieme con lui lo videro tutti i parenti, adorarono insieme Iddio Adonay. Il luogo poi, dove Gesù fece il salto, è chiamato ancora oggi il Salto1 del Signore.

3. Accadde poi, a tempo della semina che Giuseppe uscì a seminare il grano, e Gesù lo seguì. E avendo Giuseppe cominciato a seminare, Gesù stese la mano e prese tanto di grano, quanto ne poté contenere nel pugno, e lo sparse all’estremità del campo. A tempo della mietitura, si recò Giuseppe a mieter la sua messe. E vi si recò Gesù (pure), per coglier le spighe che aveva sparso: e mise insieme cento modii d’ottimo frumento, quanto non ne resero neppure tre o quattro altri campi. E disse a Giuseppe: «Chiamate a voi i poveri, le vedove e gli orfani, e si distribuisca il grano della mia semente». Fu fatto così. E novamente, nella distribuzione, s’ebbe (quel grano) un grandissimo e inaspettato aumento. I poveri da esso ristorati benedicevano il Signore di tutto cuore, dicendo che il Signore Dio d’Israele aveva visitato il suo popolo2.

4. Un’altra volta ancora, in un giorno del tempo di semina, accadde che Gesù passando per l’Asia, vide un agricoltore, il quale seminava un genere di legumi, detto cece, nel campo ch’è detto il campo presso alla tomba di Rachele, tra Gerusalemme e Betlemme. Gesù gli disse: «Quell’uomo, che cosa semini?» Ma lui sdegnato che un fanciullo di quell’età l’interrogasse su ciò, lo canzonò dicendo: «Pietre». E Gesù a lui: «Dici il vero, perché son pietre». E tutti quei granelli cereali diventarono pietre durissime, che ancor oggi ritengono tutta la figura di ceci, il colore e anche l’occhiolino nel capo. E così tutti i granelli, tanto quelli seminati quanto quelli da seminare, furono tramutati in pietre. E ancor oggi si ritrovan quelle pietre in quel campo da chi diligentemente le ricerca.

5. Un giorno, di buon mattino, quando la guazza temperava ancora il sole, Maria e Giuseppe montarono su a Nazareth dalle pareti di Tiro e di Sidone; e salendo il sole, Maria si era fiaccata e sedette a terra [p. 231 modifica]stanca. E disse a Giuseppe: «Sale (la caldura) che mi fiacca: che fare? Non c’è ombra, che mi ripari». E stese le mani al cielo, pregò dicendo: «O potenza dell’Altissimo, secondo la dolce parola che ho udito talora proferita da te, fammi tu ombra: che viva l’anima (mia), e dàmmi il tuo refrigerio». Gesù udendo ciò, si rallegrò a quelle parole, e piantò in terra l’arido ramoscello che aveva in mano a mò di bastone, e disse imperiosamente: «Dà subito alla mia mamma l’ombra più gradita». E subito quel ramoscello crebbe in un folto e ramoso albero, che offrì un dolce refrigerio a loro che riposavano.

6. Un giorno poi, durante la stagione invernale, mentre il sole con la sua forza irradiava limpido, un raggio solare si allungò, penetrando per la finestra fino alla parete nella casa di Giuseppe. C’eran là de’ figliuoli de’ vicini, compagni di Gesù, che giuocavan con lui, correndo per la casa. E Gesù salì sopra il raggio di sole, e messeci su le vesti ci stava a sedere come su solidissima trave. Al veder ciò, que’ fanciulli della sua età che giuocavano con lui, s’immaginarono di poter fare altrettanto. E salirono per seder con Gesù, giuocando a suo esempio. (Ma precipitarono a terra. E si lamentavano:) «Siam ridotti in pezzi!». Gesù allora alle istanze di Maria e Giuseppe, si diè a guarire le lesioni di tutti quei feriti, soffiando con lieve fiato nel posto dolente. E disse: «Lo Spirito spira dove vuole (Jo. 3, 8), e risana chi vuole», e furon risanati. E tutte queste cose annunziarono ai nostri padri. E il fatto divenne noto in Gerusalemme e ne’ lontani confini della Giudea. E si diffuse la fama di Gesù tutt’all’intorno per le provincie. E vennero per benedirlo ed esserne benedette. E gli dissero: «Beato il seno che ti portò e le poppe che hai succhiate» (Lc., 11, 27).

Giuseppe e Maria resero grazia a Dio per tuttociò che avevano udito e veduto. [p. 233 modifica]

7. Gesù ridà la vita a un pesce secco salato. Vedi sopra il Tommaso latino I, 4.

8. Gesù si burla d’un maestro, nel cui seno son caduti dodici passeri che litigavano. Vedi Tommaso lat. II.

9. Gesù fa morire un bimbo che l’ha percosso, ed è rimbrottato e pigliato per l’orecchio da Giuseppe. Vedi sopra lo Pseudo Tommaso IV-V (=Tom. lat. V).

10. Gesù, accusato a torto d’aver fatto cadere un bambino da una casa, lo risuscita. Vedi sopra Ps. Tom. IX (lat. VII) 3.

11. Gesù risana il piede d’un ragazzo, che s’era ferito tagliando la legna. Vedi Ps.-Tom. X (lat. VIII).

12. Un’altra volta Maria disse al suo figliuolo: «Figliuolo, va’ alla fonte di Gabriele, e attingivi l’acqua in un’anfora e portala qui. E pronto a (gli ordini di) tal madre, prese la secchia e andò. E lo seguivano, al vederlo, de’ fanciulli della stessa età, che portavan del pari le loro anfore. Al ritorno Gesù, dopo aver riempito l’anfora, la sbatté con impeto contro una rupe ch’era sulla via, e non si spezzò né rintronò troppo. Gli altri, al veder ciò, fecero lo stesso con le loro anfore, e spezzò ciascuno la sua, spargendo l’acqua ch’erano andati ad attingere.

Ne nacque tumulto e lamenti, e Gesù allora raccolse i frammenti e riparò tutte le secchie, e ridiede a ciascuno la sua secchia con l’acqua.

E guardando in cielo disse: «Padre, così son da riformare gli uomini disordinati che perirono». E tutti furon presi da stupore per quel fatto e quella parola, e (lo) benedicevano: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Ps., 117, 26). Amen.

Note

  1. Ovvero: «il bosco»?
  2. Cfr. Evang. Thomae, XII (lat. X), dove è raccontato lo stesso miracolo, ma più concisamente.
  3. Il testo del nostro codice s’allontana parecchio dal testo latino riprodotto dal Tischendorf, p. 173.