Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 127

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Dell’obligo di restituire la fama tolta. Cap. CXXVII.

Dice la divina scrittura parlando del soverchio bere, che il vino si beve con gusto, et descende suavemente, ma nel fine morde come serpente, questo detto si può moralmente applicare ad ogni peccato, ma per hora ce ne serviremo al proposito nostro della detrattione. È cosa gustosa à molti di gusto depravato, et che bevono la iniquità come acqua fresca il detrahere alla fama altrui, et si fa con gran facilità, ma non si pensa all’amaro sapore che resta dipoi di restituire la fama tolta, la qual parte ho riservata nell’ultimo luogo per sigillo di tutto questo ragionamento, acciò il padre di famiglia imprima efficacemente nell’animo del giovanetto, quanto sia stretto il nodo, che ci obliga alla restitutione dello honore, et fama. Et s’è vero, come è vero, et ne habbiamo detto di sopra [p. 110v modifica]à bastanza che colui, che ha tolto la roba d’altri, non havrà remissione del suo peccato se non la rende, che sarà della fama, bene di ordine più alto, et di prezzo, et stima senza comparatione maggiore? la onde se gli huomini considerassero con la debita attentione quello che fanno, et in qual necessità si pongono, quando infamano alcuno, per certo più presto si morderiano la propria lingua, che parlare. Inculchi adunque il nostro buon padre al figliuolo dall’un canto l’obligo grande della restitutione, sotto pena della eterna disgratia di Dio, che più horribil cosa non si può nè dire, nè pensare, et dall’altro la difficultà grande di venir come si suol dire all’atto prattico, percioche gli huomini per vano timor mondano non vogliono essere accusatori di se medesimi, nè disdirsi delle false et calunniose, et malediche relationi, et quando pur con più sano consiglio vi si conducono, la cosa non va come della roba, che facilmente si rende ad egualità, ma della fama avviene bene spesso, che l’infamia si è dilatata talmente che il danno è quasi irreparabile, come per esempio, l’honor delle donne è cosa tanto fragile, che per un sonettuzzo, per un libello famoso, ò per una paroletta detta per vantamento, una povera verginella ne resta offesa in modo, che tutta l’acqua del mare non basta à levar la macchia d’una lingua infernale. Oltre che gli huomini imbevuto che hanno una volta una opinione non la depongono di leggiero, anchor che il calunniatore se ne disdica. Et brevemente sono questi casi gravissimi, et pieni di tante, et cosi implicate difficultà, che huomini dottissimi ne hanno scritto lunghi discorsi, a i quali rimettendomi per non passar i termini del nostro instituto, bastimi di ricordare al nostro padre di famiglia, che allievi talmente il figliuolo che viva lontanissimo da questa obligatione, et da i più teneri anni lo avvezzi a saper rifrenar la lingua sua, suggerendogli spesse volte alla memoria quella sentenza di san Iacomo Apostolo, ilquale scrive cosi nella sua Epistola:

Se alcuno si reputa esser religioso, et pio, non rifrenando la lingua sua, ma seducendo, et ingannando il cuor suo, la costui religione è vana, et inutile.