Trattato di architettura civile e militare I/Trattato/Libro 4/Capo 8
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CAPO VIII.
Dell’aspetto dei templi, dei candelieri e dei campanili.
Finalmente, quanto alla notizia del presente libro, è da vedere alcuni luoghi o plaghe convenienti alle porte, emicicli e cappelle, e ultimo all’altare maggiore, ovvero luogo del simulacro: le quali cose dichiarate, sarà posto fine al parlare nostro dei templi. E prima che alla dichiarazione delle dette parti si venga, è da intendere una generalissima regola da essere osservata senza eccezione, la quale da molti architetti è ignorata: e questa è che tutti i vacui debbano essere sopra i vacui, vani sopra vani, pieni sopra pieni, stipite sopra stipite, colonna sopra colonna, e generalmente ogni pesamento e ogni simile sia per retta linea dell’asse, almeno, sopra il suo simile1. Dopo questo è da vedere che le porte sempre devono essere dinanzi ai vacui e spazi delle colonne: sicchè non venga (come in molti apprezzati edifizi ho visto) che entrando dalla porta per retta linea si perviene ad una colonna, o appresso ad essa. Terzo, è da considerare che le cappelle siano per retta linea a corda contro le altre cappelle e incontra al vacuo delle colonne: sicchè esse colonne siano nel mezzo fra l’una e l’altra cappella, o almeno quella mettano in mezzo.
Resta per la completa e integra notizia al presente libro dichiarare a che plaga il tempio debba essere edificato: e questo non può esser dubbio nei templi tondi o traenti al tondo, perchè ad ogni plaga sono indifferenti: ma ben può cadere dubitazione dell’altare, ovvero luogo del simulacro, la qual cosa immediate sarà dichiarata. Ma nei templi oblunghi è da sapere che antica consuetudine (e per li moderni osservata e confermata) è che il tempio oblungo debba esser ver l’oriente in quella parte ch’è opposta alla principale porta, sicchè essa porta sia volta verso ponente: e generalmente tutti gli altari e luoghi di simulacri principali devono essere volti verso levante, ovvero il simulacro volto verso occidente alla opposita parte degli uomini oranti: e la cagione è sola questa, perchè avvenga che Dio sia in ogni luogo tutto, e in ogni luogo operi e sostenga le cose create, mediate, e senza mezzo nell’essere, nientedimeno se in alcuna plaga massimamente dobbiamo estimare Egli essere, questa è la plaga d’oriente, perchè in questa massimamente opera e si dimostra la virtù motiva, come afferma Aristotile in quello De Coelo et Mundo, e per questo esso nel suo libro mostra il lato destro essere del cielo l’oriente, perchè da quello comincia il moto procedente da quel primo motore il quale è fonte d’ogni vita e perfezione, a cui laude e gloria queste norme siano dichiarate. E se per necessità del luogo non si potesse voltare ad oriente, ingegnisi e sforzisi l’architetto di accostarsi a quella plaga più che è possibile, e più presto declinare a mezzogiorno che a settentrione: e quando fusse necessità volgere l’altare verso occidente, sia fatto l’altare nel quale il sacerdote venga a voltare la faccia verso gli astanti2.
Benchè li candelieri non siano parte del tempio ma accidentale ornamento, non è però superfluo, senza dichiarare per parole gli ornamenti loro, ponere diverse figure del disegno e forme di essi, delle quali ciascuno potrà eleggere quello che meglio piacesse3.
Similmente dei templi dei fedeli cristiani sono i campanili parte necessaria per convocare gli assenti al culto divino, benchè accidentale ed estrinseca; nientedimeno sono a grande ornato di quelli. E circa alla notizia di essi così contigui al tempio, mi pare siano sufficienti le figure senza altra dichiarazione di discorso. A quelle adunque si vertisca, eleggendo quella che fusse più dilettevole a chi legge4. E così sia posto fine al quarto libro, riferendo grazie a Quello a cui gloria è stato escogitato il subietto suo.
Note
- ↑ Nulla di più ovvio negli edifizi di que’ tempi che vedere porte e finestre poste a caso e dove più faceva comodo. Per figura, la fronte dell’Ospedal maggiore di Milano.
- ↑ Tali sono tre altari nella mirabile chiesa di S. Pietro fuori le mura di Toscanella, edificata nell’undecimo secolo.
- ↑ De’ candelieri parlano diffusamente l’Alberti al lib. VII cap. 13, il Filarete al libro XV, e Bonaccorso Ghiberti ai f.i 59 e 60 del suo MS. Magliabechiano. Mancano le promesse figure.
- ↑ E qui ancora mancano le figure, le quali però rinvengonsi a f.º 68 r.º del cod. membran. Saluzziano e rappresentano un campanile quadrato, uno circolare ed uno ottagono. Parla qui anche a lungo delle campane, e ne ricava le dimensioni dalla grossezza dell’orlo, la quale con una scala di toni, distribuisce in trentatrè casi. Chiamavasi scala campanaria ed è figurata a f.º 51 dal Ghiberti (MS. citato) ed al libro VI, cap. 12 del Biringuccio. Espone pure l’autor nostro al luogo citato molte e variate figure di bilichi di campane: non v’è bisogno di qui riprodurli, chi ne volesse contezza ricorra al capo 14, lib. VI del Biringuccio e li troverà affatto identici. Nuovo indizio che il pirotecnista sanese conoscesse il trattato dell’architetto suo concittadino.