Trattato dell'imbrigliare, atteggiare e ferrare cavalli/Trattato 1/Capitolo 34

Il modo, che si dee tenere con cavalli giovani ò polledri come vogliam dire. Cap. 34.

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Il modo, che si dee tenere con cavalli giovani ò polledri come vogliam dire. Cap. 34.
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Il modo, che si dee tenere con cavalli giovani, ò polledri, come vogliam dire. Cap. XXXIIII.


OLtra modo mi spiace il levare si tosto il caveccione al polledro, come addesso usano molti; li quali sono il più delle volte, causa della ruina del cavallo; imperoche quello, ò sia di corda, ò di corame, overo di ferro opera buoni effetti, come è farlo sorgere, tirarlo sotto, & accommodarlo della testa, & del collo, così per il dritto, come etiandio nella volta, & li conserva la bocca, & il barboccio sano; che cavandoglielo non essendo ammaestrato, se li tormenta grandemente la gengiva; perche volendolo insegnargli di maneggiare, bisogna in vece di quello porli le false redine, & alle volte anchora valersi della briglia, le quali cose son di gran danno al cavallo; perche tormentandoseli come si fa la gengiva, & il barboccio, causasi, che queste parti si rompono, & vengono callose, come fanno ancho non'[p. 24 modifica]rompendosi; & si consuma poi maggior fatica, & tempo ad insegnarli; ne si ammaestra ancho così bene, come si faria col caveccione; & provandosi ciò si vederà l’effetto. Et non facendo come io dico, sarà poi necessario per reggerlo, & ritenerlo, adoperare briglie disperate, per la callosità fatta totalmente, & è si indormentata la gengiva, che alcuna volta non basta adoperare gli stampi dell’imboccatura di mule, & questo facendosi fuor di proposito, oltre che si dannifica il cavallo, non s’acquista ancho alcuno honore. Però à me pare, che non si debba mai ammaesrare cavallo giovane con false redine, parendomi anchor brutto, & male il procedere di coloro, che vedendo li cavalli essere divenuti di bocca duri, & con altri difetti, si mettono à sforzare la natura loro, ò sia debole ò habbia altro, ponendoli briglie mulesche, con camarra, barbocciale à bottone, cose tutte insieme per cavalli sfrenati, & spesso per più castigo, & ligamento il caveccione, che va fra le braccia. Io non dico già ciò per dir male di queste cose, ne men biasimarle anzi laudarle usate però a’ suoi tempi, ma ben lo dico, perche non vorrei che fussero adoperate per tal causa; & lasciando d’adoperare le false redine non occorrerà venire à tal bisogno, le quali solamente s’adoperano per corretione d’un caval fatto. Et operando in contrario si faria, che quando il cavallo fusse di sei anni per la maggior parte converria mutar la mano alle redine, volendolo tener sotto, acciò non andasse col mustaccio à terra, & non la cambiando tira poi tanto, che quasi trae il braccio dal corpo, & ciò occorre per non reggersi il cavaliere con scientia: ma fare come hoggidì si vede da molti essere fatto una gran parte delle cose alla cieca; perche non all’honore, ma alla particolare utilità solo si pensa. Questi tali sono tanto ciechi, che si presumono perdere cedendo al vero, havendo la persuasione del sapere in loro più forza, che ragione; io credo pur ancho, che dopo il fatto conoscono il suo errore: ma tanta, & tale è la loro persuasione del sapere, che più tosto fan patire il cavallo, che mai vogliono, che si creda che da loro tutto ciò, che si puote nell’essercizio della cavaleria non sia stato inteso, & fatto con buone, & fondate ragioni, usando ancho essi ogni studio, perche si tenga per certo, che quel cavallo non sia mai stato da altro, che da carretta. Egli è ben vero, che appo gli huomini, non di ciò periti, viene il suo intento ad effetto, ma presso gl’intelligenti sono tenuti per inscienti persuasivi; massimamente volendo eglino difendere con copia di menzogne il falso; perilche meritano appresso quelli, che nelle tenebre dell’ignoranza, & dell’errore sono involti, laude, & honore, come suoi buoni discepoli, ma appresso quelli, della vera, & buona intelligenza biasmo, & vergogna. Et ritornando io al mio antedetto proposito delle false redine, con isperientia dico, che per altro non sono sfrenate le mule, salvo che per portarle del continuo come si sà attaccate alla briglia, & all’arcione; onde perciò esse hanno si incallita, & dormentata la gengiva da queste, che il più delle volte è forza porle imboccatura terribile. Et quantunque sia ella potente gagliarda, & disperata, nondimeno quando esse hanno alle volte paura, & che all’hora bisogna reggerle [p. 25 modifica]per forza, non può essere tanto gagliarda, che basti, che contra’l suo volere non sforzano, tiresi pur quanto si puote; perche non la temono, ne dolore alcuno sentono per la tanta callosità fatta dal continuo portarle. Si che questo è quello, ch’esse operano, la onde non mi so movere à laudare dette false redine per cavalli giovani, ma ben le biasimo, conchiudendo, che’l caveccione niente li nuoce, anzi li giova, non lo levando mai fin tanto, che non sarà molto ben accommodato del capo, & del collo. Et detto caveccione si suole portare al cavallo sin’all’età d’anni quattro in cinque. Io non dirò, che questo caveccione sia più di corda, che di cuoio, ò di ferro, perche mi rimetto à quello di che haverà bisogno’l cavallo; il che non posso sapere per l’assenza mia, ma credo ben che il più delle volte al corsiere, & frisone, sarà più à proposito quel di ferro, che di corame; & corda, & à ginetti, & à turchi meglio quello di corda, & di corame. Vero è ben, che ordinariamente s’incomincia à tutti li cavalli con quel di corda; ma seguitando, s’adopera poi quello di ferro, ò di cuoio, secondo’l bisogno. Dicendo io ancho, che la guardia lunga per l’ordinario è d’uno aiuto grande anzi perfettissimo al caval giovane; perche fa più forte la briglia, & assetta’l cavallo, & lo sorge, eccetto però à quello, c’ha il collo riverso; perche non la può tollerare lunga, & questa ponendosi in opera vuole essere fiacca, & alta honestamente d’occhio cioè, che non sia troppo bassa, ne troppo alta, ne etiandio troppo ardita, ne men trabocchi, della quale voglio, che assettato, che sia si levi gran parte, secondo poi richiederà più, & meno. Sarà buono anchora à certi tempi ina filza di pater nostri nel luogo del sottogola; perche l’aiuta a sorgere. La voce è etiandio buono aiuto, ma variata a tempi; la quale hor somessamente, & hor terribilmente usar si debbe, che cosi si tenirà in timore, nè s’invilirà, giovandoli similmente alle volte il fischio della bachetta, con alcuna bachettata, la quale non si dia sempre in un luogo. Lo sperone alle volte, le cui rotelline non pungano per alcun giorno, si dee adoperare per rispetto, che divenuto poi caval fatto sentendolo potria in segno di non poter patirlo fare alcun strano atto; ne si continui troppo nel farlo correre, ma di rado; facendo ancho ogn’opra, perche nel principio sia domato ò stramacciato, come vogliam dire, da persona prattica, patiente, & forte alla fatica, & che con destrezza lo regga; perche non essendo’l polledro nel principio ben ammaestrato, il più delle volte, & quasi sempre si mette per l’ignoranza del stramacciatore à cattivo sentiero.