PRIMO 23

che io non vorrei essere giudicato per huomo, che in li capitoli passati havessi detto ad un modo, & in questo dicessi ad un’altro, dunque per dichiarare meglio l’animo mio, dico haver parlato in più capitoli, che è buona una sorte di briglia & un’altra, & ancho altre; le quali io non ho nominate, perche s’adoprino tutte; ma perche si sappia, che sono appropriate esse al bisogno delle cause, & difetti, & una più dell’altra, & che essendo il cavaliere in fatti, & vedendoli può ben conoscere più, & meno il bisogno del cavallo servendosi poi di quella briglia, & rimedio, che giudicherà buono. Perche non essendovi io personalmente non posso ciò terminatamente dire, per essere le parti, & difetti differenti; & non vedendo ancho li cavalli non posso giudicare la natura loro. Perche à volere imbrigliare il cavallo bene, bisogna anchora à questo avertire, si come cosa molto necessaria, della quale natura io penso trattare, & si di quella cosa di corsieri come di quella di ginetti, barbari, turchi, frisoni, & d’altri. Et il saper io la importantia grande, che è di conoscer bene, non solo le sorti de’ cavalli, ma ancho le nature loro, volendo imbrigliare, con vere ragioni, mi fa dire, per raccordare al cavaliero, che non è di laude alcuna il mutare ogni dì pensiero; ma operare il tutto con la prima, overo seconda briglia; perche se più oltre si passasse saria segno, che quello che ciò facesse non sapesse la certezza del bisogno del cavallo, ne ancho quello, che operano le cose, che ponesse in opra. Per tanto dico, che quando si è in dubbio, di quello, che fa di bisogno, si dee primieramente porgli briglia più piacevole, che si può; essaminando bene con essa quanto fa di mestieri, per beneficio del cavallo, & poi vedutolo porli quella, che ricerca la sorte, & sua natura; la quale quando si troverà, ch’habbia del dolce sarà d’aiuto molto, per conto della briglia, & pel contrario quando sarà ostinata, disfavore, & tenendo della mediocrità men male. Però concludendo dico, chi’l tutto sia fatto con fondate ragioni, ne per cosa alcuna fare come alcuni, che si servono del tatto in luogo d’occhio perche così facendosi, non si faria cosa, nè laudabile, nè ben fatta, nè meno honorevole.

Il modo, che si dee tenere con cavalli giovani, ò polledri, come vogliam dire. Cap. XXXIIII.


OLtra modo mi spiace il levare si tosto il caveccione al polledro, come addesso usano molti; li quali sono il più delle volte, causa della ruina del cavallo; imperoche quello, ò sia di corda, ò di corame, overo di ferro opera buoni effetti, come è farlo sorgere, tirarlo sotto, & accommodarlo della testa, & del collo, così per il dritto, come etiandio nella volta, & li conserva la bocca, & il barboccio sano; che cavandoglielo non essendo ammaestrato, se li tormenta grandemente la gengiva; perche volendolo insegnargli di maneggiare, bisogna in vece di quello porli le false redine, & alle volte anchora valersi della briglia, le quali cose son di gran danno al cavallo; perche tormentandoseli come si fa la gengiva, & il barboccio, causasi, che queste parti si rompono, & vengono callose, come fanno ancho non'