Trattato dell'imbrigliare, atteggiare e ferrare cavalli/Trattato 1/Capitolo 33
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A che cose dee mirar il cavaliero per agiustar la briglia al cavallo essendo risoluto qual habbia da porgli. Cap. XXXIII.
HAvendosi posto la briglia in bocca al cavallo secondo, che le fattezze di lui richiedeno, & la barbetta della guardia che sia piegata in fuori, perche non offenda il labro, & che sarà giustata l’imboccatura in bocca, & il barbocciale al barbaccio, si come conviene, fa bisogno, che prima un’altro li monti sopra acciò si possa vedere come opera la briglia, si la giustezza dell’occhio, di quella con l’imboccatura, & le guardie anchora, & barbacciale; & per conclusione quel tanto, che fa di bisogno, le quali cose non potria il cavaliere, ne vedere, ne essaminare bene, si come conviene ogni volta, che esso fusse sopra il cavallo. Et sol questo dico perche mi spiace il mutare ogni dì briglia, come al presente costumano molti, li quali mettono alcune briglie in bocca à cavalline sanno la cagione. Et questo avviene per essere inscienti dell’effetto, che opera la briglia, & del bisogno del cavallo, & se per sorte allegano una, ò due buone ragioni, li pare assai, ma io dico, che ciò è come un caminare alla cieca. Alcuni forse potrian dire che quantunque non sappiano molte ragioni, nondimeno non lasciano di porre briglie à quelli cavalli, che bisognano; à quali rispondendo io dico, che pure necessario è, che di tante che li provano s’abbattano qualche volta in alcuna, che alquanto li stia bene; & perciò è bene sapere le ragioni, atteso, che il più delle volte con tante varie briglie, oltre che si è cagione d’altri mali, se li ruina la bocca, & è poi più difficile il fare cosa buona, non andando il cavallo nelle mani di cavaliere di maggior sapere, al quale sarà anchor più fatica l’imbrigliarlo, di quel, che prima li sarebbe stato. Però concludendo dico, che se li ponga briglia, che le sue parti ricerchino, come diffusamente di sopra ho mostrato. Et perche io non vorrei essere giudicato per huomo, che in li capitoli passati havessi detto ad un modo, & in questo dicessi ad un’altro, dunque per dichiarare meglio l’animo mio, dico haver parlato in più capitoli, che è buona una sorte di briglia & un’altra, & ancho altre; le quali io non ho nominate, perche s’adoprino tutte; ma perche si sappia, che sono appropriate esse al bisogno delle cause, & difetti, & una più dell’altra, & che essendo il cavaliere in fatti, & vedendoli può ben conoscere più, & meno il bisogno del cavallo servendosi poi di quella briglia, & rimedio, che giudicherà buono. Perche non essendovi io personalmente non posso ciò terminatamente dire, per essere le parti, & difetti differenti; & non vedendo ancho li cavalli non posso giudicare la natura loro. Perche à volere imbrigliare il cavallo bene, bisogna anchora à questo avertire, si come cosa molto necessaria, della quale natura io penso trattare, & si di quella cosa di corsieri come di quella di ginetti, barbari, turchi, frisoni, & d’altri. Et il saper io la importantia grande, che è di conoscer bene, non solo le sorti de’ cavalli, ma ancho le nature loro, volendo imbrigliare, con vere ragioni, mi fa dire, per raccordare al cavaliero, che non è di laude alcuna il mutare ogni dì pensiero; ma operare il tutto con la prima, overo seconda briglia; perche se più oltre si passasse saria segno, che quello che ciò facesse non sapesse la certezza del bisogno del cavallo, ne ancho quello, che operano le cose, che ponesse in opra. Per tanto dico, che quando si è in dubbio, di quello, che fa di bisogno, si dee primieramente porgli briglia più piacevole, che si può; essaminando bene con essa quanto fa di mestieri, per beneficio del cavallo, & poi vedutolo porli quella, che ricerca la sorte, & sua natura; la quale quando si troverà, ch’habbia del dolce sarà d’aiuto molto, per conto della briglia, & pel contrario quando sarà ostinata, disfavore, & tenendo della mediocrità men male. Però concludendo dico, chi’l tutto sia fatto con fondate ragioni, ne per cosa alcuna fare come alcuni, che si servono del tatto in luogo d’occhio perche così facendosi, non si faria cosa, nè laudabile, nè ben fatta, nè meno honorevole.