Trattato de' governi/Avvertenza degli editori

Avvertenza degli editori

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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Avvertenza degli editori
Allo Ill.mo ed Eccell.mo Padron mio il Signor Cosimo dei Medici duca di Firenze
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AVVERTENZA DEGLI EDITORI

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Aristotile compilò le leggi della grande coltura greca; egli ridusse a codice tutti gli statuti degli oratori, dei poeti, dei metafisici, dei filosofi naturali; a principj tutti i rivolgimenti e gli assetti politici della svariata, viva e mobile Grecia. Egli, come il condensatore voltaico, raccolse tutta quella elettricità scientifica e letteraria per avvivarne il mondo, che ne fu scosso anche in tempi, a dir così, più coibenti, come nel medio evo. Svisato dagli Arabi, sofisticato dagli scolastici, ora franteso, ora maledetto, ora acclamato, egli regnò e regna ancora sull’intelligenza europea.

Giovanni Launoy scrisse un libro della varia fortuna di Aristotile nell’Università di Parigi; Jonsius e Elswich aggiunsero della sua fortuna [p. vi modifica]nelle scuote protestanti; e se si compisse per luoghi e per tempi fino ai nostri dì, avremmo la storia delle vicissitudini della scienza. Quando egli cade nella metafisica risorge nella poetica; quando cade nella poetica, risorge nella storia naturale, ora il risolleva Voltaire, ora il risolleva Cuvier. È eterno. È come il sole che illumina ora un emisfero, ora l’altro, ma splende sempre.

La piccola Grecia fu per sè teatro di tutte le forme di tirannide e di democrazia e d’ogni gradazione di vita politica. Ma Aristotile non si contentò di questa esperienza: vagò con gli studj per le colonie greche, o dovunque vide un’organizzazione civile, e scrisse la storia di 158, e secondo alcuni di 250 o 255 costituzioni. Si pose poi a teorizzare tanta esperienza nei libri della politica, che per questo modo riuscì vera ed esatta come la sua storia degli animali. Il tempo, non che cancellare, pare che ricalchi il bulino nelle sue incisioni, e che le renda sempre più vive e spiccate. La Politica, e gli altri suoi libri, se ne levi quelli di fisica, tuttavia importanti per la storia scientifica, sono i più essenziali all’umanità, e secondo il Saint-Hilaire, tra l’opere dei filosofi, son quelli che salvati, in un cataclismo letterario, rifarebbero l’incivilimento.

«Aristotile, dice il Saint-Hilaire, era figlio del medico di Aminta II, re di Macedonia. Egli era stato allevato dalla sua più tenera infanzia alla corte di quel re; e fin d’allora eran cominciate quelle relazioni che lo fecero prima [p. vii modifica]compagno dei giuochi di Filippo, poi mio amico, e finalmente precettore di suo figlio. In appresso. Aristotile fu intrinseco di Ermia, tiranno d’Atarnea, nell’Asia minore, e quando fu chiamato da Filippo per dar perfezione alla educazione di Alessandro, si trovò, in età di quarant’anni, e per sette od otto anni alla fila, nel centro e nel secreto delle cose più rilevate del suo tempo; la lotta di Filippo contro la Grecia, l’assunzione del suo giovane allievo al trono, e gli apparecchi della spedizione che dovea recar e a distruzione l’impero persiano. Aristotile pertanto fece una gran parte della sua vita nelle corti, e gli venne fatto di vedere in viso gli affari. Pare che egli stesso vi mettesse mano. È fama che fosse incaricato dagli Ateniesi d’una missione diplomatica presso l’antico compagno della sua fanciullezza, ed egli diede leggi a Stagira sua patria; onde, senza lasciare d’esser filosofo, Aristotile fu quasi sempre un personaggio politico. Anche Platone aveva fatto per alcun tempo tal personaggio, e aveva meditato, a pro dei popoli, nobilissimi disegni che Dionigi rifiutò, e Dione non potè avverare. Ma questo contatto degli affari aveva avuto poca influenza in Platone; ne ebbe molta in Aristotile, il quale, ringrandendo forse l’importanza dei fatti, come fanno volentieri i più degli nomini di stato, non seppe sempre risalire troppo in su verso la loro origine, e si contentò di tratteggiarne il quadro fedele invece di giudicarli in nome dei principj della giustizia e della ragione.»

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F. Barthélemy Saint-Hilaire, felice traduttore della Politica d’Aristotile, ricerca primamente se l’ordine presente degli otto libri che la compongono sia regolare, e se non è, qual altro ordine si vorrebbe prendere in quella vece. A render chiara l’inversione che egli propone, egli ricorda il subietto di essi libri, secondo l’ordine in cui soglionsi pubblicare.

«Nel primo, l’autore esamina e descrive gli elementi costitutivi dello Stato: gli uomini e le cose. Qui si trova quella teorica della schiavitù naturale, la sola che l’antichità ci abbia lasciata sopra questo grave subietto; e quell’altra teorica dell’acquisto e della ricchezza, che è uno dei primi saggi di economia politica che si possano citare dalla scienza.

Riconosciuti e descritti questi elementi dello stato, l’autore, che ha principalmente per fine di trovare, tra le diverse forme di governo, quella che l’uomo dee preferire, analizza da prima i sistemi politici proposti od applicati innanzi a lui. Di qua la famosa confutazione della repubblica e delle leggi di Platone; di qua gli esami tanto profondi dei governi di Sparta, di Creta, di Cartagine, ecc.

Solo nel terzo libro Aristotile entra direttamente in materia. Dopo una discussione preliminare sui caratteri distintivi e speciali del cittadino e sulla virtù politica, egli mette per principio che non esistono e non possono esistere che tre grandi specie di governo: d’uno, di più, di [p. ix modifica]tutti; monarchia, aristocrazia e repubblica. Aristotile dice che egli discorrerà successivamente questi tre sistemi politici, ed espone primamente la teorica generale della monarchia, fondandosi sopratutto sui fatti e sull’osservazione; poi dice che passa a trattare dell’aristocrazia, al governo perfetto, al secondo dei grandi sistemi ch’egli ha raccontato; ma qui finisce il terzo libro, la cui ultima frase è imperfetta, come pure è imperfetta la discussione sull’aristocrazia.

Il quarto libro comincia da alunne digressioni sull’estensione e i doveri della scienza politica, sulla classe media, sulle astuzie, e potremmo dire le frodi politiche di quell’età. Ma Aristotile si trattiene sopratutto intorno alle tre specie secondarie di governo, le quali, secondo il suo sistema, sono degenerazioni delle tre prime specie: la tirannide della monarchia, l’oligarchia dell’aristocrazia, la demagogia della repubblica. Qui ha principio un nuovo subietto assai distinto da quello contenuto in questo quarto libro; ed è la teorica dei tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziale.

Il quinto libro è speso per intiero nella teorica delle rivoluzioni e nella confutazione del sistema di Socrate, esposto da Platone nella Repubblica. Quivi si trova il famoso ritratto del tiranno, ch’è senza fallo il passo più splendido e notevole della Politica, per rispetto allo stile.

Nel sesto libro, Aristotile rianda le discussioni [p. x modifica]intorno all’oligarchia ed alla democrazia, e determina l’organizzazione speciale del potere nell’uno e nell’altro di quei due sistemi.

Il settimo è quasi tutto speso nello studio dell’ottimo governo; poi finisce con alcune considerazioni assai notevoli sull’unione dei sessi e sull’educazione dei fanciulli.

L’ottavo finalmente contiene alcuni principj sugli obbietti diversi che devono essere abbracciati dall’educazione pubblica e privata, e particolarmente sulla ginnastica e sulla musica.

Questa è l’analisi succintissima, ma molto esatta degli otto libri della Politica. Per quanto sia breve, basta a mettere in chiaro perfettamente due cose:

1.° Che l’opera del filosofo, nell’ordine in cui è al presente, non procede logicamente;

2.° Che il subbietto, interrotto al terzo libro, ricomincia e continua nel settimo e nell’ottavo; e che il subbietto imperfettamente trattato nel quarto è compito nel sesto.

L’ordine reale è questo: primo, secondo, terzo, settimo, ottavo, quarto, sesto e quinto.

Spostando tre libri l’opera procede in modo affatto logico e diventa perfettamente completa. I tre primi libri non lascian luogo a dubbj. Nel terzo Aristotile afferma esservi tre forme fondamentali di governi: monarchia, aristocrazia, repubblica. Egli tratta della monarchia sotto forma di regno al fine del terzo libro. Nel settimo e nell’ottavo, che succedono secondo il nuovo ordine, [p. xi modifica]egli tratta dell’aristocrazia, che, al suo giudizio, così egli dice, è tutt’una cosa con la costituzione esemplare, con l’ottimo governo. Nei libri quarto e sesto tratta della repubblica e delle forme degeneri dei tre governi puri: la tirannide, l’oligarchia o la demagogia; e, perchè i governi oligarchici e democratici sono i più comuni, ne ragiona più a lungo e ne dà i principj speciali. Viene da ultimo il quinto libro; e, dopo considerato tutti i governi in sè stessi, nella loro natura, nelle loro condizioni particolari, Aristotile gli studia nella loro durata, e fa vedere in che maniera ciascuno d’essi governi può conservarsi e in che maniera ciascuno d’essi risica di perire.»

Oltre la ragioni logiche il Saint-Hilaire cita in appoggio altre prove tolte dal contesto del libro; e chi n’è vago può vederle in fonte. Egli aggiunge poi: «Si sa nel modo più certo che le opere d’Aristotile, poco note, per ragioni che ora non entriamo ad assegnare, sino al tempo di Pompeo, furono di nuovo pubblicate in quel tempo e ordinate da mani poco valenti. Diverse altre opere di Aristotile hanno segni non meno evidenti di disordine che quelli che si trovano nella Politica. — Tutto poi fa credere che la divisione in otto libri, che già esisteva al tempo di Diogene Laerzio, alla fine del secondo secolo dopo Cristo, non sia d’Aristotile, ma d’Andronico da Rodi, suo editore.»

Noi ci attenemmo al nuove ordine seguito dal Saint-Hilaire, e tanto più volentieri che [p. xii modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/11 [p. xiii modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/12 [p. xiv modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/13 [p. xv modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/14 [p. xvi modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/15 [p. xvii modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/16 [p. xviii modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/17 [p. xix modifica]Pagina:Trattato de' governi.djvu/18