Trattato completo di agricoltura/Volume II/Piante da frutto/9

Raccolto delle ulive

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raccolto delle ulive.

§ 875. Il frutto dell’ulivo non sarebbe perfettamente maturo che nel mese di maggio seguente la fioritura, quando ha preso un color rosso nerastro. A quest’epoca si stacca spontaneamente dalla pianta; e quella stessa quantità di frutti che in novembre darebbe due di olio, in maggio ne darebbe tre.

Perchè adunque si colgono le ulive in novembre od al principio di dicembre e non in maggio?

1.° Perchè le ulive non maturando tutte in un momento abbisognerebbe dal novembre al maggio, cioè durante tutto il tempo che si staccano dalla pianta, mandare ogni quattro o cinque giorni a visitare gli ulivi e raccogliente i frutti caduti. I frutti che troppo tempo rimanessero sul terreno, sarebbero guasti dagli insetti, lordati dalle piogge, calpestati dagli animali, e se il terreno sottoposto fosse coltivato a [p. 144 modifica]qualche cereale d’inverno, od altro, oppure fosse ingombro di neve, l’operazione riuscirebbe impossibile o lunghissima, e molte ulive avrebbero tempo da guastarsi.

2.° Perchè dove temonsi inverni rigidi, il frutto facilmente si altererebbe per l’alternativa di gelo e di disgelo.

3.° Perchè gli uccelli ed altri animali decimerebbero il prodotto.

4.° Perchè abbisognerebbe conservare per troppo tempo le ulive raccolte per le prime, e così perderebbersi in parte, siccome guaste, prima di sottoporle alla pressione.

5.° Perchè cogliendo avanti l’inverno si facilita l’uscita delle gemme pel venturo anno, avendo maggior tempo a predisporsi, andando a loro profitto quell’umore che servirebbe all’uliva.

Perciò considerati tutti gli svantaggi, quand’anche si perdesse un terzo dei prodotto in olio, questa perdita sarebbe compensata da una infinità di altri piccoli vantaggi.

Il raccolto delle ulive si fa battendo i rami con leggieri pertiche, poichè la scossa del ramo basta per farle staccare. Ma il metodo di percuotere le piante per farne cadere il frutto è riprovevole per tutti quei casi nei quali possa ricevere contusioni o ferite, le quali ben presto inducono un’alterazione che lo fa passare alla putrefazione (§ 388, Vol. I). Usiamo noi questo metodo colle ciliege, colle prune, e con tutte le altre frutta a corteccia tenera? Anche l’ulivo dovrebbe cogliersi a mano ajutandoci con scale, e riservandoci ad usare le pertiche ove siavi pericolo per posizioni scoscese.

In ogni caso prima di cogliere le ulive, importa raccogliere dapprima quelle che sono sul terreno, e questa operazione si ripete dopo il raccolto di quelle delle piante allo scopo di non abbandonare quelle che cadono assai da lontano.

Trovasi nella storia Chinese di Confucio, che chi vuol cogliere le ulive senza usar pertiche e senza romper rami, apra con una trivella un buco nel tronco, vi metta sale e lo turi. Ciò fatto in capo a pochissimi giorni, e qualche volta di poche ore, i frutti si staccano spontaneamente dalla pianta (!?).

Certo è che smettendo l’uso di battere i rami si conserverà per maggior tempo il frutto raccolto, e si risparmieranno infinite piccole contusioni e rotture di rami, i quali tanto più soffrono in quanto che vanno incontro al freddo. [p. 145 modifica]

Le ulive raccolte appena che abbiano preso un poco di color rossastro, danno una minor quantità d’olio di quelle che hanno subito una leggier decomposizione, ma in cambio quest’olio è di qualità migliore, e si conserva per maggior tempo.

Se vuolsi estrar l’olio subito dopo il raccolto, si stendono le ulive sul suolo d’un granajo, alte 0m,8, rimovendole frequentemente perchè non si riscaldino. Ma se all’incontro si vuol ritardare la pressione, le si disporranno in casse o tini, ben compresse, senza però schiacciarle, mano mano che vi si ripongono subito dopo il raccolto. Con ciò l’ammasso non è penetrato dall’aria, non entra in fermentazione e non vi si formano le muffe. Terminato il raccolto si coprono i recipienti onde non vi penetri il freddo. Con questo mezzo si può ritardare l’estrazione dell’olio sino alla primavera, con che se ne ottiene una maggior quantità, per una specie di macerazione subita dalle ulive.

Niente di più incerto circa alla quantità di ulive che può dare un ettaro ogni anno. Nella Corsica vi sono alcune piante che forniscono 150 chilogrammi d’olio, e molte 65 chilogrammi: ma questi prodotti straordinarj avvengono soltanto ogni cinque o sei anni. Nella Spagna ed in alcune località dell’Italia meridionale una pianta d’ulivo è ritenuta nel massimo suo vigore quando fornisce 114 chilogrammi d’olio.

Una pianta verso il quindicesimo anno di suo impianto può dare circa 2 chilogrammi d’olio, mantenendola concimata ogni anno, e questo prodotto aumenta sino ai 40 od ai 50 anni nei climi temperati fino a dare 50 chilogrammi. Stanchowich dietro alcune sperienze sopra ulive illiriche trovò la seguente composizione:

Polpa Acqua 51,25
Legnoso e fibre 16,38
Olio 9,39
Nocciuolo Olio del nocciuolo — , —
Residuo del nocciuolo 20,00
Olio del mandorlo o seme 0,62
Residui del mandorlo 0,16
Perdita 4,20
100,00.

Per il che risulta che 100 di ulive danno 0,10 di olio e 0,34, di residui o tortelli secchi. La maggior parte delle varietà di [p. 146 modifica]ulivo dà una proporzione maggiore di olio, variante tra il 0,15 ed il 0,20 per %.