Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/36
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Dei cereali - 35 |
effetti della coltivazione del riso.
§ 743. Molto si parlò pro e contro di questa coltivazione, i più lodarono assai il notevole profitto che ne ridondava all’agricoltura, ma l’accusarono d’aver resa malsana l'aria dei paesi ov’erasi introdotta, e d’avervi indotta una diminuzione di popolazione per una maggior mortalità. Lo stesso Gasparin, sicuramente poco pratico di risaje e de’ luoghi ove sono stabilite, ci fa la seguente desolantissima descrizione. «Non solamente, ei dice, perisce la popolazione dove si coltiva il riso e non esiste che per mezzo d’un costante rinnovamento, ma periscono gli alberi anche da lungi, e la creazione d’una nuova risaja estende la sfera della sua devastazione, e nuoce a tutte le colture sino ad un miriametro (10,100 metri) di distanza, a causa delle infiltrazioni che si stabiliscono nel suolo; ed allora si è obbligati di convertire in risaje i terreni invasi sotterra, sotto pena di lasciarli senza prodotto, ed è così che il flagello si estende progressivamente a tutto il paese.» — Grazie mille! In tal guisa tutta la Lombardia non sarebbe più che una vasta risaja od una palude. Non una pianta, non un abitante indigeno! Altro che ranocchi e qualche uccello di passata!
Ma lasciamo pur dire gli stranieri come a lor pare e piace, e vediamo un poco noi, superstiti abbondantissimi, quali siano gli effetti che realmente produsse in Lombardia la coltivazione del riso. Questi effetti in parte li dobbiamo considerare riguardo all’agricoltura, ed in parte riguardo alla popolazione, ossia riguardo alla salubrità dell’aria.
In quanto all’agricoltura, siccome sappiamo che il riso si adatta anche ai terreni meno fertili, nè esige un’abbondante e sostanziosa concimazione, così nei grandi tenimenti apportò il grande vantaggio di poter concentrare i concimi sopra un minor spazio di terreno, rendendo più produttive le altre coltivazioni, come già esposi. Inoltre, dove può stabilirsi la risaja da vicenda, l’acqua fa perire o marcisce le erbe nocive dei campi le quali non scomparirebbero col lavorare il terreno per altre coltivazioni asciutte. Per tale motivo poi, e perchè l’acqua stagnante scioglie molti sali inorganici, i quali senza questa condizione difficilmente si farebbero solubili, rendesi fertile il terreno per altre coltivazioni senza gran dispendio di concime. Le risaie da vicenda nell’ultimo anno, arate in autunno sovesciando le stoppie o le erbe acquatiche, si arricchiscono per la decomposizione di queste, e per le altre materie organiche deposte dalle acque; epperò, arate nuovamente in primavera, possono anche per due anni di seguito, con pochissimo concime, dare un buon prodotto di melgone, o d’altra coltivazione estiva. Finalmente, colla coltivazione del riso si poterono rendere produttive molte terre paludose che dapprima non davano che un misero prodotto di canne o di lische.
Più complicata di molto è l’influenza che la risaja tiene sulla popolazione. L’osservazione più ovvia che cade sott’occhio esaminando le statistiche e confrontando fra loro le province ed i distretti della pianura asciutta colle provincie ed i distretti dove la risaja è coltivata in grande, sono le seguenti:
1.a Dove sono stabilite le risaje vi ha una minor densità di popolazione relativamente alla superficie.
2.a La popolazione in tali paesi aumenta in una proporzione minore che nei paesi a coltivazione asciutta.
3.a Le malattie reumatiche, le febbri intermittenti o perniciose ed il cretinismo, sono assai più frequenti dove domina la risaja, e vi ha una mortalità alquanto maggiore che nei paesi asciutti.
Chi non conosca bene il modo di conduzione dei fondi irrigui, facilmente attribuisce ad una malefica influenza della coltivazione del riso tanto la minor densità della popolazione, quanto il suo minor proporzionale aumento; ma se ci faremo ad esaminare più davvicino le vere cause, le riscontreremo inerenti piuttosto al modo che non alla qualità della coltivazione. Infatti la coltivazione del riso, come quella del prato, non esige continue cure, ma soltanto molte braccia a tempi determinati, ad eccezione dei quali un buon camparo può sorvegliare una grande estensione di risaja; perciò i lavori della risaja si fanno per lo più coll’opera di giornalieri avventizi, pochissime essendo le persone fisse sui grandi tenimenti irrigatorj che ricevano come parte del loro salario una data superficie di riso da curare e raccogliere con una proporzione già stabilita sul reddito. Inoltre il riso non servendo a far pane, è quasi interamente venduto per denaro fuori dei paesi che lo producono. Nei paesi asciutti invece il terreno è più suddiviso nelle proprietà, ed è lavorato interamente da coloni fissi sul fondo, e che ritraggono tutta la loro mercede dallo stesso prodotto del terreno che coltivano, prelevata quella parte che devono dare al proprietario come pagamento del godimento di detto fondo. Epperò il terreno de’ paesi asciutti essendo lavorato interamente dalle braccia dei detti coloni, vi si coltivano quasi esclusivamente generi atti a far pane, poichè il frumento costituisce il prezzo del fitto da pagarsi al proprietario, ed il melgone l’alimento del lavoratore; ed avviene che più della metà del prodotto dei terreni asciutti è consumato in luogo, dalla necessariamente più numerosa popolazione.
Nè pure il minor aumento di popolazione dei paesi a risaja è attribuibile all’influenza della mal’aria prodotta da questa coltivazione, poichè anch’essa è inerente al sistema di conduzione dei fondi. Grande è la differenza tra la famiglia del lavoratore dei terreni asciutti, ossia del colono, e quella del lavoratore salariato dei terreni irrigui. La famiglia di quest’ultimo è meno fissa nel luogo ed è quasi tutta a carico del capo di casa che, come bifolco, calvalcante, famiglio, ecc., è obbligato a prestar l’opera sua, mentre essa non lo sussidia che nel lavoro di quella data superficie di terreno concessagli a terzo od a quarto nel prodotto. I suoi figli sono per molto tempo dell’anno disoccupati, e non possono condur moglie o costituire essi pure un’altra famiglia se non quando avanzando nell’età e presso i 30 anni circa, prendono anch’essi pure servizio in una delle qualità sopraccennate. La famiglia all’incontro del colono è più fissa sul terreno che considera quasi come suo, ed è tutta attiva nello stesso modo, lavorando tutti assieme il terreno e partecipandone tutti egualmente al reddito; la famiglia, e specialmente i figli maschi, rappresentano le migliori braccia da lavoro e conseguentemente un maggior lucro, invece d’esser un maggior carico pel capo casa, come succede nella bassa Lombardia, e perciò importa che vi restino, e prendano moglie a 22 anni circa per sottrarsi possibilmente ai pesi della coscrizione. E queste sembranmi le principali cause del maggior aumento di popolazione nei paesi coltivati a colonia.
Dalle poche cose che qui brevemente esposi, risulta adunque che la minor popolazione ed il suo minor aumento nei paesi irrigui e singolarmente in quelli a risaja dipende piuttosto dalla maniera con cui è lavorato il terreno che dall’influenza malefica della coltivazione del riso, e molto meno dalla minor ricchezza di prodotto cui forse vogliono alludere molti stranieri, chè le provincie irrigue producono quasi il doppio in valore delle provincie asciutte, fuorchè tal prodotto è per la massima parte venduto.
Ciononpertanto è innegabile che l’umidità che in maggior copia d’estate si spande nell’atmosfera nei paesi ove si coltiva il riso, e che i lavori faticosì e fatti colle gambe nell’acqua e col dorso al sole, come succede nella mondatura dei risi, non che le putride emanazioni delle risaje nei momenti che vien loro tolta l’acqua, non predispongano gli abitanti di que’ paesi, e singolarmente i lavoratori, ad un maggior numero di malattie che non quelli dei paesi asciutti. E pur troppo alle febbri speciali de’ luoghi umidi, si aggiunge bene spesso il cretinismo, come nelle profonde e strette valli di montagna, frutto d’un’aria soverchiamente carica d’umidità e pesante. Ma se si hanno a deplorare alcuni svantaggi ove al prato ed alle altre coltivazioni si combinò quella del riso, devesi pur anco far calcolo del beneficio che ne ritrassero molti abitanti de’ luoghi ove erano dapprima le paludi e che ora sono convertite in risaja, per la maggior salubrità dell’aria che ne fu la conseguenza a cagione di quanto già vi esposi al § 446 parlando dei vantaggi dell’irrigazione. E finalmente osservando che anche nei paesi a risaja chi abita in locali bene riparati dalla maggior umidità notturna, e che si alimenta con cibi sostanziosi e che usa moderatamente di bevande alcooliche va quasi esente dalle malattie cui va incontro il lavoratore ordinariamente male alloggiato e mal nutrito, si potrà forse col tempo rimediarvi col procurargli buone abitazioni ed un vitto salubre, cui sia congiunto l’uso moderato delle bevande spiritose.
E pertanto si può concludere, che ben insensibili sono gli svantaggi arrecati dalla coltivazione del riso in confronto del grande utile che ne ritrasse l’agricoltura, e che prima di accagionarla di tristissimi effetti sulla popolazione, dovrebbesi piuttosto osservare quali altre circostanze influiscono sulla densità ed aumento della popolazione e fors’anco sulla maggior mortalità (realmente appena percettibile) dei paesi ove si coltiva il riso, cercandone il modo di rimediarvi.
fine del volume primo.