Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/35
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cause sfavorevoli alla coltivazione del riso.
§ 747. Le risaje, e singolarmente le vecchie e paludose, vanno soggette all’invasione ed al guasto di animali acquatici. Fra questi insetti i più comuni sono la tignuola d'acqua, che è il bruco d’una friganea, il quale nuota sull’acqua ed arrampicando sui teneri steli o sulle foglie che appena vi sporgono le fa versare sott’acqua per non più rialzarsi. La copetta (apus cancriformis) è una specie di scarafaggio che solleva la terra, ed insieme a quella anche le radici delle tenere pianticelle e così le fa morire. La forbesetta (næpa cinerea) di color cinericcio, danneggia la risaja tagliando coi piedi anteriori le tenere piante del riso che si oppongono al suo cammino.
L’unico rimedio per liberare la risaja da questi insetti è quello di asciugarla per due o quattro giorni onde privarli dell’elemento necessario alla loro vita. Questo rimedio però non lascia di arrecare egli stesso qualche danno, poichè togliendo l’acqua al riso nel principio della sua vegetazione, quando non ha ancor forza bastante da tenersi ritto, se piega in basso s’attacca al terreno colle foglie e difficilmente si rialza. Talvolta, quando se ne abbia il dubbio, giova anche il far germogliare il riso in poca acqua onde meglio si rinvigorisca e possa mantenersi in piedi nel caso che si la si debba togliere.
Oltre a questi insetti, le risaje stabili vanno soggette ad essere infestate da varie specie di lumache, fra le quali dominano l’auricalaria, la planorbis, e la vivipara che pure rodono i teneri germogli del riso. Al danno che apportano le lumache spesso l’asciugamento non può rimediare; e quando vedesi che la risaja sia continuamente infestata dagli insetti o dalle lumache giova, allorchè si possa, ridurle a qualche coltivazione asciutta almeno per un anno. Egli è perciò che le risaje da vicenda sono quelle che più ne vanno esenti.
Un altro insetto che arreca grandissimo guasto nel riso, e la di cui comparsa dipende assai dalle circostanze atmosferiche, è il così detto carolo, ossia la carie dello stelo, poichè l’insetto, forandone i nodi, lo rompe e ne rovescia la parte superiore.
Il vento esso pure non di rado arreca molto danno agitando fortemente l’acqua quando il riso non si sia ancor bene abbarbicato nel terreno colle radici. L’ondulazione dell’acqua lo svelle e lo porta verso gli argini. A questo inconveniente vi si potrebbe rimediare coll’aumentare il numero degli argini, rendendo meno ampie le singole suddivisioni della risaja; ma questo ripiego esige maggior quantità d’acqua, la quale d’altronde resta anche più fredda, e produce una perdita di spazio produttivo.
Finalmente il massimo danno che può avvenire in una risaja è quello portato da una malattia che fu chiamata Brusone, dall’aspetto che presenta il riso, le cui foglie si arricciano e disseccano in breve tempo come per un vero abbrustolimento portato dal fuoco. Questa malattia sembra dipendere affatto da circostanze meteoriche, e per la rapidità con cui succede, e perchè intacca lo stelo che è fuori d’acqua. Questa malattia può collocarsi col calcino, e coll’oidio dell’uva, poichè essendo finora ignota la vera causa, ignoti sono pure i rimedi.